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 Le regole dell'internet

Considerazioni sulla responsabilità dell'Internet provider
di Carlo Gattei* - 23.11.98

Introduzione

Le tecnologie di internet consentono di inviare messaggi, immagini, filmati ed ogni altro tipo di comunicazione all'interno di newsgroups, mailing lists, chat line e di costruire pagine Web personali (1). Ciò comporta il rischio che diverse violazioni possano verificarsi sui siti della rete. Tra i possibili illeciti commessi su internet si possono individuare i seguenti casi (2):

  • la violazione delle norme sul diritto d'autore, che si realizza quando documenti, immagini ed altre opere protette vengono riprodotte e pubblicate sulla rete senza la necessaria autorizzazione da parte dell'autore o del titolare dei diritti su di esse (3);
  • la diffamazione, avvenuta mediante l'invio di materiale offensivo su un sito della rete;
  • la violazione delle norme sul buon costume e contro lo sfruttamento sessuale dei minori, con la pubblicazione di materiale pornografico con minori;
  • la violazione delle norme sull'ordine pubblico, con la pubblicazione, ad esempio, di materiale di stampo terroristico;
  • la violazione del diritto alla riservatezza, che si ha quando dati riservati o segreti relativi ad un individuo o ad un'organizzazione vengono resi pubblici su un sito internet (4) ;
  • la concorrenza sleale, nel caso di informazioni false o diffamatorie messe in rete tra imprese concorrenti;
  • la violazione delle norme sulla protezione dei marchi (5).

In questo articolo ci si limiterà ad un'analisi, senza alcuna pretesa di completezza, di alcuni casi di illeciti commessi da terzi sulla rete che potrebbero determinare una responsabilità dell'internet provider (6) , con particolare attenzione ai casi di violazione del diritto d'autore e di diffamazione tramite rete telematica che sembrano esemplificare le differenti soluzioni adottate dalla giurisprudenza nazionale ed internazionale. In particolare si presenteranno inizialmente alcune decisioni statunitensi ed europee per comprendere meglio le tendenze internazionali, per poi valutare la situazione attuale in Italia.

Perché una responsabilità dell'internet provider

Considerare l'internet provider in un qualche modo responsabile delle violazioni commesse da un qualsiasi utente sul suo server risponde alla concreta necessità di individuare un soggetto responsabile della violazione (7). Le difficoltà che si hanno nel mondo reale ad individuare il responsabile principale di un illecito sono moltiplicate nel mondo "virtuale" di internet . Le tecnologie utilizzate per gestire una rete telematica non sempre consentono di identificare realmente l'utente che compie una violazione. Occorre infatti considerare che un utente accede alla rete mediante un nome di accesso, o login , ed una password . Tecnicamente è sempre possibile identificare il nome d'accesso dell'utente che ha commesso la violazione attraverso quello che viene chiamato il log file contenente il nome dei login e dei tempi di accesso di ogni utente, tuttavia nulla vieta che tale nome possa essere stato in precedenza sottratto, insieme alla sua password , ed utilizzato fraudolentemente da terzi al fine di evitare ogni possibile conseguenza. La stessa difficoltà di individuazione si ha quando uno stesso nome di accesso alla rete è utilizzato da più persone contemporaneamente (8). La globalizzazione della rete telematica non fa che peggiorare le cose. Supponiamo infatti che l'utente che ha commesso la violazione sia alla fine effettivamente individuato. Questi potrebbe trovarsi in un paese in cui la normativa applicabile a quella fattispecie sia diversa da quella applicabile nel luogo dove il danno si è verificato, con il possibile rischio di non riuscire a punire l'utente direttamente responsabile dell'illecito (9). Ecco perché di fronte a tali rischi, si discute se attribuire una responsabilità al provider , soggetto sempre identificabile e assoggettabile alle norme del paese in cui la violazione è commessa (10).

In particolare, i possibili casi di responsabilità del provider su cui si dibatte sono quelli relativi sia al materiale che egli stesso mette a disposizione sul proprio server , sia a quei dati e messaggi che gli utenti del provider inviano sul server all'interno dei newsgroups , delle mailing lists o delle pagine Web personali messe a loro disposizione. Si discute inoltre di una eventuale responsabilità per i dati registrati sui servers di altri providers e che mediante sistemi automatici di copiatura, quali, ad esempio, il mirroring , vengono riprodotti sulle altre macchine della rete e resi accessibili a chiunque. Da ultimo, si è parlato di una ulteriore responsabilità del provider nel caso in cui questi consenta l'accesso ad altri siti della rete dove materiale illecito è registrato ed è disponibile per gli utenti (11). Per poter attribuire queste diverse responsabilità al provider si è fatto ricorso a modelli di riferimento corrispondenti a situazioni già disciplinate a cui la figura del provider poteva essere in un qualche modo ricondotta, quali, ad esempio, il responsabile editoriale di una testata giornalistica o l'editore televisivo.

La responsabilità dell'internet provider negli Stati Uniti

Il diritto statunitense riconosce tre tipi diversi di responsabilità (12): il primo tipo di responsabilità è quella attribuita al soggetto che ha direttamente compiuto la violazione (direct liability ). La responsabilità per fatti causati da terzi è invece distinta in due differenti tipologie: la responsabilità da concorso colposo (contributory liability ), che si ha quando il soggetto responsabile, pur non essendo il diretto esecutore della violazione, contribuisce in un qualche modo alla sua realizzazione e ne e' a conoscenza (actual knowledge ) o comunque ha motivo di esserlo (reason to know ), e la responsabilità indiretta (vicarious liability ), che si verifica quando il soggetto responsabile ha il compito e la possibilità di controllare (the right and ability to supervise ) l'attività svolta dal terzo che ha direttamente commesso la violazione e quando, a seguito di questa, tragga un vantaggio economico. In quest'ultimo caso nessun valore è dato al fatto che il responsabile indiretto conoscesse o meno il comportamento illecito del terzo.

Riguardo alla normativa applicabile, occorre ricordare che gli Stati Uniti partecipano alle varie convenzioni internazionali in materia di copyright, recepite mediante alcune leggi interne in materia. In particolare l'US Copyright Act , modificato nel 1976, riconosce come violazione del copyright il caso di trasmissione attraverso canali televisivi effettuata senza le necessarie autorizzazioni da parte del legittimo titolare dei diritti commerciali (U.S.C.A. 111 (c)). La stessa norma viene oggi estesa al caso di comunicazioni via rete telematica. In particolare, l'US Copyright Act riconosce al titolare del copyright (U.S.C.A. 106):

  1. il diritto di riprodurre l'opera protetta;
  2. il diritto di distribuire copie dell'opera al pubblico;
  3. il diritto di rendere pubblica l'opera protetta.

L'US Copyright Act definisce (17 U.S.C.A. 101) il concetto di "rendere pubblica" un'opera come l'atto di mostrare una copia di essa o direttamente, oppure attraverso un filmato, una fotografia, immagini televisive, od infine mediante altri "meccanismi o processi", comprese quindi le trasmissioni via rete telematica.

In materia di responsabilità del provider per violazione delle norme sul copyright, una prima importante decisione si è avuta nel caso Playboy Enterprises, Inc. v. Frena del 1993, 839 F. Supp. 1552 (M.D. Fla. 1993). Nel caso si discusse della violazione del diritto di copyright su alcune immagini di proprietà della rivista Playboy , diffuse illegittimamente in rete attraverso un bullettin board system , o bacheca elettronica (13). La Corte statunitense decise per una responsabilità diretta dell'internet provider in quanto diretto responsabile della diffusione del materiale protetto.

In maniera analoga fu risolto il caso Sega Entertainment, Ltd. v. Maphia del 1994, 857 F. Supp. 679 (N.D. Cal. 1994). Nella specie si trattava di utenti di un altro bullettin board system che caricavano (uploading ) e scaricavano (downloading ) sul server del provider giochi elettronici protetti. Anche in questo caso l'internet provider fu ritenuto responsabile della violazione del copyright ma non per aver commesso direttamente le violazione, ma per aver messo a disposizione sul proprio server gli strumenti necessari per copiare i videogames protetti incoraggiando i suoi utenti a caricare e scaricare i videogiochi. Fu in particolare attribuita al provider una responsabilità di tipo concorsuale (contributory liability ) perché a conoscenza delle violazioni commesse dagli utenti del suo sistema.

Il primo vero caso di esclusione della responsabilità dell'internet provider negli Stati Uniti si è avuto con la controversia Religious Technology Center v. Netcom On-Line Communication Services del 1995, No. C-95-20091 RMW (N.D. Cal. Nov. 21, 1995). Nel caso si trattava di copie di materiale appartenente alla setta di Scientology comunicate in rete senza la necessaria autorizzazione, da parte di un utente di Netcom On-Line , Dennis Erlich. La comunicazione avvenne all'insaputa del provider che forniva l'accesso al proprio newsgroup senza aver predisposto alcun controllo sugli interventi dei vari utenti. La Corte statunitense ritenne che Netcom On-Line si comportava come un semplice fornitore di "cavi e condotti" (wire and conduits ), senza alcuna forma di filtro o controllo sul materiale inviato. Attribuire in questo caso una responsabilità concorsuale (contributory infringement ) a Netcom On-Line avrebbe significato riconoscere una "liability for every single Usenet server in the world wide link of computers tranmitting Erlichs message to every other computers"(14) . La Corte sostenne tuttavia che una responsabilità del provider poteva essere riconosciuta nel caso in cui fosse stata dimostrata la sua conoscenza della violazione. Si escludeva comunque una responsabilità indiretta, cosiddetta vicarious liability , in quanto il provider non otteneva alcun vantaggio economico come effetto degli illeciti commessi dai suoi utenti (15).

A seguito della decisione presa nel caso Religious Technology Center v. Netcom On-Line Communication Services furono identificate due tipologie di internet providers : gli access providers , ossia coloro che forniscono semplicemente l'accesso ad un canale di comunicazione, la rete telematica, al pari delle agenzie telefoniche, e i service providers , che oltre a fornire un accesso alla rete, eseguono varie forme di controllo o di monitoraggio sul materiale inviato sul loro server , attività effettuate normalmente a tutela della sensibilità e del rispetto per i propri utenti. Paradossalmente, secondo i giudici statunitensi, gli access providers non sono responsabili per le informazioni ed i dati trasmessi sui loro servers , mentre, al contrario, i service providers , "colpevoli" non solo di fornire un accesso ma anche un servizio ai loro utenti, andrebbero considerati responsabili, in via concorsuale, per tutte le comunicazioni inviate sui loro servers , al pari dei responsabili editoriali delle testate giornalistiche. Partendo da questo paradosso, successivamente al caso Religious Technology Center v. Netcom On-Line Communication Services i consulenti legali statunitensi suggerirono rapidamente a tutti gli internet providers di evitare qualsiasi forma di controllo e di monitoraggio, trasformandosi tutti in semplici access providers e pubblicizzando chiaramente in rete la piena libertà e responsabilità attribuite dal provider ai proprio utenti (16).

