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Protezione dei dati personali

"Laboratorio privacy"? Ma mi faccia il piacere!

di Daniele Coliva - 16.10.07

 
Poche settimane fa si mobilitava in rete un gruppo di studiosi con un appello per difendere al Senato l’attuale legge sui dati personali (comunemente indicata come legge, o codice, della privacy) dalle proposte di semplificazione in discussione, ed in particolare da quella di eliminare l’obbligo per le imprese di adottare le misure minime di sicurezza a tutela dei dati personali (al momento della scrittura di questo articolo constano 6863 sottoscrizioni).

Il prof. Stefano Rodotà, già presidente del Garante per la protezione dei dati personali, su Repubblica del 24 settembre 2007 scriveva: “La regressione culturale e politica è impressionante. Nella dissennata corsa verso l'"abbattimento dei costi" si cancellano garanzie e diritti. Se davvero si vogliono eliminare costi impropri per le piccole imprese, vi sono modi meno rozzi e pericolosi per farlo. Invece si è scelta una strada che la Commissione europea aveva ritenuto impraticabile, perché vi sono costi che il sistema economico deve sopportare per evitare che le sue attività pregiudichino interessi della collettività, come accade per le norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, costose ma indispensabili. Un paragone significativo, perché le norme sulla sicurezza del lavoro tutelano il corpo fisico così come le norme sulle misure minime di sicurezza per le banche dati tutelano il corpo "elettronico". Sono in gioco le garanzie della persona, la sua stessa libertà nella società della conoscenza”.

La discussione, come si suole dire, “volava alto”. I punti in esame erano estesi sino al ruolo dell’Europa come “un luogo al quale possano guardare tutti quelli che non si rassegnano all'eclissi dei diritti”, nelle parole del professor Rodotà.
Il Garante, in pari data, dava notizia di una lettera scritta al Presidente del consiglio sull’argomento, in cui manifestava la preoccupazione dell’autorità indipendente per il contrasto con la disciplina comunitaria delle modifiche in discussione in Parlamento (poi ritirate, vedi ancora su repubblica.it .
Questi fatti danno conto del ruolo dell’autorità garante, anche nella persona del suo passato presidente, nella materia della tutela dei dati personali; istituzione di alto livello, dialogante con l’esecutivo e meritevole nello svolgimento delle sue funzioni (artt. 153 e 154 del DLGV 196/2003).

E’ con questa immagine in mente che ho aperto il link della notizia della presentazione all’università di Roma del "Laboratorio Privacy Sviluppo", che appariva una settimana fa nella prima pagina del sito del Garante. Il lancio sintetico faceva riferimento ad un seminario di studio e conteneva a sua volta il collegamento al sito del laboratorio (il link è ancora presente, senza il riferimento al seminario, n.d.r.).
Passato a quest’ultimo, con la speranza di trovare utili spunti di discussione e di approfondimento su di una materia così delicata (vedi sopra le considerazioni del professor Rodotà), in un primo momento mi ha interessato la definizione del Laboratorio quale “”luogo” senza formalità”, presso l’autorità garante. Forse si tratta di una iniziativa che intende coinvolgere un numero più ampio di soggetti che si occupino di privacy?

Proseguendo nella navigazione, al contrario, il potenziale interesse è sostituito da un franco stupore.
Leggo che coordinatore del laboratorio è Giuseppe Fortunato, membro dell’autorità garante stessa, e il medesimo, a titolo evidentemente personale, è anche il soggetto titolare del dominio www.laboratorioprivacysviluppo.it.
Leggo ancora che il Laboratorio è “un luogo senza formalità, aperto, di discussione su come la persona può sviluppare in piena libertà le proprie qualità, secondo i propri intimi desideri, in modo da poter realizzare i propri obiettivi liberamente determinati. Dunque, intende focalizzare l’attenzione sull’”io che ricerca”, in modo da favorire un processo di sviluppo personale, affinché, ciascuno possa trasformare i sogni in realtà e quindi passare dalla situazione attuale a quella desiderata. Il Laboratorio, quindi, dà valore alla privacy quale piena realizzazione dei desideri di ciascuno nella propria meravigliosa specificità.”, e che la privacy non è solamente quella sfera intima che avvolge e protegge la persona da interferenze o indebite influenze esterne, ma “è soprattutto capacità di esprimere fino in fondo i propri desideri, le proprie aspirazioni. Per quest’ultimo aspetto la privacy è intesa come pieno sviluppo della persona, come piena consapevolezza del proprio valore come persona, nella sua integrità, e quindi in ogni suo singolo aspetto, in direzione di una più completa realizzazione di sé”.

