Pagina pubblicata tra il 1995 e il 2013
Le informazioni potrebbero non essere più valide
Documenti e testi normativi non sono aggiornati

 

 Le regole dell'internet

Le nuove forme di comunicazione in rete: Internet
di Pasquale Costanzo(*) - 26.06.97

Sommario: 1. Le comunicazioni in rete nel quadro della problematica delle telecomunicazioni. - 2. Internet tra disciplina internazionale e comunitaria delle telecomunicazioni. - 3. Segue: in particolare, i riflessi della normativa comunitaria sul "dominio" nazionale di Internet. - 4. Segue: gli operatori di Internet e il mercato delle telecomunicazioni. - 5. Il regime giuridico di Internet e la disciplina dei servizi telematici nazionali. - 6. Segue: il cyberspazio e l'impegno dei giuristi. - 7. L'embricazione tra Internet e i principi costituzionali in materia di comunicazione ed espressione del pensiero. - 8. La libertà di comunicazione "internettiana". - 9. Il pensiero libero in Rete. -10. Quali limiti alla circolazione dei dati in Internet? - 11. Ancora sull'informazione in Internet. - 12. Considerazioni finali su Internet e sulla democrazia.

1. Le comunicazioni in rete nel quadro della problematica delle telecomunicazioni

Il processo di convergenza tra tecniche telecomunicative, strumenti informatici e cd. multimedialità, indotto dall'applicazione della tecnologia digitale e dalla diffusione delle reti a banda larga, ha sicuramente aperto nel quadro della problematica delle telecomunicazioni uno scenario nuovo, forse non del tutto prevedibile, e di cui si avverte giorno per giorno la crescente importanza. Anzi, secondo taluni osservatori, si sarebbe addirittura in presenza di un passaggio evolutivo di portata epocale, non dissimile da quello prodottosi nel secolo scorso per effetto della rivoluzione industriale: gli stessi ritmi e le modalità di funzionamento della vita e dell'organizzazione sociale sarebbero destinati a cambiare, laddove gli individui non avrebbero più bisogno di muoversi poiché sarebbero le informazioni e i servizi ad andare verso di loro . Più precisamente, il fondamentale punto di svolta in questo processo "rivoluzionario" coinciderebbe con l'affermazione di Internet, fenomeno che, com'è ormai diffusamente noto, costituisce l'esito della connessione su base planetaria di innumerevoli reti locali e regionali resa possibile dall'adozione di protocolli trasmissivi standardizzati .

A quest'ultimo proposito, è, del resto, parimenti noto come Internet, non rappresenti una rete nell'accezione usuale del termine, ma piuttosto una "rete di reti" (Rete, per antonomasia, d'ora in poi), priva, a differenza delle comuni reti informatiche, di un "centro", vale a dire di una struttura elaborativa centrale in grado di "governare" la circolazione delle informazioni e dei dati. Ciò nondimeno, alla base del fenomeno, si rinvengono (ed anzi vi risultano esaltate) le esigenze che sono state all'origine dello sviluppo del fenomeno della "connettività", vale a dire del collegamento, sia a livello locale (LAN: Local Area Network), sia a livello geograficamente più vasto (MAN: Metropolitan Area Network e WAN: Wide Area Network), tra una molteplicità di elaboratori: esigenze che possono riassumersi nella condivisibilità delle informazioni e delle risorse disponibili, nella possibilità di accesso ad informazioni e risorse remote, nelle corrispondenti economie di scala, nonché nelle caratteristiche di implementabilità graduale dei sistemi di rete . Con la decisiva differenza, tuttavia, che, su Internet, la connessione si realizza tra elaboratori appartenenti a reti diverse, potendo le informazioni "trasmigrare" da una rete all'altra, attraverso i cd. nodi di rete, in un formato idoneo a consentire a mittente e destinatario un'interpretazione comune dei messaggi, nel tempo stesso che il particolare sistema di sincronizzazione degli interlocutori s'incarica del loro inoltro solo allorquando il destinatario sia pronto a riceverli.

Tale risultato, come poc'anzi accennato, è soprattutto da ascriversi alla standardizzazione delle regole comunicative, vale a dire alla formulazione di un linguaggio tecnico comune, capace di ovviare alla molteplicità delle "lingue" utilizzate nei diversi sistemi di rete interconnessi. Si parla, in questo caso, di un protocollo informatico di comunicazione, consistente appunto in una serie di convenzioni relative alle modalità di scambio delle informazioni ai vari livelli della comunicazione stessa. Questo protocollo è, per Internet, l'ormai celebre TCP/IP (Transmission Control Protocol/Internet Protocol), affermatosi de facto poiché utilizzato dai primigeni nuclei della Rete (le reti ARPANET e MILNET), nonostante che de iure fosse già vigente uno standard internazionale, l'OSI (Open System Interconnection) , codificato dal Consultative Committee for International Telephony and Telegraph (CCITT), emanazione dell'International Telecommunications Unions (ITU), organizzazione affiliata all'ONU nel 1987 .

Peraltro, entrambi questi protocolli risultano identicamente strutturati sulla cd. "commutazione di pacchetto" (Packet Switching), vale a dire sulla capacità di frammentare le comunicazioni prodotte da un elaboratore in gruppi di dati, detti appunto "pacchetti", che, a loro volta, vengono inviati in Rete contrassegnati da intestazioni contenenti informazioni sul percorso da effettuare e sull'indirizzo del mittente e del destinatario, mettendo così in grado i "commutatori di pacchetto" (ossia appositi elaboratori presenti sulla Rete) di leggere tali intestazioni e di avviare i relativi pacchetti alla loro precisa destinazione finale .

Ma se questa tecnologia, a motivo delle sue particolari caratteristiche, è risultata vincente rispetto a quella utilizzata per il tradizionale sistema telefonico , Internet mantiene ancora in comune con esso (in misura ancora prevalente rispetto ad altri mezzi trasmissivi e pur se le reti di nuovo tipo, esclusivamente destinate alla trasmissione di dati, presentano già un discreto sviluppo ) le infrastrutture di rete, vale a dire l'ordinaria rete telecomunicativa: circostanza, questa, che si rivela decisiva per il nostro discorso, in quanto permette di chiarire come la relazione tra Internet ed il tipo di rete fisica necessaria a veicolare le varie applicazioni e i servizi non sia affatto biunivoca, vuoi perché il descritto sistema a commutazione di pacchetto è suscettibile d'essere impiegato su svariati mezzi trasmissivi, per così dire, dedicati (quali cavi coassiali, più indicati per reti locali, cavi a fibre ottiche, che permettono velocità di trasmissione più elevate e più adatte per reti a carattere urbano e, se pur in prospettiva, reti cd. senza fili, ossia reti cellulari digitali in grado, diversamente dalle reti cellulari analogiche, di supportare i segnali digitali), vuoi perché la stessa rete telecomunicativa ordinaria, basata sul normale doppino telefonico, può essere impegnata allo stesso scopo in virtù delle apparecchiature modem capaci di trasformare i segnali binari digitali in segnali sonori modulati e viceversa (e così analogamente per le altre componenti del sistema nazionale ed internazionale delle telecomunicazioni, comprese le comunicazioni satellitari) .

2. Internet tra disciplina internazionale e comunitaria delle telecomunicazioni

Ora, quale che possa risultare il grado di affidabilità dal punto di vista tecnico delle precedenti considerazioni, il loro intento era semplicemente di rimarcare preliminarmente come la problematica di Internet abbia uno stretto ed essenziale collegamento con la più generale problematica attinente alle telecomunicazioni, la quale, anzi, come meglio si vedrà nel prosieguo, proprio in virtù della peculiare fisionomia della cd. "rete delle reti", è suscettibile di arricchimenti ancor più delicati e complessi.

Se, dunque, è al quadro generale della disciplina delle telecomunicazioni che occorre in primo luogo prestare attenzione per indagare sul regime giuridico di questa nuova forma di comunicazione, risulta però necessario immediatamente precisare come la Rete, in quanto tale, ossia come fenomeno "acentrico" e diffusivo, ponga seri problemi di sussumibilità rispetto a discipline telecomunicative di qualsiasi livello, non essendo, infatti, univocamente individuabile alcuna infrastruttura né identificabile alcun soggetto responsabile cui potrebbero applicarsi corrispondenti regolamentazioni, trovandoci piuttosto, come accennato all'inizio, dinanzi ad una nozione riassuntiva di tante realtà interconnesse in una rete planetaria (è proprio il caso di dire) virtuale . Da questo punto di vista, dunque, ciò che viene propriamente in rilievo è innanzi tutto lo spazio fisico utilizzato per assicurare la generale connettività nel nostro Paese, vale a dire le infrastrutture telecomunicative percorse o attraversate dalle applicazioni e dai servizi d'Internet sul territorio nazionale.