Un ulteriore esempio di responsabilità dell'internet provider fu il caso Sega Enterprises v. Sabella , sempre del 1995, C93-04260 (N.D. Cal. 1996). Si discusse allora, come nel caso Sega Entertainment, Ltd. v. Maphia , di copie non autorizzate di videogiochi protetti in rete. La Corte statunitense riconobbe in capo all'internet provider una responsabilità da concorso colposo (contributory infringement ) in quanto a conoscenza delle violazioni commesse dai suoi utenti. La Corte statunitense sostenne che il provider , pur non compiendo direttamente gli illeciti, avendone avuta conoscenza, non impedì il proseguire di tali violazioni, a prescindere che questi svolgesse o meno una funzione di controllo sui messaggi inviati dai propri utenti. Secondo la Corte statunitense si avrebbe quindi una responsabilità del provider anche nel caso in cui questi, essendo venuto a conoscenza della violazione, non abbia cercato di bloccarne gli ulteriori effetti (17), sia che si tratti di un access che di un service provider . Sulla base delle decisioni appena presentate, si delineano quindi due principali casi di responsabilità attribuite ad un provider : la prima, di tipo preventivo alla violazione, limitata al service provider , si ha per non aver impedito il verificarsi dell'illecito; la seconda, successiva alla violazione, attribuibile in questo caso a qualsiasi provider , si ha per non aver bloccato gli ulteriori effetti dell'illecito una volta venutone a conoscenza (18).

A conferma di tutto questo, nel 1997 è stato proposto l'On Line Copyright Liability Limitation Act (HR 2180) che definirebbe esplicitamente i casi di limitazione di responsabilità dell'internet provider per le violazioni del copyright commesse in rete, riprendendo le conclusioni sopra indicate. La proposta riconosce come responsabile il provider , sia che si tratti di un access o di un service provider , quando questi abbia partecipato direttamente alla violazione, oppure, non avendovi partecipato direttamente, essendone venuto a conoscenza, non abbia compiuto ogni atto "tecnicamente fattibile ed economicamente ragionevole" (technically feasible and economically reasonable to carry out ) al fine di impedire che la violazione perdurasse (19).

La questione della responsabilità dell'internet provider per messaggi diffamatori inviati dai propri utenti fu inizialmente sollevata nel 1991(20) nel caso Cubby v. Compuserve , 776 F. Supp. 135 (140 S.D.N.Y. 1991). Il caso verteva sull'invio di messaggi diffamatori registrati sul server di Compuserve da parte di un utente. Secondo il diritto statunitense chiunque riproduca o pubblichi messaggi diffamatori va considerato responsabile al pari di chi li ha inizialmente espressi. Tuttavia non sono responsabili coloro che distribuiscono questo materiale, come i giornalai o le librerie, che si comportano da semplici rivenditori e non da strutture editoriali. La Corte statunitense ritenne di considerare Compuserve al pari di un'edicola (news distributor ) e quindi non responsabile per la pubblicazione del materiale diffamatorio. La Corte sostenne in particolare che Compuserve non eseguiva alcun tipo di controllo sul materiale pubblicato in rete dai propri utenti e quindi si comportava da semplice punto di distribuzione del materiale e non da "editore" dei messaggi dei propri utenti. Una simile decisione si ebbe nel 1992 con il caso Auvil v. CBS 60 Minutes , 800 F. Supp. 928 (1992), in cui la Corte statunitense stabilì che non poteva riscontrarsi una responsabilità del provider vista l'impossibilità di monitorare e filtrare tutte le comunicazioni inviate nel newsgroup .

Un'ulteriore importante decisione fu quella adottata nel caso Stratton Oakmont, Inc. v. Prodigy Services Co , no. 31063/94 (Supreme Court of New York, Nassau County) nel 1995. Prodigy è uno dei provider più importanti del mondo con diversi milioni di utenti collegati. Nel caso in questione si trovò a difendersi dall'accusa di responsabilità determinata dell'invio di materiale diffamatorio da parte di uno dei suoi utenti. In questo caso la Corte statunitense decise per una responsabilità del provider sulla base del fatto che Prodigy eseguiva diverse forme di controllo sul proprio Bullettin Board System . In particolare Prodigy aveva installato un sistema automatico di filtraggio sul contenuto dei messaggi e aveva nominato un gruppo di persone, chiamati Board Leaders con il compito di monitorare costantemente tutti i messaggi inviati. Prodigy fu riconosciuto responsabile insieme ai suoi Board Leaders al pari di un responsabile editoriale di una testata giornalistica che risponde insieme ai suoi redattori (21).

In una più recente decisione, invece, nel caso Zeran v. American On Line del 1997, si è esclusa la responsabilità del provider per la presenza sul proprio server di materiale diffamatorio inviato da un utente, nonostante che il provider ne fosse stato informato e che gli fosse stato richiesto di eliminare il messaggio. La Corte statunitense in questo caso sostenne che American On Line svolgeva il compito di distributore di informazioni, e come tale non poteva essere considerato responsabile della illiceità del materiale inviato, anche se ne era a conoscenza (22). La decisione applica alla lettera una recente modifica del Telecommunications Act , compiuta nel 1996, relativa all'invio di materiale diffamatorio od offensivo su rete telematica in cui si afferma esplicitamente (titolo 47, USC 230(c)(1)) che un provider di un sistema interattivo non può essere considerato responsabile, al pari di un editore, delle informazioni fornite e comunicate da terzi (23).

In conclusione, rispetto alla responsabilità per violazione delle norme sul copyright, la responsabilità del provider negli Stati Uniti nel caso di diffusione in rete di materiale offensivo o diffamatorio sembra essere attualmente limitata alla sola partecipazione diretta nell'illecito (24).

La responsabilità dell'internet provider in Europa

Anche in Europa alcuni casi di responsabilità del provider in rete sono stati recentemente discussi dai vari giudici nazionali. Di seguito si prenderanno in considerazione le situazioni attuali in Gran Bretagna, che sembra essere il paese che per primo ha definito con legge le responsabilità dell'internet provider , almeno per il caso di diffamazione in rete; in Germania, che ha emanato una normativa ad hoc solo recentemente; in Olanda, dove i giudici dell'Aia hanno cercato di definire con precisione i casi di responsabilità del provider per fatti compiuti da terzi, ed infine in Francia.

La responsabilità dell'internet provider in Gran Bretagna

In Gran Bretagna, nel caso di violazione del copyright viene applicato l'UK Copyright, Designs and Patents Act , modificato nel 1988. l'UK Copyright, Designs and Patents Act disciplina esplicitamente le comunicazioni televisive, ma viene esteso anche alle comunicazioni su rete telematica. Il primo tipo di responsabilità per violazione delle norme sul copyright è la cosiddetta primary liability che si ha in capo a colui che direttamente compie la violazione (25). Diverso è invece il caso del cosiddetto secondary infringement . In particolare, il Par. 24 (2) dell'UK Copyright, Designs and Patents Act stabilisce, anche se relativamente alle comunicazioni via fax, che colui che, senza l'autorizzazione da parte del titolare dei diritti, trasmette copia dell'opera protetta mediante un sistema di telecomunicazione è responsabile in via indiretta (secondary infringement ) purché conosca o sia tenuto a conoscere (knowing or having reason to believe) che la comunicazione comporta una violazione delle norme sul copyright (26). Tale norma può essere estesa al caso di responsabilità del provider che andrebbe quindi considerato responsabile sia se partecipa direttamente all'illecito (primary infringement ), sia se ne è a conoscenza o ha la possibilità di conoscere la violazione (secondary infringement ). A parte quindi la responsabilità diretta del provider nell'illecito, la discriminante per una eventuale responsabilità del provider per violazioni commesse da terzi è la loro conoscibilità (knowledge or reason to believe ). La norma va quindi interpretata nel senso di escludere comunque una responsabilità di tipo preventivo per fatti compiuti da terzi - il provider non può essere a conoscenza dell'illecito fintanto che questo non si manifesta - e di introdurre una responsabilità indiretta (secondary liability ) del provider salvo che questi non provi la incolpevole mancata conoscenza dell'illecito.

Un caso interessante di violazione del copyright in Gran Bretagna si è verificato nel novembre 1996 quando alcuni brani di due canzoni del complesso irlandese degli U2 furono "rubati" e pubblicati su un sito Web di una provider ungherese. Gli U2 riuscirono a far chiudere il sito internet per violazione del copyright. Nel frattempo si scoprì che altri due siti negli Stati Uniti ed in Olanda avevano scaricato il file dal sito ungherese e lo avevano reso pubblico sul loro server . Gli U2 rinunciarono ad ulteriori cause legali sostenendo che comunque il materiale "rubato" era incompleto e non definitivo e quindi di poco valore (27).

Riguardo alle comunicazioni offensive o diffamatorie, in Gran Bretagna chiunque partecipi alla loro diffusione è considerato responsabile al pari dell'autore. Per i meri fornitori però è ammessa la difesa della cosiddetta innocence dissemination : un fornitore non può essere considerato responsabile per il contenuto di ciò che vende o distribuisce se dimostra che, oltre a non aver partecipato alla creazione del materiale offensivo o diffamatorio (Par. 1 Defamation Act 1996 ), non era a conoscenza del contenuto di tale materiale, né era in grado di conoscerlo avendo mantenuto un comportamento diligente (reasonable care ). Il Par. 1 (5) del Defamation Act stabilisce inoltre che il comportamento diligente (reasonable care ) del fornitore va considerato tenendo conto sia della eventuale partecipazione del soggetto nella creazione e pubblicazione del materiale offensivo, della natura delle circostanze che hanno dato origine alla pubblicazione, sia infine della precedente condotta o del carattere dell'autore del messaggio.

Il Defamation Act del 1996 esplicitamente si riferisce al responsabile di un sistema informatico al Par. 1 (3) in cui si afferma che una persona non può essere considerata né un autore, né un editore o un responsabile editoriale se viene coinvolto nella semplice trasmissione in formato elettronico del materiale offensivo o nella gestione del sistema elettronico attraverso il quale il materiale viene cercato, copiato, distribuito e reso accessibile agli utenti. Allo stesso modo un provider non può essere considerato autore o editore o comunque un responsabile editoriale, pur essendo il titolare del sistema di comunicazione attraverso il quale la comunicazione offensiva viene trasmessa, nel caso in cui questi non abbia alcun controllo sulle comunicazioni inviate al proprio server (28) . In Gran Bretagna si riconosce quindi una responsabilità del provider per materiale offensivo prodotto da terzi nel solo caso in cui questi esegua una qualche forma di controllo o di monitoraggio sulle comunicazioni dei propri utenti, ovvero quando si comporta come un responsabile editoriale. Negli altri casi, sulla base del Par. 1 (3) del Defamation Act il provider può sempre ricorrere alla difesa della innocence dissemination che lo equipara ad un semplice fornitore di informazioni purché non sia a conoscenza del messaggio offensivo e abbia sempre mantenuto un comportamento diligente.