Stupore e perplessità vanno di pari passo a questo punto. C'è un'autorità indipendente, la cui giustificazione risiede “nella natura degli interessi loro affidati, che corrispondono ai bisogni primari della collettività, meritevoli di particolari forme di protezione” come scrive Giuseppe Santaniello in Autorità indipendenti e funzione giurisdizionale del Garante, su questa rivista . Prosegue l’autore, già vice-presidente del Garante dalla sua costituzione e docente di diritto amministrativo: “La natura degli interessi tutelati costituisce quindi la fonte di legittimazione di tali Autorità e la ragione che ne giustifica la sottrazione alla tradizionale conformazione della pubblica amministrazione.”
Presso questa autorità è istituito un “luogo” (il corsivo è d’obbligo a questo punto, e non solo per completezza, anche formale, della citazione) in cui si discute di sviluppo della persona e della sua “più completa realizzazione”.
Qualcosa non funziona. L’accostamento solleva qualche interrogativo.

Proseguo nella lettura e mi allontano sempre più dall’immagine, forse troppo accademica e scolastica, che avevo della disciplina della privacy e dei suoi protagonisti, sicuramente influenzata da un corposo testo normativo di ben centoottantasei articoli, quattro allegati (più uno ancora in mente dei, l’allegato C), codici deontologici, autorizzazioni generali e relativa giurisprudenza del Garante stesso.
Esiste un documento, anzi un testo base dell’attività del laboratorio, è “La Svolta” che “promuove il potenziamento della persona sulla base di ogni studio in materia”.
Accantono per un momento definizioni, codici, commi e allegati e mi soffermo su questo testo:

LA SVOLTA, non mancando nel mostrare i fondamenti, mira a dare un concreto aiuto, sulla base di un sistema di sintetiche formule pratiche e innovative che sono la chiave sicura per ogni obiettivo.
È la prospettiva dell’io lettore e contestualmente autore: la rivoluzione strutturale dell’opera consente un proficuo e dinamico interagire. La struttura capovolta non è da considerarsi una pura tecnica letteraria, ma un procedimento fondamentale atto a promuovere il potenziamento dell’io. Una sorta di metodo maieutico che catalizza sentimenti, riflessioni e pensieri senza imposizione dall’alto in una sterile e dogmatica precettistica.
LA SVOLTA vuole prendere in considerazione anche il contributo anzi i mille contributi dei suoi lettori-autori impegnati in una gara nobilissima nell’esplorazione-conquista della personalità umana.
L'obiettivo di fondo è quello di promuovere il passaggio da un io spettatore ad un io protagonista, da un io passivo recettore ad un io “artefice del proprio destino”, da un io schiacciato dalle Istituzioni ad un io che sappia far istituzionalizzare i suoi diritti nell’accezione più completa
” (i grassetti appartengono al testo originale).

Come resistere al richiamo? Scarico il testo, liberamente e gratuitamente accessibile, un corposo file PDF di 4,5 MB, e il reader mi dice che è composto da ben 699 (!) pagine. Provo a coordinare il testo con il concetto di privacy, con una semplice operazione: cerco al suo interno la parola privacy. Compare sette volte: tre a pag. 4, in relazione al Laboratorio ed al concetto “esteso” di privacy, e quattro nelle pagine finali, di cui tre in riferimento al Garante ed una sola non a fini descrittivi (p. 692).

Il resto del libro, impaginato in maniera estrosa e con figure banali, è l’illustrazione di un percorso per perseguire e raggiungere l’obiettivo voluto.
Non entro nel merito della bontà/fondatezza/efficacia del metodo, perché non ne ho gli strumenti (ho però la fortissima tentazione di chiedere al professor Rodotà ed al professor Santaniello un’opinione sulla bibliografia in calce al testo).
Tuttavia, dopo il breve excursus sopra riportato, reputo stupefacente l’accostamento tra un’autorità indipendente dello Stato e un "laboratorio" che, alla prova delle parole, con la tutela dei dati personali ha ben poco a che fare.

La divulgazione di un metodo di vita e azione (non dimentichiamo il pensiero, a questo punto), innovativo ed eclettico fin che si vuole (anzi, troppo), stride fortemente con funzioni, scopi e, diciamolo, immagine di una istituzione dai compiti così delicati. E il rumore di questo stridìo è ancor più stupefacente se si considera che il promotore di questa iniziativa è un componente dell’autorità garante e che quest’ultima opera come veicolo di supporto (il laboratorio ha sede presso l’autorità medesima) di un “luogo” illustrato e gestito su siti internet estranei a quello istituzionale.

La pur pregevole impostazione di un punto di vista diverso del concetto di privacy non deve allontanare dagli scopi e dalle funzioni dell’istituzione e soprattutto, per la serietà ed il rigore che convengono ad una istituzione di garanzia e di giustizia.
La vicenda richiamata all’inizio di queste brevi considerazioni è emblematica: la attività del Garante ha bisogno di energie incondizionate per la tutela da attacchi esterni del delicato settore dei dati personali, e non di contaminazioni “scientifico-filosofiche” sulla ricerca della felicità.
La battuta di Totò, usurpata come titolo di queste note, è la degna chiosa finale.

 

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