Conseguentemente presentano interesse per il nostro discorso le iniziative intese a creare nuovi percorsi comunicativi per implementare le infrastrutture esistenti o per accedere ad esse, la circolazione delle informazioni e dei servizi su tali reti, nonché il regime delle attrezzature tecnologiche utilizzate per la connessione. Ma si tratta, qui, all'evidenza, di una tripartizione (reti, servizi e terminali), pervenuta già da tempo ad un notevole grado di elaborazione nel diritto delle telecomunicazioni, nell'ambito del quale, anzi, essa risulta peculiarmente conformata dall'affermazione del principio, di origine comunitaria, dell'apertura dei mercati e della libertà di concorrenza.

Il processo di liberalizzazione delle telecomunicazioni appare peraltro interessare ancor prima la dimensione mondiale , con importanti ricadute sullo stesso principio di sovranità degli ordinamenti statali che aveva tradizionalmente improntato il settore. Infatti, a parte le limitazioni imposte agli Stati dall'adesione all'Unione internazionale delle telecomunicazioni (UIT) , è indispensabile fare riferimento all'Accordo generale sugli scambi di servizi, allegato all'Accordo che istituisce l'Organizzazione Mondiale del Commercio adottato a Marrakech il 15 aprile 1994 . Di tale complesso normativo, nonostante il notevole gradualismo introdotto nel processo di attuazione e la modulazione, per così dire, "personalizzata" degli impegni assunti da parte degli Stati membri, è necessario sottolineare il rilievo per la nostra materia, la quale vi rinviene infatti una specifica considerazione nell'apposito Allegato sulle telecomunicazioni . In particolare, non potrebbe essere trascurato il possibile effetto di "trascinamento" in senso globalmente liberalizzatore di una disciplina, che, anche se intesa unicamente (ma anche in quanto intesa) a regolamentare l'accesso e l'utilizzazione delle reti e dei servizi pubblici di trasporto delle telecomunicazioni (artt. 2), a termini e condizioni ragionevoli e non discriminatorie, da parte dei fornitori di servizi di altri Paesi membri (art. 5, lett a)) , finisce per incidere indubbiamente sullo stesso regime delle telecomunicazioni di base, anch'esso peraltro fatto oggetto, dopo alterne vicende, di una più serrata considerazione negli incontri di Ginevra iniziati nel febbraio 1997 .

Ma, dotata di efficacia meno condizionata, più prevedibilmente scandita nel tempo ed onnicomprensiva, in quanto concernente anche le infrastrutture e le apparecchiature terminali, risulta senz'altro la normativa comunitaria (corroborata dalla giurisprudenza della Corte di giustizia ), sulla cui base è notoriamente in atto, nel settore delle telecomunicazioni, un vasto processo di liberalizzazione il cui punto terminale può essere fissato al 1° gennaio 1998

Delle vicende che hanno condotto ad un simile esito, in una sede come questa, non dedicata ex professo alle telecomunicazioni, abbisogna, ci pare, solo un sintetico cenno, essendo infatti sufficiente rammentare come la progressiva implementazione delle norme del Trattato CEE in materia di libertà di prestazione dei servizi , particolarmente ad opera della Commissione, ha fatto sì che anche il settore delle telecomunicazioni vi venisse interessato sul fondamentale presupposto della riconducibilità dell'attività di predisposizione di una rete di trasmissione di informazioni a distanza alla nozione comunitaria di servizio (artt. 59 e 60 del Trattato CEE) , nonché dell'assoggettabilità della prestazione di tale servizio alle regole della concorrenza (art. 85 e 86 Trattato CEE) .

Più precisamente, pur se preceduto dalle due importanti raccomandazioni del 12 novembre 1984, 84/549 e 84/550 CEE, intese alla creazione di un mercato comune basato sulla fornitura di servizi mediante una rete aperta di telecomunicazioni , il processo in parola può considerarsi concretamente avviato solo nel 1988, con la liberalizzazione delle apparecchiature terminali di telecomunicazione introdotta dalla Direttiva 88/301/CEE , con la quale gli Stati membri vengono sollecitati sia a sopprimere i diritti speciali od esclusivi a favore di determinate imprese, sia a provvedere affinché tutti gli operatori economici usufruiscano del diritto di importare, commercializzare, allacciare o installare i terminali e curarne la manutenzione.

E' con la Direttiva 90/388/CEE che viene invece toccata la materia dei servizi di telecomunicazione cd. a valore aggiunto, imponendosi questa volta agli Stati membri (art. 2) di provvedere all'abolizione dei diritti speciali od esclusivi per la fornitura dei servizi di telecomunicazione diversi dalla telefonia vocale e all'adozione di misure idonee a garantire ad ogni operatore economico il diritto di fornire tali servizi. Secondo la stessa Direttiva, poi, l'eventuale subordinazione dell'esercizio di questo diritto ad una procedura di autorizzazione o alla preventiva dichiarazione all'autorità pubblica deve rispondere a criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori, mentre eventuali dinieghi devono essere debitamente motivati ed essere suscettibili di ricorso. Nel caso, inoltre, che (e fino a che) diritti esclusivi per l'installazione o la gestione di reti pubbliche possano essere mantenuti (art. 4), ciò deve comportare l'adozione di criteri di massima trasparenza per l'accesso a tali reti. Agli operatori interessati viene ancora riconosciuto il diritto di ottenere circuiti affittati entro un termine ragionevole e senza subire restrizioni che non siano quelle derivanti dalla stessa procedura autorizzatoria. Tra queste, un'attenzione particolare meritano quelle coincidenti con le cd. esigenze fondamentali, identificate dalla Direttiva in parola con la sicurezza di funzionamento della rete, il mantenimento della sua integrità, l'interoperabilità dei servizi e la protezione dei dati , cui vanno accostate quelle ulteriormente menzionate dalla Direttiva 96/19/CE in vista della tutela dell'ambiente e degli obiettivi di pianificazione urbanistica e territoriale, nonché dell'impiego effettivo dello spettro di frequenze e dell'astensione da interferenze dannose tra sistemi telecomunicativi .

Proseguendo, quindi, in rapida rassegna, occorre ricordare come l'avvio della liberalizzazione dei servizi e delle apparecchiature per le comunicazioni satellitari si debba alla Direttiva 94/46/CE (che ha inciso ancora sia sulla Direttiva 90/388/CEE, sia sulla precedente 88/301/CEE), alla quale hanno fatto seguito la Direttiva 95/51/CE. che pone il quadro per la liberalizzazione dell'accesso alle infrastrutture televisive via cavo per la fornitura dei servizi cd. a valore aggiunto, e la Direttiva 96/2/CE, concernente la liberalizzazione delle comunicazioni mobili e dell'interconnessione diretta delle reti degli operatori mobili con reti fisse o reti mobili straniere.

Finalmente, con la Direttiva 96/19/CE (nota anche come Direttiva full competition, che ha ulteriormente modificato la Direttiva 90/388/CEE, al fine della completa apertura dei mercati delle telecomunicazioni), il processo di liberalizzazione può ritenersi sostanzialmente compiuto, venendo ad interessare sia l'installazione e l'utilizzo delle infrastrutture necessaria per la prestazione dei servizi e l'accesso alle infrastrutture alternative per la fornitura dei servizi stessi, sia la stessa telefonia vocale e la realizzazione di nuove reti pubbliche di telecomunicazione.

Si tratta, com'è noto, di Direttive emanate dalla Commissione, sulla base dell'autorizzazione prevista nell'art. 90, paragrafo 2, del Trattato , laddove le Direttive cd. di armonizzazione sono state invece emanate dal Consiglio e/o dal Parlamento Europeo ,: tra queste, vanno menzionate senz'altro le Direttive relative alla fornitura di reti aperte (Open Network Provision) 90/387/CEE, 92/44/CEE e 95/62/CE (particolarmente interessante, quest'ultima, in quanto concernente l'applicazione del regime di fornitura di una rete aperta alla telefonia vocale).

3. Segue: in particolare, i riflessi della normativa comunitaria sul "dominio" nazionale di Internet

Tuttavia, a differenza di altri ordinamenti a noi vicini (esemplarmente Francia e Germania, per non citare gli Stati Uniti), l'Italia non solo risulta essersi messa piuttosto di recente sulla strada di un'organica disciplina del settore telecomunicativo, ma continua corrispondentemente a registrare diversi ritardi nell'attuazione delle normativa comunitaria appena ricordata.

Se, infatti, la liberalizzazione dei terminali può dirsi sostanzialmente attuata, anche a seguito del recente d. lgs. 11 febbraio 1997, n. 55, in materia di comunicazioni satellitari, quella delle infrastrutture attende soprattutto la recezione della Direttiva cd. full competition. Ma anche rispetto alla fornitura dei servizi, il quadro attende d'essere completato , sebbene, per quanto riguarda Internet, la recezione, disposta con il d lgs. 17 marzo 1995, n. 103, della Direttiva 90/388/CEE , abbia posto la fondamentale intelaiatura di una disciplina delle connessioni e degli accessi , sulla quale mette conto, dunque, se pur succintamente, di soffermarsi.