La responsabilità dell'internet provider in Germania

In Germania la responsabilità del provider è disciplinata oggi dal Gesetz zur Regelung der Rahmenbedingungen für Informations- und Kommunikationsdienste o IuKDG , legge federale entrata in vigore l'1 agosto 1997. La IuKDG distingue due figure di provider : il fornitore di servizi, o service provider , e il fornitore di un accesso alla rete, o access provider . Il service provider è colui che, oltre a predisporre per i propri utenti un accesso alla rete, è un fornitore di informazioni - direttamente o tramite terzi - sulla rete stessa. Si deve quindi intendere che qualsiasi provider che predisponga proprie pagine Web a cui gli utenti possono accedere debba essere considerato un service provider . Il service provider va considerato responsabile sia per il materiale illecito da lui creato o riprodotto e messo a disposizione per i propri utenti (Par. 5 (1) IuKDG ), sia per il materiale illecito prodotto da altri e messo a disposizione sul suo server . In quest'ultimo caso però occorre (a) che il provider sia a conoscenza della pubblicazione sul proprio server del materiale illecito, (b) che abbia a disposizione gli strumenti tecnici per evitare che tale materiale venga ulteriormente diffuso in rete ed infine (c) che si possa ragionevolmente aspettare un suo intervento affinché la diffusione di tale materiale venga impedita (Par. 5 (2) IuKDG ). L'access provider è invece escluso da una qualsiasi forma di responsabilità per il materiale inviato dai terzi, in quanto solo fornitore di un accesso alla rete al pari di un operatore telefonico (Par. 5 (3) IuKDG ). In ogni caso il provider è obbligato a sospendere la pubblicazione e l'uso di materiale illecito sulla rete a seguito di un ordine o ingiunzione emanata da un giudice (Par. 5 (4) IuKDG ).

Precedentemente alla nuova legge federale la tendenza della giurisprudenza tedesca era quella di applicare la disciplina del responsabile editoriale di una testata giornalistica anche all'internet provider . Un caso di violazione delle norme sul copyright in rete realizzato su un BBS fu risolto da una corte locale tedesca nel 1996 con l'applicazione delle norme sul responsabile editoriale e con il riconoscimento della conseguente responsabilità penale del provider che avrebbe avuto l'obbligo di controllare la legittimità del materiale inviato dai propri utenti. Secondo la Corte tedesca questo controllo non solo era tecnicamente possibile, ma poteva essere preteso verso tutti i providers(29) . In materia di diffamazione, l'orientamento della Corte federale tedesca era quello di limitare la responsabilità dell'editore, e quindi per analogia anche quella del provider , alle sole affermazioni "dichiaratamente" offensive. La Corte distrettuale di Stoccarda nel 1987 si trovò a dover discutere un caso di diffamazione commesso su una BBS, sostenendo che sarebbe stato impossibile riconoscere in capo al responsabile della BBS un obbligo di controllo di tutto il materiale inviato dai propri utenti. Una responsabilità quindi poteva soltanto ammettersi nel caso in cui il provider fosse a conoscenza o avesse potuto conoscere l'esistenza del materiale offensivo (30).

La IuKDG riprende in parte le affermazioni compiute dalla corte di Stoccarda e fissa tre condizioni per attribuire una qualche responsabilità al service provider : che questi sia a conoscenza del materiale illecito - e non quindi la mera conoscibilità - che abbia gli strumenti tecnici idonei per impedire l'ulteriore uso di tale materiale e che ci si possa ragionevolmente aspettare che tale impedimento venga messo in atto. La IuKDG è applicabile a tutte le comunicazione elettroniche tra individui, dal tele-banking , allo scambio di dati su via telematica oltre che ai servizi forniti su internet , ed è inoltre applicabile sia ai casi di responsabilità civile che penale (31). Rispetto alle ultime scelte adottate negli Stati Uniti e in Inghilterra, la IuKDG sembra quindi adottare, almeno relativamente alle violazioni del diritto d'autore, la scelta più restrittiva del criterio della effettiva conoscenza e non la mera conoscibilità dell'illecito. Le situazioni di presunta ma non evidente illiceità andranno invece valutate caso per caso, considerando se ci si possa "ragionevolmente" aspettare che il provider faccia cessare la violazione.

La responsabilità dell'internet provider in Olanda

La normativa in materia di copyright in Olanda punisce chiunque riproduca un'opera senza la necessaria autorizzazione da parte del titolare dei diritti. Allo stesso modo sono perseguibili coloro che stampano, pubblicano, distribuiscono e vendono una copia dell'opera protetta. In un caso relativo alle comunicazioni televisive del 1993, un operatore via cavo fu considerato responsabile per aver consentito la trasmissione "pirata" di materiale protetto, nonostante non avesse direttamente eseguito la trasmissione. Fu infatti ritenuto comunque responsabile per non aver fatto cessare l'illecita trasmissione del materiale protetto (32).

Un primo caso in cui si è discusso della responsabilità dell'internet provider si è avuto nel 1995, a Rotterdam. Si trattava ancora una volta di una BBS accusata di violazione delle norme sul copyright dovuta a scambio di software illegittimamente copiato tra i propri utenti. Il provider fu riconosciuto responsabile in quanto aveva consapevolmente modificato il proprio server consentendo il caricamento e la riproduzione di files dal proprio sito internet . Il provider fu riconosciuto direttamente responsabile della violazione per negligenza in quanto avrebbe potuto e dovuto prevedere un comportamento illecito da parte dei suoi utenti (33).

In una seconda storica decisione del Tribunale dell'Aia nel 1996, si esaminò invece la violazione del copyright riguardante materiale appartenente alla Chiesa di Scientology compiuta attraverso il trasferimento di file su un newsgroup (34) . La Corte sostenne che il provider aveva semplicemente fornito agli utenti uno spazio dove poter discutere, il newsgroup appunto, e che nessun obbligo di controllo sul materiale in rete poteva essere riconosciuto in capo al provider per cui si escludeva una qualsiasi forma di responsabilità. Tuttavia la Corte stabilì che il provider sarebbe stato responsabile nel caso in cui si fosse trovato di fronte ad una violazione "inequivocabilmente chiara" e che tale violazione fosse verosimilmente conosciuta dal provider stesso. In tal caso il provider avrebbe avuto l'obbligo di intervenire e mettere in atto tutte quelle cautele necessarie affinché tale violazione fosse cessata (35). La decisione del Tribunale dell'Aia è fondamentale perché fissa diversi criteri di valutazione: prima di tutto afferma che non è riconoscibile in capo al provider un obbligo di controllo su tutto il materiale presente sul suo server . Inoltre stabilisce che in capo al provider può essere individuato un obbligo di intervento successivo alla violazione, ma tale obbligo sussiste soltanto se: (1) questi sia a conoscenza del comportamento dell'utente, o se almeno questo comportamento sia verosimilmente conoscibile, e (2) che la violazione dell'utente sia inequivocabilmente chiara, ovvero che non vi sia alcun dubbio sulla illiceità del comportamento del terzo. In questo modo il provider potrà sempre difendersi dimostrando o di aver tenuto un comportamento diligente e nonostante questo di non essere venuto a conoscenza dell'illecito, oppure dimostrando che la violazione non poteva essere considerata oggettivamente evidente e chiara, escludendo in questo modo un suo obbligo di intervento.

In materia di diffamazione, nel Codice Penale olandese esiste una norma (Par. 53 e 54) che esclude la responsabilità dell'editore se questi non ha alcun controllo sul materiale pubblicato. Si può quindi ritenere che in Olanda in materia di diffamazione commessa su rete telematica la responsabilità del provider sia limitata alla sola partecipazione diretta alla fattispecie criminosa.

La responsabilità dell'internet provider in Francia

La Francia, come del resto gli altri paesi europei, applica le Convenzioni internazionali in materia di diritto d'autore, ed in particolare la legge francese prevede che la tutela del diritto d'autore sia estesa a qualsiasi pubblicazione dell'opera protetta comprese le trasmissioni televisive (L 122-2 Code de la Propriété Intellectuelle ). Per analogia, la normativa sul copyright potrebbe essere estesa anche alle comunicazioni via rete telematica. Tuttavia in Francia esiste anche la Loi sur la liberté audiovisuelle del 1986 che ha esteso la disciplina in materia di pubblicazioni a stampa al settore radio-televisivo. In particolare l'editore televisivo è considerato responsabile dei contenuti trasmessi sulle sue reti al pari dell'editore di una testata giornalistica. Tale normativa potrebbe essere estesa anche alle comunicazioni via internet , considerando inoltre che in diverse decisioni giurisprudenziali il sistema informatico Minitel è stato definito come uno strumento di comunicazione audio-visiva paragonabile quindi ad un circuito televisivo (36). La responsabilità sulle informazioni contenute sul Minitel è quindi attribuita al gestore del sistema informatico. Tuttavia la normativa sul sistema radio-televisivo esclude una responsabilità del suo editore nel caso di un messaggio illecito non precedentemente registrato. In particolare si vuole escludere una responsabilità dell'editore televisivo per ogni affermazione fatta durante trasmissioni in diretta. Tale norma applicata al caso di comunicazioni via internet potrebbe escludere una responsabilità in capo al provider per tutte le comunicazioni effettuate direttamente dagli utenti senza alcun filtro da parte del provider stesso, come avviene generalmente nei newsgroups non moderati.

In materia di tutela penale del copyright, il Code de la Propriété Intellectuelle punisce il diretto responsabile dell'illecito (L 335-2 CPI). Insieme al diretto responsabile è inoltre punibile chiunque abbia consapevolmente facilitato la preparazione e diffusione del materiale illecito (L 335-3 CPI). L'internet provider potrebbe quindi essere considerato penalmente responsabile nel momento in cui agevoli la preparazione o la diffusione del materiale oggetto della violazione. Tale norma potrebbe ad esempio essere utilizzata per riconoscere una responsabilità del provider che non abbia provveduto ad eliminare il materiale illecito nel momento in cui sia venuto a conoscenza della violazione stessa.

In materia di diffamazione, il codice penale francese (L 226-1 Code Penal) stabilisce che chiunque sia a conoscenza di una violazione va considerato come corresponsabile nel momento in cui non si sia opposto al compimento dell'atto lesivo avendo la possibilità di intervenire. La stessa norma potrebbe essere applicata per definire una responsabilità del provider nel caso in cui, venuto a conoscenza del materiale diffamatorio, non provveda rapidamente ad impedirne la sua diffusione.

Un caso di diffamazione su rete telematica si è avuto nel 1996, quando lo stilista Yves Rocher scrisse un libretto contenente varie affermazioni contro una casa di moda concorrente. Il contenuto di tale documento fu rapidamente diffuso in rete e reso accessibile a tutti. La casa di moda concorrente accusò Yves Rocher per diffamazione, chiedendo che il contenuto dell'opera fosse rimosso da tutta la rete. Lo stilista si difese sostenendo l'impossibilità tecnica di rimuovere un documento una volta pubblicato sulla rete internet . La Corte francese diede ragione alla casa di moda concorrente, condannando lo stilista per diffamazione, sostenendo che questi non aveva dimostrato di aver adottato tutte le misure idonee ad impedire la diffusione del documento sulla rete a cominciare dal sito dove si ebbe la prima pubblicazione (37).

