Salvare l'internet e
salvare la faccia
di Manlio Cammarata - 08.03.01
Ieri sera alle 20,36 la Camera dei Deputati ha chiuso la seduta senza aver
esaminato il progetto di legge C.6910
sull'uso dei nomi a dominio (e non solo). I lavori riprendono oggi e il
provvedimento è sempre all'ordine del giorno.
Come ormai tutti sanno, questo testo è quasi identico al disegno di legge
"Passigli" (S.4594), approvato in commissione
al Senato. Il marchingegno legislativo prevede che, tempi della legislatura
permettendo, il provvedimento passi poi a Palazzo Madama, per essere approvato
in pochi minuti, praticamente senza discussione, data la sostanziale identità
dei due testi.
L'intenzione dichiarata è di far passare l'inaccettabile progetto almeno in
un ramo del Parlamento, in modo che all'inizio della prossima legislatura esso
possa avere un iter molto rapido, secondo una regola non scritta. Ancora ieri
Passigli difendeva la sua malformata creatura con una dichiarazione
all'agenzia ASCA, parlando di "ingiustificati allarmismi".
Ma se, come appare ormai quasi certo, il Capo dello Stato scioglierà le Camere
domani, venerdì, i tempi potrebbero essere così stretti da giustificare la
cancellazione della discussione dell'ordine del giorno. In questo modo i
deputati avrebbero una buona scusa per sottrarsi al diluvio di proteste che
seguirebbe l'approvazione del provvedimento, con effetti negativi proprio alla
vigilia della campagna elettorale.
Insomma, si potrebbe salvare l'internet italiana e salvare la faccia con poco
sforzo. Guadagnerebbe non pochi consensi un deputato che si alzasse dicendo
"Onorevoli colleghi, il tempo è poco, rimandiamo la questione alla
prossima legislatura, visto che il testo ha suscitato tante critiche".
E che si tratti di critiche serie e non di "ingiustificati allarmismi"
è dimostrato dalle prese di posizione ufficiali di quasi tutte le associazioni
rappresentative dell'internet italiana (l'elenco è alla
fine della pagina). Senza contare le posizioni di molti esperti e le centinaia -
forse migliaia - di interventi contrari che sono circolati nelle liste di
discussione, la cui eco è certamente arrivata nelle stanze del Palazzo. Chi
vuole un quadro della situazione può vedere il numero speciale di lunedì
scorso, Passigli, la Rete dice NO! e i
numerosi e autorevoli interventi nell'indice di questa
sezione, a partire dall'aprile dell'anno scorso.
Comunque si concluda la discussione alla Camera, è certo che il prossimo
Parlamento dovrà fare i conti con una Rete che, forse proprio grazie a questo
progetto legislativo, ha trovato un sentire comune, un'identità che fino a oggi
era mancata.
Tra le prime iniziative da prendere, ci sarà la revisione della legge
sull'editoria, che rischia di far spegnere o trasferire all'estero la maggior
parte dei siti italiani che fanno informazione (vedi Non
ci resta che chiudere?).
Su questo argomento incominciano ad arrivare in redazione molti messaggi di
lettori preoccupati per le conseguenze di questa legge. Che potrebbe non essere
subito operativa (per questa parte), perché manca ancora il registro degli
operatori di comunicazione, a cura dall'Autorità cosiddetta "per le
garanzie". Ma che prima o poi potrebbe dispiegare i suoi effetti nefasti.
Per ora non ci resta che aspettare.
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