Della Direttiva in questione, è stato dato poc'anzi qualche ragguaglio. Qui risulta interessante aggiungere che, se è vero che la disciplina nazionale di recezione non menziona mai la Rete, è altrettanto indubitabile che il legislatore comunitario abbia comunque chiaramente individuato (cfr. il punto 7 del Considerando), tra i servizi telecomunicativi soggetti a liberalizzazione, anche quelli veicolabili tramite Internet, quali particolarmente l'accesso a basi di dati, i servizi informatici a distanza, la posta elettronica e il trasferimento elettronico di dati per uso commerciale.

Ma venendo, finalmente, a tale disciplina, e rilevato come a tale adempimento comunitario, l'Italia sia pervenuta, a parte la Grecia, per ultima, può in estrema sintesi ricordarsi come, conformemente alla Direttiva, sia stato introdotto un regime piuttosto articolato in relazione alle modalità di fornitura e alla tipologia dei servizi offerti, con la previsione della necessità di una semplice dichiarazione o, invece, di un'autorizzazione, allorché i servizi liberalizzati siano forniti, rispettivamente, tramite la linea telefonica pubblica commutata o mediante collegamenti diretti con la stessa rete pubblica (art 3, 1° e 2° comma), nonché di un'autorizzazione per quanto riguarda l'offerta al pubblico di servizi dati a commutazione di pacchetto o di circuito (art. 3, 3° comma). Si noti peraltro che la Direttiva 96/19/CEE (Considerando 10) ha ritenuto non più giustificata, sulla base della concreta esperienza, questa triplice articolazione, dovendo ora i servizi di trasmissione dati a commutazione di pacchetto o di circuito ricadere nell'alternativa, per così dire, ordinaria dell'autorizzazione o della mera dichiarazione.

Per quanto riguarda le condizioni e le procedure da seguire per la presentazione della dichiarazione o della domanda di autorizzazione, occorre invece fare riferimento al d.p.r. del 4 settembre 1995, n. 420, mentre è il decreto ministeriale del successivo 5 settembre a determinare l'ammontare dei contributi da versarsi da parte dei richiedenti .

Il sistema che ne emerge, se non appare certamente ispirato ad una deregulation senza limiti, peraltro non richiesta dalla normativa comunitaria, merita verosimilmente il rilievo di un'eccessiva burocratizzazione. In particolare, se il decreto di recezione risulta essere sfuggito alla tentazione, preventivamente censurata dall'Autorità antitrust, di non omologare tra loro la situazione del gestore della rete pubblica e quelle di tutti gli altri soggetti, quando intenda anch'esso offrire servizi di comunicazione liberalizzati attraverso collegamenti diretti in ordine sia alla richiesta di autorizzazione che al versamento del contribuito , ha tuttavia addossato agli interessati adempimenti plurimi e oneri finanziari ritenuti, in qualche circostanza, non facilmente sopportabili. Inoltre, anche il termine previsto perché possa al limite formarsi il silenzio-assenso del Ministero sulle richieste di autorizzazione (novanta giorni, elevabili a centoventi) è parso eccessivo a fronte delle esigenze di celerità imposte dalla competizione comunitaria , mentre, più in generale, è stato ritenuto censurabile la conservazione in capo all'Esecutivo dei poteri di regolazione che la Direttiva (art. 7) vorrebbe attribuiti a quell'organismo indipendente che, come subito si dirà, solo ora appare in via di realizzazione nel nostro ordinamento .

E' in ogni caso abbastanza prevedibile che l'assetto descritto abbia natura transitoria, in quanto trasformazioni di grande rilievo dovrebbero conseguire, anche per quanto riguarda le attività comunicative collegate all'accesso alla Rete soprattutto dal prevedibile ridimensionamento del ruolo del gestore pubblico: un ridimensionamento, questo, che dovrebbe, infatti, essere indotto sia dalla messa a disposizione del mercato delle cd. reti alternative, sia dall'eliminazione di qualsiasi impedimento all'interconnessione tra le diverse reti, sia ancora dalla liberalizzazione completa delle infrastrutture. A quest'ultimo proposito, merita attenzione il Considerando 7° della Direttiva 96/19/CE, che avverte come la riserva ad un'impresa, interessata anch'essa al mercato dei servizi di telecomunicazione, del compito di fornire a tutti gli operatori del mercato anche la capacità trasmissiva occorrente equivarrebbe non solo a creare a suo favore condizioni di privilegio, ma a porre anche la naturale premessa di un possibile abuso di posizione dominante.

Ma, più in generale, è tutto il precedente assetto delle telecomunicazioni nel nostro Paese, originato col Codice postale del 1936, perpetuatosi col Codice postale del 1973 e sostanzialmente ancora avallato dal Piano regolatore nazionale delle telecomunicazioni del 1990, che sembra destinato ad essere definitivamente consegnato alla storia, a seguito dell'approvazione della riforma organica del settore fatta oggetto di recente di una pluralità di iniziative di legge, tra le quali si segnalano due disegni di legge governativi, dedicati, rispettivamente alla disciplina del sistema delle telecomunicazioni e all'istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sul sistema radiotelevisivo , il secondo dei quali, nel momento in cui si scrive, è all'origine dell'approvazione il 22 maggio scorso da parte del Senato di un articolato riguardante peraltro non solo la nuova Authority sulle telecomunicazioni , ma anche - con evidente stralcio dal primo d.d.l. e per quanto qui possa interessare - la disciplina delle reti e dei servizi di telecomunicazione .

A quest'ultimo proposito, corre tuttavia l'obbligo di segnalare come l'aspettativa di una maggiore attenzione da parte del legislatore al fenomeno Internet nell'ambito della riforma delle telecomunicazioni rischi di andare delusa, dato che il d.d.l. n. 1021 non si occupa se non marginalmente del fenomeno Internet. L'art. 1, dedicato all'istituzione e alle attribuzioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, si limita infatti a dire - nel suo 5° comma - che questa nuova Authority curerà la tenuta del registro degli operatori di comunicazione, al quale si devono, tra gli altri, iscrivere le imprese fornitrici di servizi telematici e di telecomunicazioni ivi compresa l'editoria elettronica, laddove quest'ultimo inciso sembra aprire più problemi di quanti contribuisca a risolverne. Più particolarmente, se per quanto riguarda gli operatori della comunicazione, tra i quali dovrebbero senz'altro rientrare anche i fornitori di accesso, viene introdotto il nuovo obbligo di iscrizione al registro (obbligo rafforzato nel caso in cui i providers siano nel contempo fornitori di servizi telematici), meno chiara risulta la previsione di un identico obbligo per l'editoria elettronica, essendo questa stata intesa finora come qualcosa di diverso dalla telematica, trattandosi appunto di prodotti "off line", quali ad es., opere a carattere enciclopedico, basi di dati legislativi, giurisprudenziali o dottrinali, sostegni didattici di varia natura, etc. contenute su supporti digitalizzati, preferibilmente cd-rom a motivo della loro grande capacità di memoria .

4. Segue: gli operatori di Internet e il mercato delle telecomunicazioni

Le considerazioni finora svolte richiedono ancora, prima di affrontare le problematiche attinenti al regime giuridico delle attività svolgentesi in Rete (nelle quali, peraltro, a causa della peculiare caratteristica della cd. interattività, possono risultare coinvolti attivamente e direttamente anche gli utenti), che si presti qualche attenzione agli operatori della telecomunicazioni più da vicino interessati al fenomeno della connettività.

Si tratta, infatti, dei soggetti operanti nei campi delle infrastrutture di rete, dei servizi telematici nonché dei prodotti hardware (terminali) e software (programmi, particolarmente browser ) occorrenti per la cd. navigazione. Per vero, la problematica concernente quest'ultima categoria di operatori fuoriesce dalla prospettiva telecomunicativa per rientrare in quella propriamente informatica , mentre strettamente coinvolti risultano le due categorie restanti, ossia i gestori delle infrastrutture di rete e i fornitori dei servizi telematici, intesi qui in senso assai specifico, vale a dire i fornitori di accesso (cd. providers), laddove, ancora ad un'altra diversa prospettiva attiene la configurazione giuridica dei fornitori di altri diversi servizi tramite la Rete, con i quali gli stessi providers potrebbero però coincidere in quanto erogatori di servizi complementari a quello della pura connettività .

Per quanto riguarda, dunque, le infrastrutture di rete e in attesa che gli scenari attuali siano modificati, non solo per quanto si diceva in precedenza in ordine alla completa liberalizzazione delle infrastrutture e dei servizi di telefonia vocale, ma anche per la preannunciata privatizzazione dell'attuale concessionaria unica STET-Telecom , è a quest'ultima, che occorre per il momento fare riferimento per l'identificazione del gestore (unico) della rete. In particolare, soprattutto con la crescita di una vera e propria domanda di accesso commerciale , si sono sviluppati i servizi Interbusiness, società del gruppo Telecom che vende, o meglio affitta, collegamenti di rete di vario tipo, dai semplici ISDN alle vere e proprie dorsali (backbones) . A loro volta, quasi tutti i providers italiani hanno acquistato l'accesso alla rete da Interbusiness , che assicura loro la connessione ad Internet.