Cenni conclusivi

La situazione europea sembra avviarsi verso una responsabilità del provider per violazione del copyright più estesa rispetto alla responsabilità per materiale offensivo o diffamatorio. Nel primo caso si ritiene che vi sia un obbligo in capo al provider di bloccare la violazione nel momento in cui ne venga a conoscenza, o, in alcuni casi, come in Gran Bretagna, nel momento in cui la violazione risulta essere conoscibile. Sia in Germania che in Olanda, ma non in Gran Bretagna ed in Francia, la responsabilità per diffamazione risulta invece limitata alla partecipazione diretta al fatto criminoso. Una ulteriore questione, affrontata soltanto dai giudici olandesi, è il problema della riconoscibilità dell'illiceità di un comportamento. Al riguardo il Tribunale dell'Aia ha considerato esistente un obbligo di intervento solo in presenza di una violazione inequivocabilmente chiara (38). Infine, in Germania, in Gran Bretagna e Olanda si esclude comunque una qualsiasi responsabilità in capo al "mero fornitore" di accesso alla rete telematica (39).

La responsabilità dell'internet provider in Italia

La normativa esistente applicabile alle violazioni su rete telematica

Le violazioni compiute su internet sono disciplinate in Italia da una serie di norme a seconda del tipo di illecito. Per le violazioni del copyright si applica la legge sulla protezione del diritto d'autore (Legge 22 aprile 1941 n. 633 e successive modifiche), che attribuisce all'autore od al titolare dei diritti commerciali di un'opera, il diritto di riprodurre l'opera e di renderla pubblica. Ogni riproduzione o trasmissione dell'opera non autorizzata va quindi considerata violazione del diritto d'autore. In materia di programmi informatici si applicano gli artt. 64-bis, 64-ter e 64-quater alla legge sul diritto d'autore introdotti dall'art. 5 del D.Lgs. n. 518/1992, la cosiddetta legge sulla protezione del software, che prevedono come diritto esclusivo "la riproduzione, permanente o temporanea, totale o parziale, del programma per elaboratore con qualsiasi mezzo o in qualsiasi forma" (40), così come la loro modifica e distribuzione. La legge sulla protezione del software ha inoltre esteso i casi di responsabilità penale introducendo la fattispecie indicata all'art. 171-bis della legge sul diritto d'autore, relativa ai casi di duplicazione e distribuzione abusiva a fine di lucro di programmi per elaboratore. In materia di tutela delle nuove tecnologie si fa anche riferimento alla legge sulla repressione della criminalità informatica (Legge n. 547/1993) che definisce alcune nuove fattispecie di reati commessi attraverso strumenti informatici, tra cui l'accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico (art. 615-ter c.p.), la detenzione e diffusione abusiva di codici d'accesso a sistemi informatici o telematici (art. 615-quater c.p.) e la diffusione di programmi diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico (art. 615-quinquies c.p.), oltre che il danneggiamento di sistemi informatici (art. 635-bis c.p.) (41). Con riguardo ai reati commessi su rete telematica vanno ricordati l'art. 595 c.p., per i messaggi a contenuto diffamatorio, l'art. 414 c.p., per l'istigazione a delinquere e l'apologia di reato, l'art. 256 c.p. e segg. per lo spionaggio politico o militare e la rivelazione di notizie di cui sia vietata la divulgazione, l'art. 528 c.p. nel caso di pubblicazioni oscene, l'art. 3 della Legge 654/1973 e successive modifiche nel caso di istigazione all'odio ed alla discriminazione razziale. In sede penale occorre inoltre fare riferimento alle norme sul concorso di persone nei reati per cui, insieme a chi ha direttamente commesso il fatto criminoso, è penalmente responsabile colui che ha contribuito al suo realizzarsi attraverso un comportamento commissivo od omissivo. In sede civile, invece, si farà soprattutto ricorso alle norme sulla responsabilità per fatto illecito.

Sulla base della legge sul diritto d'autore, le comunicazioni non autorizzate di opere protette via rete telematica sono punibili sulla base dell'art. 171, lett. (a), l.a. nel caso in cui l'opera comunicata non sia stata ancora resa pubblica. Nel caso invece di pubblicazione abusiva di opere protette già precedentemente rese pubbliche (42), è applicabile l'art. 171, lett. (b) e (c), l.a. Nel caso infine si tratti di pubblicazione o comunicazione non autorizzata di programmi per elaboratore, purché effettuata a fini di lucro, è applicabile l'art. 171-bis l.a. (43). In tutti i casi sopraindicati la normativa si riferisce al diretto responsabile del comportamento lesivo.

Più difficile invece è identificare quali siano le norme applicabili per individuare la responsabilità del provider per le violazioni commesse dai terzi utenti sul suo server . Per attribuire una responsabilità all'internet provider per fatti commessi da terzi si è fatto inizialmente ricorso alle norme sulla responsabilità dell'editore di una testata giornalistica ed in particolare all'art. 57 c.p., relativo ai reati commessi a mezzo di stampa, equiparando il gestore di un sito internet ad un responsabile editoriale e attribuendogli l'obbligo di verificare la legittimità di tutto il materiale pubblicato sul proprio server , compreso quello inviato da terzi. Parte della dottrina ha fatto inoltre riferimento allart. 30 della Legge n. 223/90, che attribuisce gli stessi obblighi dell'editore di una testata giornalistica al gestore di una radio o di una televisione. Il provider sarebbe quindi corresponsabile dell'illecito del terzo utente sulla base di una sorta di culpa in vigilando , consistente nel mancato adempimento dell'obbligo di monitoraggio del materiale inviato sul proprio server , obbligo sancito appunto dagli artt. 57 c.p. e 30 della Legge n. 223/90.

L'orientamento adottato fino ad oggi: il provider "colpevole"

La teoria della culpa in vigilando fu adottata l'8 agosto 1996 dal Tribunale di Napoli che emise un'ordinanza affermando la responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c. del provider per aver "autorizzato, consentito, o comunque agevolato il comportamento illecito" di un suo utente colpevole di aver diffuso in rete messaggi promozionali contenenti nomi e marchi appartenenti a società concorrenti. Il giudice di Napoli riconobbe gli estremi della concorrenza sleale per il diretto responsabile dei messaggi e della compartecipazione colposa per il provider , assimilabile ad un responsabile editoriale, in quanto "il proprietario di un canale di comunicazione destinato a un pubblico di lettori - al quale va equiparato quale organo di stampa un sito internet - ha l'obbligo di vigilare sul compimento di atti di concorrenza sleale eventualmente perpetrati attraverso la pubblicazione di messaggi pubblicitari di cui deve verificare la natura palese, veritiera e corretta, concorrendo, in difetto, e a titolo di responsabilità aquiliana nell'illecito di concorrenza sleale" (44). Il giudice di Napoli fece chiudere il sito del provider riservandosi di entrare in seguito nel merito della vicenda per stabilire l'ammontare del risarcimento dei danni. La scelta del giudice di Napoli è difficilmente condivisibile: va considerata infatti l'impossibilità pratica di controllare ogni messaggio inviato su un server . Non pare neppure corretto il ricorso per analogia alla figura del responsabile editoriale con il conseguente riconoscimento di un obbligo di controllo sul materiale pubblicato (45). Una responsabilità concorsuale del provider per fatti commessi da terzi potrebbe essere riconosciuta soltanto in presenza di un comportamento consapevole, che concretamente agevoli l'illecito del terzo. Al contrario le comunicazioni su un sito internet avvengono normalmente in modo automatico senza alcun intervento del provider . La dottrina - anche se in materia penale - riconosce il solo caso di responsabilità concorsuale quando la volontà del provider interviene durante il realizzarsi del reato, cioè nel momento in cui "il collegamento in rete faccia capo ad un server centrale e sia positivamente dimostrata, in capo a chi lo gestisce, la conoscenza dell'altrui intenzione di commettere reati e, dunque, la volontà di agevolare la realizzazione concorsuale consentendo (o mantenendo) il collegamento" (46).

Per attribuire una responsabilità all'internet provider senza fare riferimento alla figura del responsabile editoriale, si è fatto anche ricorso all'art. 2050 c.c., assimilando l'attività di gestione di un server di rete alle attività cosiddette pericolose, con la conseguenza che in caso di un fatto illecito commesso da un utente di un sito internet , anche il gestore del sito può essere considerato responsabile, salvo non provi "di aver adottato tutte le misure idonee per evitare il danno". Tra le "misure idonee" si è compreso, ovviamente, il monitoraggio di tutti messaggi inviati sul proprio sito.

Una recente decisione che ha confermato il principio secondo cui un sito Web è paragonabile ad una testata di giornale è quella del Tribunale di Bari dell'11 giugno 1998 (47). La controversia riguardava la titolarità dei diritti su un marchio e su un progetto editoriale denominato "Mondo Italia" sviluppato su un sito internet . Il ricorrente sosteneva di essere l'autore del progetto informatico, proposto e realizzato con la collaborazione della testata Giornalistica Regionale della sede RAI di Bari. Dopo un periodo di rodaggio, nel 1995 il sito della TGR fu messo in rete, ma qualche mese dopo l'autore fu estromesso ed il suo nome cancellato dal sito internet . Il ricorrente reclamava quindi la paternità del progetto e la richiesta di vedere il proprio nome indicato sul sito della TGR. Il tribunale riconobbe che un sito internet "si configura come un peculiare giornale telematico ... un'opera intellettuale di carattere creativo, proteggibile in base alla legge sul diritto d'autore"; così, "come l'autore di un libro conserva sempre il diritto a vedere riportato il proprio nome sulla copertina del libro da lui scritto, così [il ricorrente] certo non ha perduto il diritto di vedere indicato nella cosiddetta home page il proprio nome unitamente a quello del titolo dell'opera".

La decisione del Tribunale di Roma del 4 luglio 1998: un nuovo orientamento?

