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 Pubblica amministrazione e open source

"Soggezione informatica dello Stato italiano alla Microsoft"
Perché non dovremmo essere "contro"?
di Giancarlo Fornari - 09.11.2000

Caro Manlio,
nel tuo editoriale della scorsa settimana hai fatto alcune affermazioni che mi hanno lasciato perplesso: con una mano hai presentato una specie di rivendicazione di copyright in favore di ALCEI per quanto riguarda la battaglia per l'open software, con l'altra hai steso un velo di "buonismo" sulla nostra iniziativa (per carità, si sappia che non siamo "contro" nessuno, né contro la Funzione Pubblica o l'AIPA e tanto meno la Microsoft, siamo solo "per": "per" l'utilizzo dell'open software, "per" la riduzione delle spese della PA, "per" il miglioramento della qualità del software, "per" l'eliminazione dei monopoli e così via).

Essere "contro"

Lasciando stare l'AIPA e la Funzione pubblica, che sono soltanto i destinatari, e non certo i bersagli, di una iniziativa di sensibilizzazione come la nostra, io mi permetto di chiederti: perché vorresti togliere ai firmatari di quella lettera il diritto di dire che sono "per" delle cose ma che sono anche "contro" altre? Non mi permetto di interpretare neppure una delle oltre 1500 persone che hanno sottoscritto, parlo a titolo strettamente personale. E ti chiedo: perché io, Giancarlo Fornari, cittadino e consumatore di informatica italiano, non dovrei poter dire che sono "contro" i monopoli, sono "contro" l'inefficienza che da essi deriva e la scarsa qualità dei loro prodotti, "contro" gli abusi di posizione dominante e le politiche commerciali spregiudicate ai danni di concorrenti e clienti; e che, quindi, per questi precisi motivi, sono "contro" la Microsoft?

Perché mi si vorrebbe togliere il diritto di dire che sono "contro" un personaggio che è diventato il padrone dell'informatica mondiale con un mediocre sistema operativo acquistato per quattro soldi e raffazzonato in fretta e furia e grazie alla sbadataggine, chiamiamola così, degli allora megadirigenti della Ibm che anziché liquidarlo come sicuramente avrebbero potuto gli affidarono in outsourcing la gestione discrezionale del cuore del loro personal computer? Perché dovrei accettare senza protestare che questo personaggio abbia continuato per anni e anni ad imporci nuove e insoddisfacenti versioni, più o meno imbellettate e rivisitate, di quello stesso vecchio prodotto che nonostante i ritocchi è rimasto il sistema operativo più precario, più volatile, più fragile che mai sia stato creato? Perché dovrei approvare il fatto che i paesi del terzo mondo, che attraverso Internet potrebbero trovare un modo di superare la loro tragica emarginazione, debbano pagare una tassa allo stesso signor Gates ogni volta che riescono ad acquistare un personal computer?

Perché non potrei dire che sono "a favore" di personaggi come Vinton Cerf e Tim Berners Lee che hanno messo a disposizione della comunità mondiale gratuitamente i protocolli grazie ai quali Internet è potuta diventare quello che è, e "contro" personaggi come Gates che se potessero brevetterebbero anche l'aria che respiriamo e ce la rivenderebbero a peso d'oro e che con le lobby da loro finanziate, tipo BSA, sospingono l'approvazione di leggi (come quella italiana sul diritto di autore) grazie alle quali il reato di un poveretto a cui trovano in casa una vecchia versione copiata di Word è punito più severamente di un omicidio colposo?

Bill Gates e l'avionica

E che dire delle migliaia di ore di lavoro perse perché le "Finestre" di Gates vanno in crash persino quando si tenta di chiuderle (cosa che, ridicolmente, avviene con il menu "Avvio")? Per illustrare questa situazione può essere utile una storiellina, una delle tante su Gates, che da qualche tempo circola nelle Silicon Valley nostrane. Il padrone della Microsoft, contento di avere finalmente lanciato Windows 2000, si è regalato il nuovo Falcon 300 e forte del suo recente brevetto si dirige tutto solo verso il famoso triangolo delle Bermude. Arrivato sul posto innesta il pilota automatico e si accende beatamente un sigaro pensando a cosa inventarsi di nuovo per sfuggire alle conseguenze della condanna della Corte, quando sul più bello sente suonare una sirena d'allarme mentre sullo schermo del cock-pit compare la fatidica scritta: "Questo programma ha eseguito un'operazione non valida e sarà terminato". Mentre Gates cerca disperatamente di riprendere i comandi l'aereo si schianta nella celebre quanto iettatoria fossa, sollevando spruzzi che salgono fino al cielo. Le ultime parole del magnate, mentre si inabissa, sono per i progettisti dell'aereo: "Disgraziati, ve l'avevo detto di non mettermi Windows nel pilota automatico!".