In questo quadro, non può farsi a meno di notare come la remunerazione del gestore pubblico si realizzi, una prima volta, attraverso il pagamento del servizio da parte del provider, che ovviamente tenderà a ripartire il relativo onere tra i propri abbonati, e, una seconda volta, attraverso il pagamento del canone telefonico nella misura in cui gli abbonati al telefono utilizzino le linee per collegarsi al server del loro provider. Ma la delicatezza del ruolo del gestore pubblico in questa nuova forma di comunicazione rappresentata Internet non ha mancato di manifestarsi anche per altri aspetti attinenti alla tariffazione del servizio, per cui, esemplarmente, è in atto da tempo una campagna per l'abolizione della cd. TUT (tariffa urbana a tempo), mentre un abbattimento delle tariffe potrebbe anche derivare da una maggiore razionalizzazione delle aree tariffarie (in modo da consentire comunque l'accesso al costo di una telefona urbana) . Ulteriori motivi di riflessione ha poi offerto la vicenda dell'introduzione, seppure in via sperimentale, di pacchetti tariffari per l'utenza diversa da quella d'affari e per le scuole nell'accesso ad Internet . Una simile agevolazione avrebbe dovuto essere goduta su richiesta degli interessati corredata dalla copia del contratto stipulato con un fornitore di accesso alla Rete: ma proprio questa specifica clausola ha sollevato la protesta delle maggiori associazioni di providers, tale da indurre il Ministero a promettere la sospensione temporanea (in data 24 aprile 1997) del decreto, motivata dalla necessità della verifica degli aspetti tecnici e dal possibile ampliamento delle agevolazioni tariffarie, laddove la questione di fondo è parsa consistere nella "rendita di posizione" che sarebbe derivata a Telecom proprio dal suo duplice di ruolo di gestore delle infrastrutture di rete e di provider, nel momento stesso in cui nella prima veste si vedeva destinataria delle informazioni sulla consistenza dell'utenza Internet dei providers concorrenti ricavabili dalla documentazione allegate alle domande di agevolazione.

Questa ambivalenza del gestore unico è stata ancora all'origine della vicenda che ha visto impegnata l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, chiamata a decidere sulla correttezza, a fronte della disciplina sulla concorrenza, dell'operazione di acquisizione da parte di Telecom Italia di Video On Line, soggetto svolgente in forma d'impresa l'attività di fornitura dell'accesso ad Internet e ritenuto il principale fornitore all'utenza residenziale. Nella specie si imputava a Telecom di indurre una grave distorsione della concorrenza nel mercato, in quanto, nel contempo, fornitrice esclusiva delle linee affittate nella sua qualità di gestore della rete pubblica, e fornitrice di servizi di telecomunicazione in concorrenza con gli altri operatori, i quali temevano che Interbusiness, facendo prezzi di favore alla consociata Video On Line, li avrebbe estromessi dal mercato. La decisione dell'Autorità, adottata il 20 giugno 1996, ha però di fatto aperto la strada all'operazione sovra descritta, pur presentando un carattere interlocutorio: la non opposizione all'acquisizione di Video On Line è stata, infatti, motivata non tanto ritenendo insussistenti le perplessità evidenziate, quanto invece stimando, da un lato, adeguate le contromisure promesse da Telecom, intese a riequilibrare la posizione preferenziale assunta sul mercato e, dall'altro, riservandosi di riavviare l'istruttoria in caso di mancata piena osservanza degli impegni connessi con quelle contromisure. La decisione, fortemente criticata perché ritenuta troppo favorevole a Telecom, è parsa in realtà rinvenire la sua sostanziale motivazione nella (supposta) prossima liberalizzazione delle infrastrutture di rete, quale sarebbe dovuta derivare per effetto della già menzionata Direttiva 96/19/CE .

5. Il regime giuridico di Internet e la disciplina dei servizi telematici nazionali

Quanto finora osservato ha riguardato evidentemente il quadro generale e imprescindibile nel quale si colloca il fenomeno Internet: è ovvio infatti che la problematica dell'accesso e dell'utilizzo delle reti condizioni ogni altra questione relativa alla circolazione dell'informazione sui mezzi telecomunicativi. Ma una volta impostata, se non risolta, tale problematica, occorre ora interrogarsi sul regime giuridico di ciò che, attraverso le reti, viene veicolato, non potendosi, peraltro, dubitare della rilevanza di tale fenomeno, sia nei suoi aspetti interni, sia in quelli internazionali, per l'ordinamento dello Stato.

D'altro canto, a causa della peculiare prospettiva in cui si colloca il fenomeno considerato, solo un marginale aiuto può essere offerto all'analisi dall'esperienza totalmente "interna" imperniata sui servizi telematici audiotex e videotex. Infatti, in ordine a questi servizi è risultata del tutto agevole - anche qui a seguito della già citata recezione della Direttiva 90/388/CEE - l'adozione di una disciplina relativa al contenuto e alle modalità di fornitura e fruizione di informazioni o prestazioni, fissandosi in particolare, le norme di comportamento di ciascuno dei soggetti interessati (gestore della rete, gestore del centro servizi, fornitore di informazioni o prestazioni e utente) .

Tale disciplina è fissata nelle sue linee generali, ma, per vero, anche estremamente generiche, dall'art. 15 del d.p.r. n. 420 del 1995, che fa divieto di fornire, tramite la rete pubblica di telecomunicazioni, informazioni e prestazioni contrarie a norme cogenti, all'ordine pubblico ed al buon costume. Infatti, se quest'ultimo limite rinviene, per così dire, la sua patente di nobiltà nello stesso dettato costituzionale, assai più equivoco è, com'è noto, il limite dell'ordine pubblico, mentre addirittura inutile può essere considerato, nel migliore dei casi, quello delle "norme cogenti". Pare comunque evidente il valore essenzialmente ricognitivo della complessiva previsione e quindi la sua sostanziale impraticabilità, quand'anche, superando l'argomento topografico, la si volesse ritenere applicabile anche alla particolare strutturazione di Internet, quale fenomeno di portata assai più vasta ed anzi mondiale. Una maggiore efficacia sul piano generale parrebbe invece potersi riconoscere (particolarmente per le conseguenze della sua infrazione, ai fini della sospensione e della definitiva revoca delle autorizzazioni rilasciate (art. 10)), al disposto dell'art. 7, 2° comma, del d.p.r. n. 420, che impegna i soggetti autorizzati alla riservatezza delle comunicazioni e dei dati personali in loro possesso in conformità della legislazione vigente. Incontestabilmente destinata ai soli servizi telematici "nazionali" risulta invece la disciplina recata dal d.m. 13 luglio 1995, n. 385, sulle modalità di espletamento dei servizi audiotex e videotex, che definisce analiticamente gli obblighi e i limiti dei fornitori di servizi sulla rete pubblica di telecomunicazione, andandosi dalla tutela della veridicità delle informazioni e delle prestazioni offerte (art. 3) al divieto di informazioni e prestazioni lesive di determinati valori diffusi nel corpo sociale o di rilevanza costituzionale (art. 4), dalla tutela della riservatezza (art. 5) alla protezione dei minori (art.6), fino ad una regolamentazione dei messaggi di presentazione, delle varie forme di pubblicità e della disciplina del collocamento (artt. 7 e ss.). Una disciplina, questa, da ultimo replicata, per quanto riguarda il divieto dei servizi audiotex a carattere erotico, pornografico od osceno, dall'art. 22, 26° comma, della legge 23 dicembre 1996, n. 650 (di conversione del d.l. 23 ottobre 1996, n. 545), che ha altresì provveduto ad estendere il medesimo divieto ai servizi di analoga natura di carattere internazionale, a vietarne la promozione pubblicitaria sulle emittenti radiotelevisive e, finalmente. a demandare ad un nuovo regolamento ministeriale la ridisciplina dell'accesso ai servizi telematici in questione.

6. Segue: il cyberspazio e l'impegno dei giuristi

Ma, mentre, dell'accennata disciplina, si sono registrate valutazioni solo di merito, criticandosene al più l'eccessivo scrupolo pedagogico , la situazione appare assai più contrastata per quanto riguarda Internet, potendosi essa forse bene riassumere in un recente articolo, a firma di uno degli esponenti più in vista tra quanti si oppongono a forme di regolamentazione della Rete, che reca significativamente il titolo: "Ma c'è anche chi risponde: libere reti in libero cyberspazio" .

La formula, se pur concettualmente impropria , risulta però ugualmente efficace in virtù della reminiscenza storica che la sostiene, nel senso, cioè, di suggerire (ed anzi di presupporre) l'esistenza di due diverse realtà in potenziale contrapposizione dialettica tra loro, delle quali si auspica una composizione secondo il paradigma cavouriano del "separatismo" tra Stato e Chiesa, vale a dire del "nessun rapporto" di reciproca dipendenza o condizionamento .