Fino a qualche mese fa il ricorso alle norme sul responsabile editoriale di una testata giornalistica con il conseguente obbligo di monitoraggio del materiale inviato in rete da parte del provider , sembrava quindi la soluzione comune adottata dalla totalità dei giudici italiani. Ne erano una conferma le varie operazioni di polizia contro diversi internet providers considerati "responsabili" per fatti commessi dai loro utenti. Una delle ultime operazioni di questo tipo, è stato il sequestro dell'intero sito "Isole della Rete", avvenuto nell'estate del 1998. Sul sito erano stati inviati messaggi che invitavano a boicottare un'agenzia specializzata in viaggi in Turchia (48). Detto approccio giurisprudenziale sembra invece essere stato sconvolto dalla decisione del Tribunale di Roma del 4 luglio 1998. La controversia trae origine dall'invio da parte di un utente di un messaggio sul newsgroup it.economia.analisi-tech . Il newsgroup era gestito dalla società Pantheon ed ospitato sul sito internet di Agorà Telematica. Il messaggio conteneva osservazioni e considerazioni critiche rivolte verso una banca locale tanto da essere considerato diffamatorio e lesivo dell' "onore, decoro e reputazione" della banca stessa. La banca decideva allora di agire nei confronti dell'autore del messaggio, dell'amministratore del sistema che ospitava il newsgroup e dello stesso responsabile della Pantheon. Il Tribunale di Roma ha considerato il messaggio nei limiti del diritto di critica e quindi non diffamatorio. Ha quindi escluso ogni responsabilità, ma non si è limitato a questo. Ha infatti esteso la sua decisione indicando quali sarebbero i possibili obblighi e quindi le relative responsabilità del gestore di un sito internet . Il gestore di un sito internet non ha, secondo il Tribunale di Roma, "nessun potere di vigilanza e controllo sui messaggi immessi in rete". L'internet provider , continua il Tribunale, "si limita a mettere a disposizione degli utenti lo spazio 'virtuale' dell'area di discussione e nel caso di specie, trattandosi di un newsgroup non moderato, non ha alcun potere di controllo e vigilanza sugli interventi che vi vengono inseriti" (49). La decisione del Tribunale di Roma è certamente una svolta fondamentale nella definizione della responsabilità del provider . Finalmente si esclude anche in Italia un obbligo di controllo e monitoraggio per il provider sui dati inviati da terzi sul proprio server(50). In particolare si fa riferimento ai newsgroups come ad uno "spazio virtuale" messo a disposizione dal provider per gli utenti, dove questi possono discutere e comunicare in piena libertà senza nessun controllo da parte del titolare del server , salvo che non siano gestiti da un moderatore. Il Tribunale di Roma non risolve tutte le questioni relative alla responsabilità del provider . Non ci dice, ad esempio, se il titolare di un newsgroup moderato debba essere considerato responsabile per le comunicazioni inviate da terzi (51). Allo stesso modo nulla è detto riguardo eventuali responsabilità successive dell'internet provider per non aver provveduto a cancellare il messaggio lesivo quando ne viene a conoscenza. La decisione di Roma è comunque importante per aver negato quel principio di identità tra testata giornalistica e sito internet che sembrava essere la soluzione comune adottata dai giudici italiani. E inoltre importante per aver comunque escluso che un gestore di un sito internet abbia un obbligo di controllo sul materiale inviato dai suoi utenti (52). A commento della decisione del Tribunale di Roma si è detto che "ciò non significa affatto che il gestore del server possa comunque mantenere sul server materiale potenzialmente dannoso senza risponderne. Nel momento stesso in cui il provider viene avvisato da chi si ritiene danneggiato da qualcosa posto sul server che ciò gli procura un danno, la sua posizione cambia radicalmente. (...) Dal momento in cui è stato avvisato che attraverso il suo server è in atto un comportamento dannoso, egli deve quindi scegliere se sospendere prudenzialmente la visibilità del messaggio incriminato, o mantenerlo in linea, contribuendo così ad incrementare il danno provocato dal messaggio diffamatorio" (53). Tali affermazioni vanno condivise considerando che solo il provider è in grado di cancellare il messaggio registrato sul proprio server . Escludere quindi in ogni modo una responsabilità del provider per il materiale inviato da terzi comporterebbe che il danno inizialmente causato dal comportamento dell'utente possa essere ulteriormente aggravato da una eventuale "inerzia" del provider .

E allora quale responsabilità per l'internet provider?

Un sito internet è composto da diverse sezioni: le pagine Web , normalmente curate dal provider , ma che possono anche essere realizzate dagli utenti, i newsgroups , i database on line , che possono essere gestiti direttamente dal provider o da terzi, le chat lines , etc. La decisione del Tribunale di Roma sopra ricordata può essere estesa ai newsgroups ed a tutte quelle sezioni di un sito internet non gestite e curate direttamente dal provider . Alle sezioni, o pagine Web , curate e gestite direttamente dal provider vanno certamente applicate le norme sulla responsabilità a mezzo stampa e sulla tutela del copyright (54). Sulla base della decisione di Roma, si deve invece escludere un obbligo di controllo preventivo in capo al gestore del sistema per i newsgroups , le mailing lists , le pagine Web personali e tutti quegli "spazi virtuali" non gestiti direttamente dal provider . Fanno parte di questi "spazi virtuali" anche le porzioni di memoria del server messe a disposizione per le comunicazioni via posta elettronica, considerate oggi al pari della corrispondenza ordinaria sulla base dell'art. 616 c.p., modificato dall'art. 5 della Legge n. 547/1993, e quindi inviolabili nella loro segretezza come sancito dall'art. 15 della Costituzione.

A parere di chi scrive, conformemente alla decisione del Tribunale dell'Aia ed alle più recenti decisioni statunitensi sopra ricordate, si potrebbe riconoscere in capo al provider una responsabilità extracontrattuale per non aver messo in atto tutte le misure idonee ad impedire il protrarsi dell'illecito commesso da un utente, data la conoscenza o conoscibilità del fatto dannoso. Tali misure dovrebbero includere sia la richiesta di rettifica al responsabile del fatto, ad esempio nel caso di messaggi diffamatori o confusori, sia la possibile cancellazione del messaggio o del file lesivo dal proprio server . Nel caso di Roma, la questione della cancellazione del messaggio non fu sollevata in quanto era il sistema stesso che provvedeva a cancellare automaticamente tutti i messaggi ogni 20 giorni senza alcun intervento del provider . Tali misure possono essere considerate tra le cosiddette norme di "buona condotta tecnica" (55) che qualificano come "professionalmente diligente" il comportamento del provider che le applica. L'art. 1176 c.c., II comma, afferma che "nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività prefessionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata"; il provider che non applica quelle regole di "buona condotta tecnica" che qualificano il suo comportamento come "professionalmente diligente", in presenza di un fatto illecito commesso da un utente sul suo sito internet , va considerato corresponsabile per l'ulteriore danno causato. Si deve in ogni modo escludere una responsabilità penale del provider per fatti compiuti da terzi nel pieno rispetto del principio della soggettività della responsabilità penale e del divieto di analogia in malam partem , salvo il caso in cui il provider abbia consapevolmente e concretamente agevolato il terzo nel commettere la fattispecie criminosa (56).

Un'ultima osservazione riguarda la riconoscibilità dell'illecito da parte del responsabile del sistema informatico. Anche nel caso in cui l'internet provider fosse a conoscenza dell'esistenza sul proprio server di materiale con un possibile contenuto lesivo, occorre domandarsi se ha il potere di eliminare detto materiale con il rischio di ledere o limitare la libertà di espressione e di critica dei propri utenti. La soluzione adottata dal giudice dell'Aia sopra ricordata fu quella di considerare colpevole l'inerzia del provider di fronte ad una violazione "inequivocabilmente chiara". Tuttavia, la soluzione da adottare sembra non essere quella di fissare dei criteri per distinguere tra una presunta violazione od un'altra, ma piuttosto di attribuire il potere al provider di rimozione del materiale inviato sul proprio server a prescindere da una concreta constatazione dell'illecito (57). Nel caso esaminato dal Tribunale di Roma, il server che conteneva il newsgroup era stato programmato in modo da eliminare i messaggi periodicamente ogni 20 giorni, per evidenti esigenze di spazio. Sembra opportuno che i providers concludano con i propri utenti contratti di accesso ai newsgroups ed alle proprie pagine personali in modo da garantirsi, non un potere di controllo, ma la facoltà di rimuovere liberamente sia per esigenze di spazio, che per ogni altro motivo i messaggi ed i files inviati sul proprio server , senza alcun obbligo di preavviso e di motivazione verso i propri utenti. Occorre infatti ricordare che "la sua inerzia o un suo rifiuto alla rimozione sarebbe un comportamento omissivo che, sotto certi aspetti, potrebbe essere ritenuto atto ad aumentare il danno procurato dall'autore del messaggio offensivo; il che, allo stato attuale della nostra legislazione e della nostra giurisprudenza, potrebbe essere tuttora ritenuto fonte di responsabilità aquiliana a carico del provider" (58) .

Sarà quindi opportuno che le clausole contrattuali tra un utente e l'internet provider includano almeno le seguenti dichiarazioni (59):

  • l'utente riconosce che il provider non svolge alcun servizio di regolamentazione o di controllo dei messaggi inviati da terzi;
  • l'utente garantisce che il materiale (messaggi, immagini, files , etc.) da lui inviato sul server del provider è di pubblico dominio oppure è materiale di cui possiede tutti i diritti necessari affinché possa essere inviato sul server del provider ;
  • l'utente riconosce il diritto del provider di riprodurre tale materiale, di metterlo a disposizione degli altri utenti, di memorizzarlo sulle proprie macchine ed eventualmente di rimuoverlo senza preavviso e senza nessuna motivazione; ed infine
  • il provider non si assume nessuna responsabilità sul materiale inviato da terzi, né sull'uso che tale materiale possa essere fatto dagli altri utenti.

Da ultimo potrebbe essere previsto un obbligo di indennizzo affinché l'utente garantisca la copertura di ogni danno che il provider subisca a seguito di pretese avanzate da terzi per ogni violazione commessa dall'utente stesso sul server del provider . Per gli utenti di altri providers , con cui il provider non può concludere alcun accordo scritto, è perlomeno opportuno prevedere al momento in cui questi accedono al sito del provider , una clausola di esclusione di responsabilità di contenuto analogo a quello indicato in precedenza (60). E' da ricordare, infine, che il rischio di una eventuale responsabilità per fatti compiuti da terzi ha recentemente portato alcune compagnie di assicurazione statunitensi (61) a predisporre - ovviamente sempre su internet - forme assicurative specifiche per gli internet providers che coprono sia le eventuali responsabilità dirette del provider sia ogni forma di danno derivante da un comportamento illecito compiuto dai terzi utenti.


gattei@iperbole.bo.it

Carlo Gattei e' consulente informatico-giuridico a Bologna. E' membro di GEMINI, il network di consulenti in Project Management, International Contracts, Tax Consulting e Information Technology & Law.


NOTE

(1) Il World Wide Web è l'ormai famosissimo set di protocolli informatici che consente comunicazioni multimediali attraverso una rete telematica e lungo le normali linee telefoniche. Una pagina Web è un documento registrato su un computer-nodo della rete che può contenere testo, immagini, filmati, suoni, etc. e che può essere visualizzato da chiunque si colleghi al nodo utilizzando un programma informatico chiamato browser. I newsgroups sono luoghi sulla rete dove chiunque può spedire un proprio messaggio, o un file, a cui altri utenti possono accedere liberamente. Le mailing lists sono invece liste ristrette a cui un possessore di posta elettronica può iscriversi, ricevendo in questo modo tutti i messaggi diretti alla mailing list e a sua volta potendone inviare propri agli altri sottoscrittori. Infine le chat lines, o IRC, sono spazi della rete dove più utenti possono collegarsi e comunicare tra loro on line, al pari di una telefonata via computer.