Nessuno vuole che la brillante carriera commerciale di Gates finisca in questo modo, ma qualche improperio in puro stile partenopeo contro chi ci toglie la serenità informatica con i suoi avvisi in cattivo italiano su questo o quel programma - sempre di sua fattura, tra l'altro - che "sarà terminato" senza pietà, possiamo mandarlo o no? E possiamo domandarci cosa accadrebbe se veramente Windows venisse installato nei Pendolini e sugli MD 80?

ALCEI e l'open source

Chiarita, spero, la motivazione del perché rivendico il diritto di essere "contro", vorrei dire solo due parole sulla questione ALCEI. Personalmente penso che questa associazione abbia avuto un ruolo che non esito a definire storico non solo nella battaglia per l'open software ma anche in quella più generale per la diffusione della civiltà e della cultura informatica nel nostro paese. Detto questo aggiungo che l'iniziativa della lettera aperta non è nata nell'ambiente ALCEI, ma in altri ambienti (dirigenti pubblici, ma anche professionisti, giornalisti, consulenti o semplici consumatori di informatica) e non vedo che necessità ci sia di richiamare primogeniture di ALCEI o di altri, che nessuno ha messo in discussione. La battaglia per l'open source nella pubblica amministrazione e nelle scuole italiane è così importante che più siamo a combatterla meglio è, senza stare a guardare chi è arrivato prima e chi dopo.

Dobbiamo essere uniti senza disperderci anche perché i motivi per cui questa battaglia non riesce a fare un passo avanti sono incomprensibili, e questo la rende più difficile. Nella primavera di quest'anno alcuni di noi fecero pressioni all'interno del Gruppo di lavoro del "Forum per la società dell'informazione" allo scopo di inserire nel Piano di Azione un punto sullo sviluppo dell'open source sulla base del progetto del prof. Meo del Politecnico di Torino. Riuscimmo anche a far svolgere a Palazzo Chigi un "Faccia a faccia" tra lo stesso Meo e alcuni docenti informatici di parere contrario, ci sembrava che queste iniziative avessero portato a una presa di coscienza dell'importanza della questione e fu con grande dispiacere che scoprimmo, poi, che il Piano di Azione era rimasto totalmente muto al riguardo.

Ecco perché iniziative come la nostra lettera aperta e le altre (tipo seminari, convegni, raccolte di firme attorno a progetti di legge, forum permanenti on line) che mi auguro possano essere prese coinvolgendo tutti i potenziali interessati - che sono veramente tanti, come dimostrano le adesioni pervenute - sono necessarie se si vuole superare questo muro di gomma che copre, oggettivamente, gli interessi delle multinazionali del software proprietario. E un piccolo passo avanti in questa direzione potrà essere compiuto quando, come auspicato nella nostra lettera, all'interno della pubblica amministrazione si capirà che le suite per ufficio non sono solo Microsoft Office e che i programmi di scrittura non sono solo Microsoft Word. In modo che non ci capiti più di vedere un importante sito pubblico offrire il testo della legge finanziaria 2001 "in formato word". Proprio come se questo fosse, al pari dello stellone, un marchio ufficiale della Repubblica Italiana.

Caro Giancarlo,
questo tuo messaggio rappresenta con molta chiarezza il punto di vista delle persone che hanno dato vita alla "lettera aperta" e anche di molti che l'hanno sottoscritta. Molti, non tutti. Anzi, alcuni hanno espresso prudenti avvertenze o motivati dissensi, dei quali ho dato conto nella pagina del Forum.
In verità, i questi interventi si contano sulle dita di una mano, ma mi è sembrato opportuno stimolare la riflessione e la discussione con un'evidenza numerica che non rispecchia la pura statistica. In generale, tra i molti brevi messaggi di consenso che accompagnano le firme non c'è una quota prevalente di "contro", ma sono molti gli interventi "per" (tralasciando, naturalmente, gli sfoghi personali e qualche impubblicabile invettiva).
Nel pezzo che ha suscitato le tue perplessità ho espresso semplicemente il punto di vista di InterLex, cercando di chiarire lo spirito costruttivo con il quale la rivista ospita l'iniziativa di cui ti sei fatto promotore. Senza togliere, né a te né ad altri, il diritto di esprimere opinioni diverse o addirittura contrarie.

(M. C.)