Trasferita, nel nostro campo d'interesse, questa problematica dovrebbe più in particolare leggersi come proposta di un regime di massima libertà della Rete guarentigiata soltanto dai comportamenti virtuosi dei suoi frequentatori

Tuttavia, anche questo auspicato regime di assoluta "laicità" dell'ordinamento statale (come, del resto, quello propugnato dal liberalismo classico), non potrebbe essere il portato naturale o automatico di comportamenti collettivi e individuali ispirati al principio del laissez faire, esigendo piuttosto, non meno di altre scelte, un positivo impegno per la sua garanzia e tutela. In altri termini, anche un tale quadro minimalista richiederebbe che fossero comunque adottate misure atte a contrastare ogni tentativo di affievolimento di quella libertà che, secondo un comune convincimento, caratterizzerebbe e differenzierebbe, anche sul piano dei contenuti, Internet da tutte le altre forme di diffusione e di circolazione delle informazioni e delle idee finora conosciute.

In realtà, come si vedrà nel prosieguo, le ragioni proprie dell'ordinamento, le quali giustificano e, per molti versi, impongono che ci s'interessi alla peculiare fenomenologia a cui la Rete dà luogo vanno certamente al di là della semplice, se pur essenziale e pregiudiziale garanzia della fruibilità del cd. cyberspazio, dato che, richiamando ancora un volta lo slogan iniziale, non v'è dubbio che qui non vi sia qui alcuna dimensione soggettiva od oggettiva in posizione di alterità rispetto all'ordinamento dello Stato, e tantomeno alcun ordo spiritualis (o sarebbe il caso di dire: virtualis?) dal quale occorra ritrarsi, bensì ordinari subditi legum che pongono in essere comportamenti a vario titolo rilevanti per l'ordinamento generale (particolarmente quando si verta in tema di comportamenti delittuosi rispetto ai quali anche la più rigorosa netiquette non potrebbe che mostrare la corda ).

Questa precisazione, che potrebbe anche apparire sconcertante dopo le argomentazioni svolte in precedenza sia sul ruolo delle telecomunicazioni per il fenomeno che ci occupa, sia sull'interesse mostrato dall'ordinamento per la telematica nazionale, è nondimeno apparsa necessaria a fronte di talune prese di posizione, anche da parte di giuristi, tendenti, in ultima analisi, a mettere in dubbio la stessa sussumibilità della Rete nella categoria dei "media" e/o in quella dei servizi telematici (sussumibilità non oscurata dalle pur notevoli e indiscutibili peculiarità che il fenomeno presenta) .

Risulta, all'opposto, che già qualche Stato abbia provveduto ad introdurre una disciplina ad hoc del fenomeno "internettiano", proprio nel contesto della disciplina delle telecomunicazioni, cui hanno fatto addirittura seguito prese di posizione giurisprudenziali di notevole spessore, nelle quali non pare senza significato che siano stati chiamati in causa, tra i primi, principi ordinamentali fondamentali.

In particolare, l'ineluttabile intreccio tra Internet e disciplina giuridica al livello costituzionale sembrerebbe ormai del tutto acquisito in una realtà che si fa ogni giorno più ricca e più complessa, la quale conseguentemente impone che, anche nell'ordinamento italiano, la discussione, peraltro già prontamente avviata , venga proseguita col massimo impegno e senza esitazioni di sorta.

7. L'embricazione tra Internet e i principi costituzionali in materia di comunicazione ed espressione del pensiero

Proprio l'esperienza straniera (Stati Uniti e Francia, in particolare) ha messo in luce come Internet, attenendo alla dimensione informativa, sia in grado di mettere in tensione essenziali problematiche tipiche degli ordinamenti democraticamente caratterizzati, nel cui quadro è possibile subito comprendere come la regola non possa che risultare la libertà della Rete e solo come eccezione l'eventuale limitazione al suo utilizzo .

Una tale proposizione risulta poi particolarmente vera per la nostra Costituzione, la quale anzi rinviene in Internet modalità applicative nuove e straordinarie.

Infatti, già la definizione che ne viene comunemente proposta, vale a dire di una connessione a livello mondiale tra reti locali e regionali al fine di consentire la circolazione dei dati immessi attraverso la strumentazione informatica consente, insieme alla conoscenza delle sue reali dinamiche, di cogliere con sicurezza le caratteristiche essenziali del fenomeno, ovverosia (in positivo) la sua natura di mezzo comunicativo e (in negativo) le differenze con altri mezzi di comunicazione ai quali una certa comunanza di strumentazione potrebbe avvicinarlo.

In questo senso, si rileva infatti particolarmente che, pur essendo materialmente sempre un monitor il dirimpettaio dell'utente, Internet non sarebbe in nulla assimilabile alla televisione, dato che, se quest'ultima rappresenta un modello comunicativo accentrato (se non tendenzialmente autoritario) e unidirezionale, la Rete sembrerebbe fatta apposta per stimolare le fantasie di una democrazia (anzi di un'anarchia) universale e policentrica . Né, d'altro canto, nonostante il fatto che i dati corrano (ancora oggi, come già veduto, prevalentemente) sulle linee telefoniche, sembrerebbe poter reggere il paragone col telefono, sottolineandosi come si sia invece in presenza di un fenomeno (almeno geneticamente) del tutto opposto, visto che, mentre il processo di costruzione delle reti di comunicazione telefonica si è sempre originato dall'alto verso il basso (con il gestore che si procurava i suoi abbonati), per Internet è stata (e continua ad essere) l'adesione spontanea degli utenti ad incrementare la connettività della Rete stessa .

Ma, pur dovendosi dare il necessario rilievo a simili peculiarità della Rete, ciò che ai nostri fini soprattutto rileva è che si sia comunque in presenza di uno strumento di comunicazione intersoggettiva. E', questa, una constatazione semplice, eppure estremamente importante perché idonea ad orientare decisivamente il discorso allorché ci si voglia inoltrare nella prospettiva costituzionalistica, anche se corre l'obbligo di precisare come il riferimento allo strumento di comunicazione, presupponga però una nozione di comunicazione assai lata, comprensiva di qualsiasi modalità di "trasferimento" fuori dal suo soggetto del pensiero individuale e senza che, d'altro canto, possano in via di principio farsi differenze tra la comunicazione di opinioni razionali, di sentimenti, di meri dati o d'informazioni.

Com'è ampiamente noto, tuttavia, la nostra Costituzione presta particolare attenzione alla volontà del soggetto di limitare o meno la conoscibilità dei propri messaggi, distinguendo tra manifestazione del pensiero di tipo diffuso e manifestazione del pensiero a destinatari predeterminati , ponendo, corrispondentemente, in essere due diversi regimi di garanzia . A tale distinzione fanno riscontro (si potrebbe dire, esemplarmente) talune delle principali applicazioni della Rete : da un lato, infatti, la creazione di un sito Web , la partecipazione a Newsgroups o l'apertura o l'inserimento in un canale mediante l'Internet Relay Chat , in quanto accessibili alla sola condizione che si disponga delle apparecchiature e dei programmi adatti, sottintendono evidentemente l'intenzione di dare un'indiscriminata diffusione al proprio pensiero, mentre, dall'altro lato, la digitazione di un messaggio di e-mail , l'utilizzo di Internet per conversazioni telefoniche o per videoconferenze presuppongono, non diversamente dai tradizionali strumenti comunicativi, la volontà di rapportarsi in modo biunivoco ed esclusivo con i soli destinatari del messaggio .

8. La libertà di comunicazione "internettiana"

Ma conviene esaminare, se pur rapidamente, alcune di queste specifiche situazioni.

Nei riguardi, dunque, della posta elettronica, ma anche per altre applicazioni che, nell'aspettativa dell'utente, comportano un regime d'intimità della comunicazione (mi riferisco, ad es., a talune applicazioni interne all'Internet Relay Chat che consentono di conversare e scambiare altri dati solo con interlocutori determinati), non dovrebbero esserci dubbi circa l'operatività delle garanzie indicate dall'art. 15 della Costituzione per tutti gli aspetti del messaggio (ciò che non è qui senza particolare rilievo soprattutto a motivo della potenzialità multimediale del messaggio, che potrebbe comportare l'invio di testi corredati da files di programmi, di immagini, di suoni e di filmati).

Nulla quaestio, inoltre, che la garanzia costituzionale debba estendersi (non diversamente da quanto avviene per il servizio postale o per quello telefonico) fintantoché il messaggio non sia giunto a destino, vale a dire, nel nostro caso, fino a che non sia stato recepito su non importa quale "memoria" (di massa o di tipo RAM) dei destinatari. Analogamente, non v'è ancora motivo di dubitare che la medesima garanzia valga non solo nei confronti delle autorità costituite, ma anche nei confronti dei terzi, ai quali deve ritenersi preclusa l'intromissione nelle altrui comunicazioni telematiche .