(2) Sabrina Magli e Marco Saverio Spolidoro distinguono nel loro articolo La responsabilità degli operatori in Internet: profili interni e internazionali, Diritto dell'Informazione e dell'Informatica, 1997, pagg. 61 e segg., tra "illeciti di Internet", ovvero quelle violazioni commesse dai soggetti che regolano l'accesso alla rete, "illeciti contro Internet", ovvero quelle attività commesse dagli utenti a danno della rete e dei suoi operatori, ed infine "illeciti per mezzo di Internet", cioè tutte le violazioni commesse attraverso la rete. Tra queste ultime gli autori individuano, limitatamente alla responsabilità civile, l'uso improprio di marchi altrui, gli atti di concorrenza sleale, gli illeciti contro i diritti della personalità e le violazioni al diritto d'autore. Carlo Serra e Marco Strano nel loro Nuove frontiere della criminalità. La criminalità tecnologica, 1997, Giuffrè editore, presentano invece un'analisi delle tipologie criminali applicate alle tecnologie informatiche. Tra queste una sezione è dedicata agli aspetti criminali della rete internet con l'indicazione di esempi di reati commessi su una rete telematica. Una casistica di reati commessi su internet è anche descritta in Carlo Sarzana di S. Ippolito, Problemi terminologici e responsabilità del sysop, pubblicato sul sito InterLex all'indirizzo http://www.interlex.com/inforum/interv97.htm/sarzana.htm.

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(3) Per comprendere la nuova disciplina del diritto d'autore in Italia si veda Laura Chimienti, Lineamenti del nuovo diritto d'autore, direttive comunitarie e normativa interna , 1996, Giuffrè. Per un'analisi della situazione europea del diritto d'autore e le nuove tecnologie, si veda anche Olivier Hance, European Intellectual Property Law and Multimedia: Presentation of a Status in Evolution e Thomas Hoeren, Legal Aspects of Multimedia in Europe , entrambi pubblicati in Klaus Brunnstein, Peter Paul Sint, Intellectual Property Rights and New Technologies , Proceedings of the KnowRight 95 Conference, München, 1995.

(4) Per un'analisi della situazione italiana in materia di tutela della riservatezza e nuove tecnologie si veda Giovanni Buttarelli, Banche dati e tutela della riservatezza , 1997, Giuffrè, che contiene un commento alle due nuove leggi in materia, la n. 675 e n. 676 del 31 dicembre 1996. In particolare si legge (pag. 577) che l'art. 1, comma 1, lett. n della legge delega n. 676, "impegna il Governo ad individuare alcune modalità affinché la legislazione in materia di protezione dei dati possa essere applicata con minori difficoltà ai servizi di comunicazione e di informazione offerti per via telematica. Il decreto delegato interesserà il complesso flusso di dati in ambito internet che coinvolge, anche in Italia, un numero crescente di individui ed imprese".

(5) Un caso famoso di controversia in materia di marchi in rete fu quello tra le riviste Playboy e Playmen , caso discusso dalla U.S. District Court di New York nel giugno 1996. La questione sorse poiché negli Stati Uniti fu vietato l'uso del marchio Playmen considerato come confusorio rispetto al nome commerciale Playboy . La questione era se rendere comunque accessibile negli Stati Uniti il sito internet della rivista italiana Playmen , sito registrato su un server in Italia. La corte statunitense decise di impedire l'accesso al sito playmen.it ai soli utenti statunitensi per tutelare il marchio Playboy , stabilendo che "while this Court has neither the jurisdiction nor the desire to prohibit the creation of Internet sites around the globe, it may prohibit access to those sites in this country". Si veda anche Sabrina Magli, Marco Saverio Spolidoro, La responsabilità degli operatori in Internet: profili interni e internazionali , op.cit.

(6) Con il termine internet provider si identifica il soggetto che fornisce a terzi l'accesso alla rete telematica oltre che una serie di servizi quali la posta elettronica, i newsgroups , lo spazio per la costruzione di proprie pagine Web , etc. L'internet provider è generalmente una impresa che si avvale di propri dipendenti per la gestione delle macchine, o servers , necessarie per l'accesso alla rete. Il tecnico che si occupa direttamente della gestione del server di un internet provider è chiamato amministratore di sistema, o sysop . Per una completa identificazione dei soggetti di internet si veda S. Sarti, I soggetti di Internet , in AIDA, 1996, p. 5 e segg. La Legal Guide for Information Service Providers and Users pubblicata dall'European Information Industry Association (EIIA ) nel febbraio 1995, definisce l'electronic information service provider come "an organisation/a company that produces and/or distributes electronic information products to the users. The distribution can take place using telecommunication facilities or in tangible form, on optical or magnetic media, e.g. CD-ROM, diskettes, etc.".

(7) Per una chiara presentazione dei rischi che un internet provider può subire per fatti commessi da terzi utenti, si veda Barbara Donato, La responsabilità dell'operatore di sistemi telematici . Diritto dell'Informazione e dell'Informatica, 1996, pagg. 135 e segg.

(8) Orsola Torrani e Sara Parise scrivono nel loro Internet e diritto , 1997, Il Sole 24 Ore Pirola, che "soprattutto quando il computer sia a disposizione di più soggetti agenti all'interno di una stessa struttura, l'identificazione dell'autore dell'illecito si arresta all'individuazione del punto di partenza del messaggio e non può evitarsi la possibilità di un intervento di terzi estranei. E anche possibile, più semplicemente, che l'utente utilizzi in modo fraudolento l'identificazione di un altro utente o alteri il proprio indirizzo elettronico (c.d. soofing )". Si veda anche Paolo Nuti, Ma i "log" non bastano per rintracciare i presunti malfattori , 11 giugno 1998, accessibile su http://www.interlex.com/inforum/interv97.htm/pnuti4.htm.

(9) Un esempio di differenti situazioni normative si ha nel caso di pubblicazione in rete di messaggi contenenti apologie del nazismo o istigazioni alla discriminazione razziale, che negli Stati Uniti e nel Canada sono comportamenti tutelati dal principio della libertà di espressione, mentre in diversi paesi europei sono previsti come reati. Allo stesso modo è difficilmente punibile la pubblicazione di materiale protetto effettuata su un server di un paese non aderente alla Convenzione internazionale di Berna sul diritto d'autore. Per una valutazione del complesso problema della legge applicabile, che in questa sede non sarà approfondito, si veda Sabrina Magli, Marco Saverio Spolidoro, La responsabilità degli operatori in Internet: profili interni e internazionali , op.cit.

(10) E' bene ricordare come accennano Sabrina Magni e Marco Saverio Spolidoro nel loro articolo La responsabilità degli operatori in internet: profili interni e internazionali , op.cit., pag. 81, che "in tutti i casi verificatisi negli Stati Uniti l'autore ha preferito citare in giudizio il provider in quanto soggetto sempre conosciuto e, probabilmente, economicamente più stabile".

(11) Nel caso Compuserve , che la magistratura tedesca ha avuto occasione di esaminare qualche mese fa, sono state emanate diverse ordinanze con le quali si ordinava a Compuserve di impedire l'accesso ai suoi abbonati a siti violenti, pornografici, filonazisti, oltre che il controllo dei contenuti sui propri newsgroups . Il caso ha contribuito a definire la nuova legge tedesca in materia di responsabilità del provider di cui si parlerà nel seguito di questo articolo.

(12) Si veda Liability for On-Line Intermediaries . Institute for Information Law, Amsterdam, August 1997. IMPRIMATUR Esprit Project Report.

(13) Un Bullettin Board System , o BBS , non è altro che un sito della rete telematica a cui gli utenti possono accedere, normalmente previo abbonamento, e dove possono dialogare con altri utenti, caricare (upload ) o scaricare (download ) files di vario tipo: immagini, filmati, software, etc.

(14) Un commento alla decisione della Corte statunitense sottolinea come "Scientology's attempt to assert liability over Netcom for copyright infringement simply cannot be supported, argues Netcom. It is a passive transmitter with no knowledge or control over the content of communications that pass over its access lines. The requested extension of liability for copyright infringement to Internet access providers over whose transmission lines Internet users may convey infringing material, is, observe Netcom, akin to seeking redress against the telephone company for torts commited by telephone". Jonathan Rosenoer, Internet Infringement , 1995, CyberLaw.

(15) Secondo la giurisprudenza statunitense, la vicarious liability richiede il vantaggio economico-finanziario del soggetto responsabile come effetto dell'illecito del terzo. Si veda Liability for On-Line Intermediaries , op.cit.

(16) La regola adottata dai consulenti legali fu quella che i providers potevano essere considerati "as innocent infringers where they had no knowledge of the infringement, no intent to infringe, and immediately removed copyright-infringing material from their systems". William J. Cook, Deputizing the ISPs , 1996, The Recorder.

(17) Si è detto in questo caso che il non eliminare rapidamente il materiale illecito dal proprio server nel momento in cui se ne è avuta conoscenza rivela una qualche forma di volontà (element of volition ) affinché la violazione continui. William J. Cook, Deputizing the ISPs , op.cit

(18) In linea con le conclusioni a cui la giurisprudenza statunitense è giunta, va ricordato che nel documento White Paper on the Intellectual Property and the National Information Infrastructure , della Information Infrastructure Task Force, Washington D.C., September 1995, pag. 117, si suggeriva di non escludere completamente ogni responsabilità del service provider sulla base del fatto che "on line service providers [...] are in the position to know the identity and activities of their subscribers and to stop unlawful activities. And, although indemnification from their subscribers may not reimburse them to the full extent of their liability and other measures may add to their costs of doing business, they are still in a better position to prevent or stop infringement than the copyright owner. Between these two relatively innocent parties, the best policy is to hold the service provider liable".

(19) Una recente decisione sulla responsabilità del provider si è avuta nel dicembre 1997, nel caso Enterprises, Inc v. Webworld , relativa, come nel caso Playboy Enterprises, Inc. v. Frena , a pubblicazioni non autorizzate di immagini protette da copyright. La Corte ha riconosciuto Webworld direttamente responsabile in quanto diretto fornitore delle immagini protette. Si veda Electronic Information. Policy & Law Report . BNA, vol. 3, No. 4, January 28, 1998.

(20 Una delle prime decisioni sulla responsabilità penale del provider fu adottata nel 1984, quando un amministratore di sistema fu incriminato per avere resi pubblici diversi codici di carte di credito telefoniche rubate. Tuttavia il problema di comunicazioni offensive inviate dagli utenti esplose durante i primi anni 90 con lo sviluppo della rete internet .

(21) Secondo la Corte statunitense, Prodigy "held itself out as an on-line service that exercised editorial control over the content of messages posted on its computer bulletin boards, thereby expressly differentiating itself from its competition and expressly likening itself to a newspaper". Liability for On-Line Intermediaries , op.cit.

(22) La Corte statunitense sostenne nel caso che "distributor liability treats a distributor as a publisher or third party statements where the distributor knew or had reason to know that the statements were defamatory. It follows that Zerans attempt to impose distributor liability on AOL is, in effect, an attempt to have AOL treated as the publisher of the defamatory material". Liability for On-Line Intermediaries , op.cit.

(23) Il Par. 230 (c)(1) del Telecommunications Act recita testualmente: "no provider or user of an interactive computer service shall be treated as the publisher or speaker of any information provided by another information content provider". Si noti però che l'articolo 230 (d)(2) esclude l'applicabilità della norma di cui sopra alla disciplina dei diritti di proprietà intellettuale. Si veda Liability for On-Line Intermediaries , op.cit.

(24) Nel 1996, nello stato del Wisconsin è stata emanata una legge (Wisconsin Bill Act 852 del 1996) in materia di diffamazione in rete che stabilisce che l'internet provider è corresponsabile del fatto del terzo nel caso in cui sia a conoscenza del materiale lesivo oppure non si sia prontamente attivato per eliminarlo nel momento in cui venga informato della sua presenza sul suo server . Si legga Renzo Ristuccia e Luca Tufarelli, La natura giuridica di Internet e la responsabilità del provider , 19 giugno 1997, disponibile su InterLex all'indirizzo http://www.interlex.com/inforum/interv97.htm/ristufa.htm.

(25) Riguardo alla primary liability questa è esclusa "where he has no influence over the contents, arguably, the same should go for a cable service operator and, consequently, for an access or service provider". Liability for On-Line Intermediaries , op.cit.

(26) Testualmente il Par. 24 (2) dell'UK Copyright Act recita: "copyright in a work is infringed by a person who without the license of the copyright owner transmits the work by means of a telecommunication system (otherwise than by broadcasting or inclusion in a cable programme service), knowing or having reason to believe , that infringing copies of the work will be made by means of the reception of the transmission in the UK or elsewhere". Liability for On-Line Intermediaries , op.cit.

(27) Si legga It could happen to you too , webWright, disponibile su ma.hrc.wmin.ac.uk. Nello stesso articolo è presentato un ulteriore recente caso in materia di violazione del copyright che ha riguardato il sito della Shetland News , un pubblicazione su internet , contenente links o collegamenti al sito della rivista concorrente Shetland Times . La Shetland Times ha deciso alcuni anni fa di agire per violazione del copyright contro la Shetland News . La Corte scozzese di Edimburgo alla fine del 1996 ha vietato in via preliminare (cosiddetto interim interdict ) alla Shetland News di introdurre links nei propri articoli su internet verso gli articoli della Shetland Times . Se la Corte riconoscerà la pretesa della Shetland Times , ciò potrebbe significare che, almeno in Scozia e forse in Inghilterra, sarà vietato inserire links nelle proprie pagine Web verso altri siti internet senza prima aver ottenuto l'autorizzazione da questi ultimi. Il caso Shetland News è anche descritto presso il sito della rivista http://www.shetland-news.co.uk.

(28) Il Par. 1 (3) dell'UK Defamation Act stabilisce che "a person shall not be considered the author, editor or publisher of a statement if he is only involved (a) in printing, producing, distributing or selling printed material containing the statement; (b) in processing, making copies of, distributing, exhibiting or selling a film or sound recording (as defined in Part I of the Copyright, Designs and Patents Act 1988) containing the statement; (c) in processing, making copies of, distributing or selling any electronic medium in or which the statement is recorded, or in operating or providing any equipment, system or service by means of which the statement is retrieved, copied, distributed or made available in electronic form ; (d) as the broadcaster of a live programme containing the statement in circumstances in which he has no effective control over the maker of the statement; (e) as the operator of or provider of access to a communications system by means of which the statement is transmitted, or made available by a person over whom he has no effective control ".

(29) AG Nagold, Oktober 31, 1995, CR 1996/4, p.240.

(30) LG Stuttgart, November 17, 1987, disponibile sul sito http://www.netlaw.de.

(31) Frithjof A. Maennel e Beth Noveck, Germany Enacts Sweeping Internet/Multimedia Law , in IP WorldWide, November/December 1997, The New York Law Publishing Company.

(32) Corte Suprema dell'Aia, 14 Gennaio 1983, NJ 1984, 696.

(33) Corte distrettuale di Rotterdam, 24 Agosto 1995, AMI 1996/5, p. 101.

(34) Corte distrettuale dell'Aia, 12 Marzo 1996, 96/160. La sentenza dell'Aia è commentata da Maurits Dolmans e Annette Schild nel loro Copyrights and the Internet , Fourth Annual Conference on International Intellectual Property Law & Policy, New York, 11 e 12 aprile 1996.

(35) Il 24 ottobre 1997 l'Unione Europea pubblicò una minuta relativa alla risoluzione in materia di tutela dei minori e delle dignità umana in cui si afferma che gli operatori si devono assumere una responsabilità illimitata, civile e penale, per i contenuti che loro stessi hanno messo a disposizione sul proprio sito e che devono inoltre assumersi una responsabilità dei contenuti esterni da essi resi accessibili, se i singoli contenuti gli sono positivamente noti e se è loro tecnicamente possibile ed accettabile impedirne l'evento. Si veda più avanti nella nota 50 di questo articolo come la nuova legge italiana in materia di sfruttamento dei minori punisca anche la distribuzione via rete telematica del materiale incriminato.

(36) Si veda Cass. Crim. 17 Novembre 1992, J.C.P, 1993, ed. G, IV, 598.

(37) TGI Paris, 16 aprile 1996, REF 54240/96. Un caso precedente riguardò la richiesta della Associazione Francese degli Studenti Ebraici (EEJF ) che accusò diversi providers chiedendo che fosse vietato l'accesso a numerosi siti contenenti documentazione anti-semita presenti in rete, sulla base del fatto che in Francia pubblicare documenti contenenti affermazioni anti-semite è penalmente perseguibile. La Corte francese negò la richiesta della UEJF considerandola vaga ed eccessiva. TGI Paris, 12 giugno 1996, disponibile sul sito http://www.aui.fr.



(38) Il 17 febbraio 1995, in Svizzera il responsabile del Post, Telefon und Telegraphendienste fu riconosciuto responsabile di concorso nella diffusione di materiale pornografico a minori attraverso la linea telefonica per non aver provveduto a bloccare l'attività della linea fornita dal PTT ad una agenzia nonostante la richiesta dell'Autorità giudiziaria. Il responsabile del PTT si rifiutò di procedere al blocco della linea adducendo la necessità di una sentenza esecutiva di condanna nei confronti dei soggetti contro cui si procedeva. Si tratta probabilmente del primo caso in Europa in cui la mancata ottemperanza ad un ordine dell'Autorità giudiziara è valutata come causa di concorso nel reato da parte di un provider .

(39) Si noti inoltre che nella Posizione Comune assunta dalla Commissione Europea il 16 ottobre 1996 sui contenuti illegali e lesivi in internet si legge che "il service provider è direttamente responsabile per il contenuto del materiale che immette personalmente in rete" e che "con riguardo al materiale illecito immesso in rete da terzi, il service provider è responsabile solo se a conoscenza dello specifico contenuto e se è tecnicamente possibile o ragionevole prevenirne la diffusione". Si veda Orsola Torrani, Sara Parise, Internet e diritto , op.cit.

(40) Si veda Quaderni di AIDA n.1, La legge sul software , a cura di Luigi Carlo Ubertazzi, 1994, Giuffré, per una completa analisi della legge sulla protezione dei programmi informatici.

(41) Paolo Galdieri, nel suo Teoria e pratica nell'interpretazione del reato informatico , 1997, Giuffrè, prende in esame la nuova legge 547 del 23 dicembre 1993 sui nuovi reati informatici, oltre che le norme penali introdotte dalla legge sul trattamento dei dati personali, la legge n. 675/96. In particolare si fa notare come il trattamento di dati personali, anche da parte di un internet provider - si pensi ad esempio alla posta elettronica registrata sul server del provider o alle password dei vari utenti contenute nei files del sistema che gestisce l'accesso al server - richiede l'adozione di misure necessarie alla sicurezza dei dati, per impedire che vengano manomessi o diffusi a causa di incidenti o comportamenti dolosi di soggetti esterni. Inoltre Gianni Buonomo nel suo La responsabilità del gestore del sistema informatico per omessa adozione di misure di sicurezza , 21 gennaio 1996, accessibile su http://www.interlex.com/inforum/interv97.htm/buonomo3.htm, prendendo in esame l'applicabilità all'internet provider dell'art. 615-ter del codice penale che punisce il delitto di "accesso abusivo ad un sistema telematico" afferma che "qualora la intrusione nel sistema informativo o il suo danneggiamento siano riconducibili alla scarsa diligenza del responsabile di sistema, questi potrà essere chiamato a risarcire il danno nei confronti dell'azienda e nei confronti dell'eventuale terzo danneggiato".

(42) Il WIPO Glossary of Terms of the Law of Copyright and Neighbouring Rights , pubblicato a Ginevra nel 1980 definisce le comunicazioni private come il "making a work, performance, phonogram or broadcast perceptible in any appropriate manner to persons in general, that is, not restricted to specific individuals belonging to a private group". Secondo tale definizione l'invio di messaggi alle mailing lists , essendo comunicazione diretta a gruppi ristretti di persone, potrebbe essere considerata comunicazione privata e quindi esclusa dall'applicazione dell'art. 171, lett. (b) e (c), l.a.

(43) Sergio Seminara nel suo articolo La pirateria su Internet e il diritto penale , AIDA, V-1996, Giuffrè, distingue inoltre il caso in cui "il newsgroups o la mailing-list sia governata da un moderatore. Il quale - controllando il contenuto dei dati pervenuti e decidendo in ordine alla loro disponibilità per gli utenti collegati - è l'autore della diffusione di essi e si espone così alla responsabilità ex art. 171 l.a. o, laddove il fatto sia commesso per colpa, ex art. 172 l.a.; mentre colui che abbia inviato i dati dall'esterno può assumere la qualifica di concorrente nel reato".

(44) L'ordinanza del giudice di Napoli dell'8 agosto 1996 è commentata su Orsola Torrani, Sara Parise, Internet e diritto , op.cit.

(45) Più volte la giurisprudenza (si veda per tutte Cass., 3 febbraio 1989, in Giust. pen., 1990, II, c. 74, in tema di videocassette registrate) ha affermato che "ai fini della configurabilità di una fattispecie criminosa come reato commesso con il mezzo della stampa, le definizioni che di stampa e stampati fornisce l'art. 1, l. 8 febbraio 1948, n.47, non sono suscettibili di interpretazione analogica e/o estensiva", laddove l'art. 1, l. 8 febbraio 1948, n.47 citato si limita a definire "stampe o stampati, ai fini di questa legge, tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione".