Del tutto coerentemente, del resto, la legge n. 547 del 1993 ha operato una completa equiparazione, ai fini della tutela penalistica, di tali comunicazioni (art. 616 e art. 623 c.p.), mentre ricevono sanzione sia l'intercettazione, l'impedimento o l'interruzione delle comunicazioni telematiche, sia l'installazione di apparecchiature destinate a tale tipo di attività vietate (art. 617-quater e art. 617-quinquies c.p.), sia in via più generale l'accesso abusivo ad un sistema informatico e telematico (art. 615-ter c.p.) .

D'altro canto, il rigore di tale protezione non parrebbe potersi attenuare, allegando la particolare vulnerabilità, dal punto di vista tecnologico, delle comunicazioni via Rete , laddove la violazione di sistemi di sicurezza ulteriormente predisposti potrebbe invece concretare invece un'aggravante della condotta illecita tesa a prendere conoscenza dei messaggi altrui. Tuttavia, con l'avvertenza (peraltro diffusamente recepita in dottrina) che la garanzia costituzionale potrebbe esplicare pienamente i suoi effetti solo nei confronti di comunicazioni autenticamente tali, cioè destinate non solo per l'intenzione dei loro autori, ma anche per le adeguate modalità di trasmissione (secondo una ragionevole aspettativa), a rimanere segrete . Diversamente il fatto della comunicazione si convertirebbe in una più o meno potenziale circolazione, mentre il messaggio, cessando di possedere il requisito dell'interpersonalità, fuoriuscirebbe dal paradigma dell'art. 15 Cost.

Ma più rilevanti implicazioni dell'ottica qui adottata (tesa a inserire e a mantenere Internet nell'alveo dell'"ordinaria" strumentazione comunicativa), possono cogliersi sul piano delle eventuali limitazioni che, com'è pure noto, la Costituzione autorizza ad apportare al regime di libertà e segretezza delle comunicazioni, pur se nel rispetto di garanzie essenzialmente procedurali (quali la riserva di giurisdizione e quelle altre di cui il legislatore resta impegnato a farsi carico ). In questo senso, sembrerebbe infatti rimanere scoperto e impregiudicato il regime sostanziale delle condizioni al verificarsi delle quali risulterebbe legittimo, nel quadro delle anzidette garanzie, intromettersi nella relazione comunicativa tra soggetti. Sarebbe in ogni caso da escludere che tale apparente lacuna possa equivalere ad una delega in bianco al legislatore, al cui puro arbitrio rimarrebbe così consegnata la determinazione dei casi d'intervento, Una simile conclusione non solo confliggerebbe, da un punto di vista generale, con il favor libertatis che incontrovertibilmente caratterizza il sistema costituzionale delle libertà, ma, finirebbe, nello specifico, per vulnerare irrimediabilmente le stesse premesse di libertà e di segretezza che caratterizzano la situazione soggettiva in parola. Da questo punto di vista, anzi, la mancanza di elementi orientatori circa un possibile regime giuridico dei contenuti comunicativi ex se considerati, dovrebbe fare, all'opposto, propendere per l'irrilevanza assoluta di tali contenuti ai fini della conformazione legislativa della libertà, restando, questa volta sì, essi completamente rimessi alla libera volontà del comunicatore.

Tuttavia, anche questa seconda ipotesi deve potersi portare a coerenza con la possibilità, costituzionalmente prevista, di restrizioni all'attività comunicativa: ciò che, nel contempo, consentirebbe di valutare il senso ed il grado di operatività della facoltizzazione al giudice d'intromettersi nel rapporto comunicativo. E', infatti, sullo stringente nesso tra le due proposizioni che occorre fissare, a nostro avviso, l'attenzione, nel senso che, se, plausibilmente, forme d'intromissione nelle comunicazioni possono ritenersi legittimate solo per la salvaguardia di diritti e valori di pari rango costituzionale, tra questi trova irrefutabilmente collocazione la particolare prospettiva dell'adempimento delle funzioni giurisdizionali, come è esemplarmente il caso delle esigenze del processo penale . Da questo punto di vista, deve anche ritenersi sussistente il divieto assoluto di iniziative autonome della polizia dirette all'introspezione dei messaggi di mail residenti sul server di un provider, e analogamente di intromissioni attuate con mezzi telematici, dato che, oltre tutto, in questo secondo caso, solo l'autorizzazione del magistrato varrebbe preliminarmente a coprire la compressione oltreché del segreto comunicativo, anche del domicilio informatico .

Se si condividono queste considerazioni, dovrebbe allora apparire evidente come la comunicazione interpersonale sulla Rete risulti assistita da un alto grado di garanzia, non potendo neanche darsi ipotesi di rilevamenti in itinere del possibile contenuto del messaggio. Solo, una volta appreso dal suo destinatario, esso potrà, se del caso, da parte del destinatario stesso, essere utilizzato in sede penale .

9. Il pensiero libero in Rete

Al di fuori dell'ipotesi ora esaminata, è probabile che ogni altra comunicazione "internettiana" possa ritenersi inclusa nella libertà di manifestazione del pensiero, che trova nell'art. 21 Cost. la sua piena garanzia.

In questo senso, come si accennava all'inizio, la tecnologia delle Rete sembra addirittura andare nella direzione di una promozione sempre più ampia e più pregnante del corrispondente principio costituzionale, vuoi per quanto riguarda i suoi essenziali e pregiudiziali tratti soggettivi, vuoi per le più generali implicazioni ordinamentali in un quadro di democrazia pluralista e partecipata.

Non v'è dubbio, infatti, che, sotto il primo profilo, Internet abbia notevolmente incrementato non solo le chances che ciascheduno ha di trasmettere e propagare idee e informazioni del più vario tenore, ma, grazie alla ridetta tecnologia multimediale, anche le capacità espressive.

A ciò aggiungasi la notevole e diffusa possibilità di utilizzazione del mezzo, insuscettibile di restrizioni, in quanto non facente capo né ad una tecnologia poggiante (come, tanto per intenderci, la televisione) su risorse naturali limitate, né ad investimenti finanziari particolarmente onerosi: ciò che, sul piano giuridico, si traduce, conformemente agli indirizzi della giurisprudenza costituzionale, nell'inammissibilità di ostacoli legali di qualsiasi genere all'accesso .

Comunque sia, Internet viene a ricadere nel paradigma di cui all'art. 21 Cost. in modo pieno ed esaustivo, potendo fruire sia della garanzia prevista per il messaggio, sia di quella, del tutto corrispondente, prevista per il mezzo. Ciò, se sotto il primo profilo, omologa senz'altro Internet agli altri mezzi espressivi, non tollerando limiti contenutistici diversi da quelli costituzionalmente previsti, sotto il secondo profilo configura la Rete come uno strumento non solo dotato in fatto di una diffusività massima, ma refrattario in punto di diritto a qualsiasi indirizzo monopolista, oligopolista o anche soltanto dirigista (al di fuori, ovviamente, di quel nucleo di regole tecniche sulla circolazione dei dati che abbiamo visto necessario a far funzionare il sistema stesso).

Ma c'è di più. L'accesso, infatti, al quale si è fatto finora riferimento, nel quadro della disciplina di garanzia dell'art. 21 Cost, è quello strumentale alla diffusione dei messaggi in Rete ossia, più in generale, all'esercizio del diritto di informazione nella sua declinazione attiva, coincidente in pratica con la stessa libertà di manifestazione del pensiero. Ma, nel caso d'Internet, assume, com'è evidente, un rilievo non solo non secondario, ma verosimilmente privilegiato, la posizione di chi accede al servizio alla ricerca delle informazioni, assolvendo cioè ad un ruolo, per così dire, simmetrico rispetto a quello prima descritto. La problematica della libertà d'informazione ha sortito, com'è noto, sotto l'aspetto che viene qui in rilievo, esiti non univoci, mentre le maggiori (e motivate) perplessità hanno riguardato la possibilità di ricostruire, al di là di specifici settori ordinamentali (quali la salute o la difesa dei diritti nei confronti delle autorità giudiziarie ed amministrative), un vero e proprio diritto ad essere informati, e laddove la stessa libertà informativa dal punto di vista "passivo" potrebbe forse più linearmente trarsi (anche se non ancora come situazione autonoma altrui di vantaggio) dalla libertà attiva d'informazione, se intesa anche come pretesa alla non frapposizione di ostacoli al pieno dispiegarsi del diritto di chi diffonde le informazioni .

Ma simili perplessità non parrebbero trovare alcuna giustificazione in relazione all'aspetto, per così dire, "riflessivo" della libertà d'informazione, vale a dire alla libertà di informarsi, e quindi di ricercare le informazioni, e quindi, ancora, secondo una logica concatenazione, di accedere alle fonti quando queste siano configurate come liberamente accessibili. Questo principio, che trova esplicito riconoscimento nell'art. 5 del Grundgesetz, gode anche nel nostro ordinamento di uno statuto costituzionale, anche se solo in maniera diffusa od implicita: e non semplicemente per quanto si appalesa possibile argomentare in base agli specifici disposti recati dagli artt. 9, 33 e 48, in ordine allo sviluppo e alla libertà della scienza, al diritto d'istruzione e alla più generale clausola sottostante alle libertà politiche (da ritenersi infatti autenticamente tali, solo se assistite da un'informata consapevolezza), ma già in virtù della stessa libertà di pensiero che presuppone evidentemente la possibilità che un pensiero sia comunque formato in una libera e non conformista relazione conoscitiva con il mondo esterno. Da questo punto di vista, dunque, se nessun serio ostacolo può essere frapposto alla lettura di un libro, alla visione di un filmato o di una trasmissione televisiva, un analogo diritto va riconosciuto per quanto riguarda l'accesso in Rete, la quale viene a svolgere, per quest'aspetto, una funzione strumentale non tanto diversa da quelle assolte dal supporto cartaceo, dalla pellicola sensibile fatta girare in sala di proiezione o dalla strumentazione televisiva.

10. Quali limiti alla circolazione dei dati in Internet?

Ma anche il discorso sugli eventuali limiti alla circolazione del pensiero su Internet pare, per così dire, orientato su una linea obbligata, in quanto, con riferimento ai contenuti della diffusione del pensiero, l'ultimo comma della predetta disposizione costituzionale, sortisce l'effetto di assegnare anche ad Internet il limite del buon costume

Ma se è chiara la premessa, le conseguenze non possono che risentire delle medesime oscillazioni ed incertezze che caratterizzano l'applicazione del limite in questione anche per gli altri mezzi di diffusione del pensiero, dove l'unico punto fermo sembrerebbe costituito dall'accezione che, della clausola costituzionale, ha proposto la giurisprudenza della Corte costituzionale, identificando il buon costume essenzialmente con la sfera della morale e del pudore sessuale.

Pur senza voler qui nemmeno discutere se, anche in tale più ristretto significato, la previsione dell'art. 21 incontri un soddisfacente grado di effettività in un ordinamento dove numerosi segni si lasciano intravedere, non dico di desuetudine abrogativa, ma certamente di una tendenza prevalente al laisser faire in materia , non si può non sottolineare come comunque sortite di raro fervore puritano si registrino spesso e volentieri proprio contro le manifestazioni (e ci sono!) contrarie al buon costume su Internet. Ma la circostanza risulta non solo difficile da giustificare per quanto riguarda i principi, ma anche anomala in punto di fatto. Infatti, mentre sotto il primo aspetto, appare irrazionale un accanimento tanto mirato in un quadro di diffusa (illegale) rilassatezza, sotto il secondo aspetto, occorre rammentare come, a tenore dell'art. 21 Cost, per le manifestazioni in Rete, così come per quelle di ogni altro mezzo comunicativo, contrarie al buon costume, resti demandato al legislatore di apprestare rimedi sia preventivi, sia repressivi, laddove si rivela necessario concentrare l'attenzione sull'esatto tenore della formula costituzionale (che non sembra abbia mai costituito motivo di particolare attenzione). Ci si riferisce precisamente alla qualificazione di "adeguatezza" che il costituente ha voluto dovesse comunque caratterizzare i provvedimenti così adottati a tutela del buon costume: un'"adeguatezza" che non può non involgere un giudizio di razionalità e bilanciamento delle misure prese in relazione, da un lato, alla pericolosità del mezzo, e, dall'altro, all'interesse ordinamentale alla promozione del mezzo stesso.

A questo scopo, mentre non pare dubitabile che Internet vada riguardata, come già accennato, con estremo favore, sia nell'ottica "individualista" propria della libertà di manifestazione del pensiero, sia in quella, in certo senso, "funzionalista" della circolazione delle idee e del dibattito democratico, non potrebbero nemmeno essere sottovalutate le particolari modalità di utilizzo della Rete, l'accesso alla quale non risulta agevole (come l'accesso ad un chiosco posto all'angolo di una strada) e nemmeno facilmente disponibile anche da parte dei soggetti più sprovveduti (come può essere pigiare il pulsante di un telecomando), ma richiede una precisa pulsione della volontà e dell'intelligenza (è ciò che la giurisprudenza statunitense denomina come tecnica degli affirmative steps) e non di rado addirittura l'inserimento di una o più passwords: ciò che, a nostro avviso, rende il mezzo il meno pericoloso tra i quelli finora conosciuti (avvicinandolo, se mai, a tutto concedere, alla fruizione degli spettacoli teatrali e cinematografici nei locali appositamente predisposti). Ecco che allora una legislazione specificamente repressiva, avuto riguardo agli altri media (e attesa la sostanziale latitanza al riguardo del legislatore), risulterebbe eccessivamente punitiva e perciò "costituzionalmente inadeguata". Lo stesso impegno di adeguatezza non dovrebbe poi far trascurare la circostanza che, per quanto riguarda l'aspetto più delicato della questione, e cioè l'accesso dei minori, è la stessa tecnologia della Rete ad aver già fornito gli strumenti selettori idonei a far effettuare una navigazione informata e consapevole: al proposito, non pare nemmeno trascurabile che il Consiglio costituzionale francese abbia sostanzialmente avallato nella decisione n. 96/378 relativa alla costituzionalità della cd. loi Fillon in materia di telecomunicazioni una disciplina legislativa di promozione di tali strumenti selettori .

In questo quadro, il problema dei limiti alla diffusione del pensiero in relazione alla peculiarità del mezzo mi parrebbe, dunque, esigere una più ponderata riflessione, dovendosi ritenere che tali limiti, così come desumibili direttamente od indirettamente dal dettato costituzionale (a tutela anche qui di diritti e valori di pari rango a quello della libertà in questione) non possano che essere gli stessi per un'identica libertà a prescindere dal mezzo utilizzato, e che, per converso, qualsiasi specifica disciplina apprestata in relazione alla particolare conformazione del mezzo non possa non tenere conto di questa stessa conformazione. E, se sul primo versante, occorre prendere posizione anche contro quelle manifestazioni, che in Rete, come fuori dalla Rete, non possono ritenersi in alcun modo garantite dalla tutela costituzionale, esulando dalla stessa nozione di pensiero, per quanto ampiamente configurato , sul secondo versante, specifiche preoccupazioni sembrerebbero, tutto sommato, più giustificate per altri aspetti, potendo rivelarsi miope concentrare eccessivamente (ed ossessivamente) l'attenzione sui comportamenti illegali veicolati dalla Rete in un'ottica , per così dire, tradizionale, senza effettuare piuttosto una riflessione aggiornata su quegli aspetti del mezzo comunicativo, che, in riferimento a determinati valori ed interessi, valgono a conferire ad Internet attitudini offensive inedite.

Si pensi, esemplarmente, al diritto di autore, e non solo per quanto riguarda il software, ma anche per qualsiasi altra opera intellettuale, comprese le banche dati, la cui possibilità di sfruttamento esclusivo è messa a repentaglio - sul piano informatico - dalle potenzialità duplicative dei programmi e - sul piano telematico - dalla diffusività ormai capillare della Rete. Si pensi ancora all'esigenza di tutela del consumatore a fronte della molteplicità e varietà dei servizi offerti in Rete e della promozione pubblicitaria dei medesimi, nonché più in generale all'esigenza di sicurezza del commercio elettronico e delle relative transazioni. Ma, in questo stesso ordine di idee, una qualche maggiore attenzione va qui riservata alla problematica attinente alla tutela della privacy, la quale, se fondamentalmente non sembrerebbe differire da quella già da tempo affrontata (ma con i ben noti ritardi qui da noi) relativamente alla protezione delle persone nei confronti del trattamento dei dati, in realtà, a causa della maggiore invasività della strumentazione telematica, presenta profili di rischio del tutto particolari . La circostanza è risultata ben presente al legislatore comunitario, quando, al Considerando n. 6 della Direttiva 95/46/CE, ha rilevato come la messa in opera coordinata di nuove reti di telecomunicazioni richieda e faciliti la circolazione transfrontaliera di dati personali, ed ha inoltre motivato che, in sede di recezione della medesima direttiva, venisse attribuito ad un apposito decreto legislativo la definizione delle modalità applicative nel settore delle reti della disciplina di base, recata dalla legge n. 675 del 1995 .

Ma, sul piano comunitario il discorso non sembra affatto essersi esaurito, essendo già stata formulata una proposta di direttiva (94/C 200/04) sulla tutela dei dati personali e della vita privata nell'ambito delle reti digitali pubbliche di telecomunicazione con particolare riferimento all'ISDN e alle reti digitali radiomobili. La proposta, che tenta, analogamente alla Direttiva 95/46/CE, di conciliare l'interesse morale alla tutela dei dati personali con quello di carattere economico alla libera circolazione dei terminali e dei servizi di telecomunicazione all'interno della Comunità, risulta, d'altronde, anche in piena coerenza col generale quadro, descritto all'inizio, di liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni, specialmente in considerazione del fatto che, grazie all'avvento di nuove tecnologie, sarà sempre più agevole accertare la provenienza e la destinazione delle comunicazioni, memorizzarne il contenuto e controllare pertanto le attività di comunicazione tra privati .