(46) Sergio Seminara, La pirateria su Internet e il diritto penale , op.cit., pag. 212.

(47) Disponibile sul sito http://www.interlex.com.

(48) L'ordinanza di sequestro del server di Isole nella Rete è disponibile presso il sito di InterLex, all'indirizzo internet http://www.interlex.com/inforum/interv97.htm/sequestr.htm.

(49) Tribunale di Roma, Sezione I, 4 luglio 1998, disponibile sul sito http://www.mailgate.org.

(50) La nuova Legge n. 269 del 3 agosto 1998 contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia e del turismo sessuale a danno di minori sembra però ripristinare il principio della responsabilità anche per il "distributore" del materiale incriminato. L'art. 3, II comma, afferma infatti che "chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma [che si riferiscono allo sfruttamento di minori per esibizioni pornografiche o per la produzione di materiale pornografico], con qualsiasi mezzo, anche per via telematica , distribuisce , divulga o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all'adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da lire cinque milioni a lire cento milioni". E' molto probabile che su alcuni siti internet o su newsgroups "copiati" sui news-servers di tutto il mondo queste informazioni siano presenti. Ciò potrebbe significare una responsabilità di qualsiasi provider per aver semplicemente consentito ai propri utenti di inviare questi dati sui newsgroups . Ed è indiscutibile che un provider possa essere considerato come un "distributore su rete telematica" di tali informazioni o files . L'unica soluzione per poter escludere una responsabilità del provider sembra in qualche modo ricorrere a quella che in Gran Bretagna viene chiamata la innocence dissemination , ovvero la distribuzione di materiale incriminato senza aver avuto alcun coinvolgimento nella produzione del materiale e senza essere a conoscenza di tale contenuto, anche se il dettato dell'articolo 3, II comma, della legge sopraindicata sembra punire la mera distribuzione di tale materiale, compresa quella "inconsapevole". Occorre però ricordare che limitatamente alle pubblicazioni a stampa si applica in Italia la Legge 375 del 1975 che afferma all'art. 1 che non sono punibili "i titolari e gli addetti a rivendita di giornali e di riviste per il solo fatto di detenere, rivendere o esporre, nell'esercizio della normale della loro attività, pubblicazioni ricevute dagli editori e distributori autorizzati ai sensi delle vigenti disposizioni. La stessa disposizione si applica ai titolari ed agli addetti ai negozi di vendita di libri e pubblicazioni non periodiche, salvo il caso che essi operino di concerto con gli editori ovvero con i distributori al fine specifico di diffondere stampa oscena. Le disposizioni di esonero della responsabilità di cui ai commi precedenti non si applicano quando siano esposte, in modo da renderle immediatamente visibili al pubblico, parti palesemente oscene delle pubblicazioni o quando dette pubblicazioni siano vendute ai minori di anni sedici". Manlio Cammarata ha commentato la nuova legge sul suo articolo I fornitori sono serviti , 18 giugno 1998, accessibile all'indirizzo internet http://www.interlex.com/inforum/interv97.htm/serviti.htm. Si veda inoltre l'articolo di Andrea Monti, Oscenità in rete: paga sempre il SysAdmin? , 1997, pubblicato su http://www.interlex.com/inforum/interv97.htm/a_monti8.htm, in cui si auspica, riferendosi all'art. 1 della Legge 375 del 1975, "un'estensione da realizzarsi con apposita legge, che attribuisca ai provider delle garanzie analoghe, stabilendo appunto la non punibilità dei soggetti che nell'ambito della normale attività ospitino sulle loro macchine materiale critico senza che questo sia direttamente esposto ai visitatori e consentendo l'accesso solo dietro una ragionevole individuazione dell'età dell'utente".

(51) Il Tribunale di Roma definisce il moderatore di un newsgroup come colui che "analizza i messaggi in arrivo e cancella gli interventi non in linea per forma o contenuto con i requisiti essenziali del gruppo". Il moderatore di un newsgroup sembra quindi svolgere la sola funzione di mantenere la discussione su uno specifico argomento e non funzioni di censura o di verifica della liceità dei messaggi inviati dai terzi utenti.

(52) Vincenzo Zeno Zencovich, difensore di Agorà Telematica, intervistato sull'argomento ha affermato che "la sentenza ha due aspetti estremamente interessanti dal punto di vista giuridico. Il primo aspetto è che viene finalmente stabilito che un internet provider non può controllare i messaggi, perchè è solo un centralinista, o un postino. Il secondo aspetto colpisce la tendenza a considerare i contenuti messi in rete come contenuti giornalistici, sottoposti quindi a tutte le norme che regolano la legge sulla stampa. E la sentenza di Roma fa chiarezza su entrambi i punti".

(53) Enzo Fogliani, Verso una irresponsabilità oggettiva del provider? , 24 luglio 1998, accessibile su http://www.interlex.com.

(54) Olivier Hance nel suo Internet e la legge , McGraw-Hill, 1997, scrive che "un access provider che fornisca, oltre all'accesso generale ad internet , anche un accesso alla propria chat line o al proprio server , sarà certo interessato a prevedere un esonero integrale di responsabilità quanto alle informazioni che gli utenti potrebbero, in generale, raccogliere su internet (server Web , gruppi di discussione,...); ma dovrà riconoscere la propria responsabilità quanto al contenuto delle informazioni che è in grado di controllare (come quelle che transitano per il suo server Web o per le sue chat lines , e sulle quali può quindi esercitare un controllo)".

(55) Gianni Buonomo, magistrato e addetto all'Ufficio automazione del Ministero di Grazia e Giustizia definisce l'insieme delle regole di comportamento che un provider dovrebbe seguire come "le norme tecniche di sicurezza comunemente accettate", "ricostruibili sulla base della comune esperienza", "che consentono di definire 'prudente' o 'non negligente' il comportamento del gestore del sistema. Tra queste, Buonomo elenca diverse regole di buona gestione di un sito internet quali l'identificazione degli utenti - occorre tenere presente che non esiste nessuna legge che obblighi gli internet providers di conservare i log files con l'indicazione di tutti gli accessi al server - , il controllo degli accessi, la protezione delle informazioni e la definizione di misure di sicurezza contrattualmente accettate dal personale del provider e dai suoi utenti. Si esclude comunque un obbligo di controllo di tutto il materiale comunicato in rete. Gianni Buonomo, Sicurezza dei sistemi informativi e responsabilità dell'operatore di sistema . Forum Multimediale La Società dell'Informazione, 13 giugno 1995, http://www.interlex.com/inforum/interv97.htm/buonomo.htm.

(56) A prescindere dal caso del concorso doloso nel reato commesso da terzi, che è sempre punibile sulla base dell'art. 110 c.p., più complesso è il caso del concorso colposo, sancito dall'art. 113 c.p. che afferma che "nel delitto colposo, quando l'evento è stato cagionato dalla cooperazione di più persone, ciascuna di queste soggiace alle pene stabilite per il delitto stesso". Ferrando Mantovani nel suo manuale di Diritto Penale, Cedam, afferma che "il concorso anche colposo richiede, per la sua stessa natura plurisoggettiva, anzitutto un legame psicologico con l'agire altrui, rappresentato dalla coscienza e volontà di concorrere: non ovviamente, però, nell'intero fatto criminoso, ma soltanto nella condotta violatrice delle regole cautelari di comportamento, dirette a prevenire danni a terzi". Una ipotesi di responsabilità penale per concorso colposo in capo al provider potrebbe - eventualmente - configurarsi nel caso in cui il provider partecipi con coscienza e volontà al compimento del fatto criminoso del terzo utente, consentendo ed agevolando il comportamento del terzo. Riguardo la eventuale responsabilità penale del provider , Gianni Buonomo sostiene nel suo Sicurezza dei sistemi informativi e responsabilità dell'operatore di sistema , op.cit., che "la omessa adozione di cautele dovute può condurre il gestore del sistema ad essere considerato penalmente responsabile (del fatto commesso da utenti del BBS) per avere consapevolmente agevolato, con la propria omissione, la commissione del reato da parte di terzi (in altre parole, il sysop è un concorrente nel reato). E' il caso, ad esempio, della abusiva duplicazione di programmi che vengono scambiati liberamente tra utenti attraverso il file server del BBS, quando si dimostri che il sysop è a conoscenza di (o non può ignorare) tale attività illecita".

(57) Manlio Cammarata nel suo articolo Il diavolo nel sito e il provider diventa esorcista , pubblicato il 16 luglio 98 sul sito http://www.interlex.com/inforum/interv97.htm/satana.htm, scrive che "E' necessaria una regola che dia al provider il diritto di 'usare le forbici' in determinati casi, sollevandolo da responsabilità sia nei confronti dell'autore del contenuto quando decida di intervenire, sia di fronte alla legge, quando ritenga di non dover oscurare una pagina o un intero sito. Questa regola può essere introdotta nel contratto di affitto (anche a titolo gratuito) dello spazio sul server , e può essere prevista dal futuro codice deontologico dei fornitori di servizi, in modo che si abbia certezza dei diritti e dei doveri e, per quanto possibile, un atteggiamento comune dei diversi provider ".

(58) Enzo Fogliani, Verso una irresponsabilità oggettiva del provider? , op.cit.

(59) Una valutazione dei contratti di accesso ad internet è stata fatta da Giorgio de Nova in I contratti di accesso ad Internet , in AIDA, 1996, p. 39 e segg. Ma si vedano anche Enzo Maria Tripodi, I contratti di informatica , 1996 Buffetti editore; Carlo Rossello, I contratti dell'informatica nella nuova disciplina del software , 1997, Giuffrè editore; Paul Klinger e Rachel Burnett, Drafting and Negotiating Computer Contracts , 1994, London Butterworths.

(60) Oltre alle clausole sopra ricordate in materia di responsabilità, gli accordi contrattuali tra un internet provider ed i propri utenti dovrebbero includere tutta una serie di norme utili per risolvere, in assenza di una specifica disciplina normativa inderogabile, ogni questione relativa alle possibili violazioni commesse su internet , tra cui la legge applicabile, il foro competente, la tutela della proprietà intellettuale sul materiale pubblicato in rete dal provider , le garanzie fornite dal provider sul materiale e sul software eventualmente pubblicato, il diritto del provider di recedere dal contratto con l'utente, l'esclusione da responsabilità per problemi tecnici sul sito internet , la tutela dei marchi usati dal provider , etc.

(61) Si veda come esempio il sito http://www.techinsurance.com, ma si legga anche l'articolo di Paolo Conti, Le polizze contro gli hackers , pubblicato su La Repubblica - Affari&Finanza del 14 settembre 1998, in cui, riferendosi ai rischi di danni provocati dai terzi utenti, si prevede che "l'avvento di polizze ad hoc potrebbe introdurre un fattore di protezione ulteriore contro questo genere di rischi ed è probabile che a medio termine queste polizze si possano diffondere anche in Europa e in altre aree del mondo".