11. Ancora sull'informazione in Internet

Ma il confronto tra Internet e il sistema dell'informazione riuscirebbe senz'altro carente, se non si dedicasse, a questo punto, qualche cenno proprio all'informazione in Rete.

E', del resto, noto come la diffusione della Rete abbia incrementato grandemente la disponibilità di informazioni nei più disparati settori praticamente senza limiti geografici o di materia. Per converso, la messa a disposizione di informazioni ha trovato in Internet un veicolo in grado di affiancarsi e di interagire con i media tradizionali. Di qui l'evidente interesse, non solo dei normali utenti quali cd. content providers, ma particolarmente dei produttori professionali di informazioni, editori, giornalisti e quant'altro ad utilizzare la Rete: si tratta, in una parola, del giornalismo "internettiano" (le stime parlano di 4.000 testate on line , che, se talvolta si limita a replicare in pagine Web quanto già pubblicato sulle normali testate di quotidiani e di periodici (una sorta di canale parallelo), talaltra concentra tutta in Rete la sua attività informativa.

Questo fenomeno ha posto pertanto da subito il problema dello "statuto" dell'informazione giornalistica su Internet, a cominciare dalla stessa qualificabilità delle informazioni pubblicate. Occorre infatti rilevare come la "pubblicazione" telematica non solo non sembri suscettibile di rientrare nella nozione di stampa, come indicata nell'art. 1 della legge n. 47 del 1948 e, per quanto riguarda gli obblighi di registrazione, nell'art. 5 della stessa legge, ma paia anche assai dubbio che possa essere ricompresa nella disciplina delle testate giornalistiche radiotelevisive giusta la previsione dell'art. 10 della legge n. 223 del 1990. Da questo punto di vista, è anzi possibile ritenere che ci si trovi in una sorta di limbo legislativo o piuttosto di confusione, aggravata, a quanto è dato di sapere, dall'atteggiamento contraddittorio di taluni tribunali .

La questione appare della massima importanza, specie per quanto riguarda il profilo delle responsabilità per le notizie pubblicate. D'altro canto, già per le testate giornalistiche radiofoniche e televisive, venne avvertita l'esigenza non già di una disciplina ad hoc ma almeno di un esplicito rinvio alla disciplina della stampa periodica, anche se, nel caso del giornalismo telematico, un semplice rinvio potrebbe rivelarsi anche semplicistico, risultando necessario che sia preliminarmente chiarito il ruolo e la responsabilità degli altri attori dello scenario telematico . Solo in un quadro siffatto, potrebbe utilmente collocarsi una disciplina del fenomeno in qualche modo omologabile a quella già vigente per le altre forme giornalistiche (si noti peraltro come una simile soluzione ad oggi manchi del tutto nei progetti all'esame delle Camere). Inoltre, l'ascrizione formale all'attività giornalistica dell'informazione on line che presenti determinate caratteristiche eliminerebbe ogni incertezza sull'applicabilità del regime speciale sul trattamento dei dati previsto dalla legge n. 675 del 1996 appunto per l'attività giornalistica, laddove, per vero, tale problematica potrebbe anche ritenersi superata a seguito dell'estensione operata dal recente d. lgs n. 123 del 1976 non solo a favore di pubblicisti e praticanti, ma anche di chiunque anche occasionalmente pubblichi o diffonda articoli, saggi e altre manifestazioni del pensiero, potendosi in quest'ultima formula (altre manifestazioni del pensiero) bene farsi rientrare le informazioni comunque diffuse via Internet .

Ma questo tema rinvia subito ad un altro delicato problema, vale a dire a quello della responsabilità per le informazioni lesive od offensive, da chiunque fatte circolare, in Rete , rispetto al quale, se va ribadito senza esitazioni il principio della responsabilità personale sul piano penale di cui all'art. 27 Cost., la risposta non sembrerebbe poter essere così univocamente tranchante allorché la circolazione delle notizie avvenga sotto il controllo pieno e diretto di determinati soggetti. E' notoriamente il caso dei cd. sysops (vale a dire i moderatori di gruppi di discussione, esemplarmente i B.B.S. - Bulletin board systems -, al cui proposito sono già state formulate ipotesi diversificate in dottrina, talune delle quali, proprio facendo leva sul potere di controllo dei soggetti in questione, vi farebbero comunque corrispondere un regime di responsabilità .

Più arduo parrebbe invece ascrivere, tranne il caso di concorso a vario titolo nel reato (e comunque mai, mi parrebbe, per le informazioni e i dati non generati o residenti sui loro server ma provenienti dall'esterno) una responsabilità ai providers in quanto soggetti che si limitano ad offrire connettività (si noti che, in caso contrario, toccherebbe agli stessi esercitare una sorta di potere censorio sui contenuti esposti in Rete tramite il loro server: ciò che, a parte le difficoltà tecniche verosimilmente insormontabili, li esporrebbe, almeno nel caso della posta elettronica, a responsabilità penale ad altro diverso titolo) e tanto meno ai gestori di servizi di telecomunicazioni , ai quali gli stessi providers devono rivolgersi per l'affitto delle linee. Diverso mi pare invece il caso della collaborazione che il provider sarebbe tenuto a dare in caso di indagini dell'autorità giudiziaria consentendo alla stessa, ovviamente con le garanzie e i rimedi offerti dal codice di procedura penale, di accedere ai dati (elenco degli utenti, archivio delle passwords e archivio dei log) residenti sul server.

12. Considerazioni finali su Internet e sulla democrazia

Una possibile conclusione delle considerazioni finora svolte potrebbe essere ora tentata, riallacciandoci ad un rilievo già effettuato in precedenza, ma che si era subito lasciato cadere: esso riguardava, infatti, le più generali implicazioni ordinamentali d'Internet in un quadro di democrazia pluralista e partecipata, mentre in questo stesso quadro è ancora possibile riprendere, se pur assai rapidamente, qualche profilo collegato alla libertà di manifestazione del pensiero, particolarmente per quanto riguarda la disponibilità dei mezzi comunicativi.

A quest'ultimo proposito, il discorso diventa, infatti, per così dire, circolare, ritornando sull'iniziale problema del regime delle telecomunicazioni: regime nel quale l'innesto di una disciplina antitrust, già reso ineludibile dalle obbligazioni contratte dall'Italia in sede comunitaria, risulta necessitato, secondo quanto statuito da tempo dalla stessa giurisprudenza costituzionale, anche ai fini della garanzia di un ordinamento democratico e pluralista (valore, quest'ultimo, che, nel nostro caso, per quanto già rilevato, non potrebbe essere nemmeno oscurato da una situazione di risorse limitate com'è stato il caso della televisione). Per quanto riguarda, invece, il primo aspetto, evidentemente collegato con quello appena trattato, il problema che si pone, non diversamente da quanto avviene per altri tipi di media, segnatamente ancora la televisione, è quello della libertà della Rete: infatti, se il carattere, per ora indiscriminato, dell'accesso e la tutto sommato agevole possibilità economica di realizzarlo dovrebbero comportare l'estrema improbabilità che in essa possano consolidarsi posizioni di controllo sostanziale (non importa se a fini commerciali, a fini politici o ad altri fini di controllo sociale), sembra però evidente che solo un chiaro quadro istituzionale di garanzie potrebbe far tendere a zero quella stessa probabilità .

Su un altro versante, sono già stati chiaramente denunziati i rischi della cd. "iperdemocrazia" quale sarebbe offerta da un sistema di democrazia "interattiva" dove, più che manifestare bisogni ed esporre interessi, resterebbe in pratica solo di dare risposte a domande formulate da chi detenga (su qualsiasi mezzo comunicativo) il potere di formularle , laddove, all'opposto, è stato messo in evidenza come la comunicazione telematica potrebbe invece concorrere all'azione di controllo sui governanti (sia attraverso la trasparenza che essa può assicurare sugli eventi che sostanziano la vita politica e amministrativa, sia contribuendo all'informazione e all'educazione civica e politica del cittadino ).

Ma, con tutta evidenza, al fondo di tutto, sta ancora la garanzia e la tutela di quella primigenia libertà che è la libertà di pensiero, la quale, se, secondo le suggestive parole di Esposito, dovrebbe essenzialmente servire "perché l'uomo possa unirsi all'altro uomo nel pensiero e col pensiero ed eventualmente insieme operare: i vivi con i morti ed i morti con i vivi" , con Internet parrebbe aver raggiunto più imprevedibili approdi, potendo unire ora nel pensiero indiscriminatamente tutti gli uomini senza distinzione di luoghi e di fuso orario.

(*) Professore straordinario di Diritto costituzionale nell'Università di Camerino e docente di Informatica giuridica nelle Università di Camerino e Genova, avvocato cassazionista