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 Le regole dell'internet

S. 57: La legge è cosa troppo seria...
di Daniele Coliva - 26.07.01

La XIV legislatura si è aperta con la ripresentazione tale e quale di un disegno di legge in tema di contrasto alla pedofilia, già presentato in quella precedente. La circostanza non è di poco conto, in quanto aggrava la situazione dei recidivi (non tutti) parlamentari presentatori.
Perché tale incipit polemico? Semplicissimo: è sufficiente scorrere il testo del ddl S. 57 (uguale al C. 382 presentato contemporaneamente alla Camera e al C. 7321 della passata legislatura) per rendersi conto di essere di fronte ad un concentrato di "orrori" del diritto, della tecnica, legislativa e non, e della lingua italiana che ha ben pochi uguali.

Lo spirito dell'iniziativa legislativa è assai commendevole e nessuno si sentirebbe di dissentire: la pedofilia è argomento che suscita quale prima reazione un doveroso ribrezzo e quindi una rabbia altrettanto giustificata. Giusto pertanto costruire meccanismi giuridici idonei a reprimere questo tragico fenomeno. Tuttavia tali meccanismi debbono essere assemblati in maniera che funzionino e che colpiscano solo là dove è giusto che si debba reprimere.
Il ddl S57 al contrario, come il suo gemello predecessore, sembra un monstrum per così dire "buttato là"; la tentazione di pensare male è fortissima e si accompagna al disagio di essere nel giusto, e proprio a causa di tale tentazione.

Non entro nel merito delle scelte organizzative contenute nel ddl in questione, in quanto si tratta di scelte politiche e, in misura assai minore, tecniche. Mi limito a porre in evidenza la necessità di particolare cautela e rigore nell'affiancamento di soggetti esterni, considerati casi di errori giudiziari clamorosi, con conseguenze tragiche, di cui si è letto di recente (Milano e Modena).
Lo stupore è invece ineludibile nel leggere gli articoli 5 e 6.

Art. 5.
1. L'articolo 600-bis del codice penale è sostituito dal seguente:
«Art. 600-bis. (Prostituzione minorile). - Chiunque induce alla prostituzione una persona di età inferiore agli anni diciotto ovvero ne favorisce o sfrutta la prostituzione è punito con la reclusione da dodici a ventiquattro anni e con la multa da lire sessanta milioni a lire seicento milioni.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti sessuali con un minore di età compresa tra quattordici e sedici anni in cambio di denaro o di altra utilità economica è punito con la reclusione da dodici mesi a cinque anni».
2. Dopo l'articolo 600-bis del codice penale è inserito il seguente:
«Art. 600-bis. 1. - (Pedofilia telematica). - Chiunque diffonde immagini di minori per la diffusione della pedofilia e per lo sfruttamento minorile utilizzando siti telematici è punito con le pene previste all'articolo 600-bis».

Il testo attualmente vigente dell'art. 600 bis c.p. è il seguente:

Chiunque induce alla prostituzione una persona di età inferiore agli anni diciotto ovvero ne favorisce o sfrutta la prostituzione è punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da lire trenta milioni a lire trecento milioni. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti sessuali con un minore di età compresa fra i quattordici ed i sedici anni, in cambio di denaro o di altra utilità economica, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni o con la multa non inferiore a lire dieci milioni. La pena è ridotta di un terzo se colui che commette il fatto è persona minore degli anni diciotto."

E' evidente il raddoppio della pena che è materia riservata alla discrezionalità del legislatore, salvo casi di palese irragionevolezza.
Sorprende invece il testo del nuovo art. "600 bis 1" (la numerazione anomala è dovuta al fatto che bisognava trovare il modo di individuare un articolo da inserire tra i preesistenti 600 bis e 600 ter). La genericità regna sovrana: che significato concreto ha la locuzione "immagini di minori per la diffusione della pedofilia e per lo sfruttamento minorile"? E' bene ricordare che uno dei precetti costituzionali in tema di struttura della norma incriminatrice è quello della tipicità, vale a dire che la disposizione penale deve descrivere con sufficiente precisione i contorni dell'illecito. E' una norma di garanzia per tutti.

In mancanza di una definizione giuridica di pedofilia, tale disposizione rischia di tradursi o nella inapplicabilità della stessa ovvero nella possibilità di tragici abusi. Il fine della diffusione della pedofilia deve esistere nel contenuto dell'immagine o nella intenzione (vorremmo dire "nella testa") del distributore?
Una foto dei genitali di un bambino in un testo di clinica pediatrica è uno strumento scientifico in ambito medico e, potenzialmente, di sollecitazione di istinti perversi in ambiente "pedofilo". Deve quindi essere vietata? Medici pediatri che si scambiano immagini di bambini nudi a scopo di discussione scientifica sono passibili di incriminazione ai sensi del proposto art. "600 bis. 1"? E quali dovrebbero essere le pene? La norma richiama il 600 bis nel nuovo testo, che prevede due reati distinti, con sanzioni estremamente diverse, da 12 a 24 anni il primo comma e da 1 a 5 il secondo.

Il pragmatismo anglosassone ha portato ad una definizione abbastanza precisa di pornografia minorile (child pornography): Under federal law, "child pornography" is any *visual* material that depicts a child either engaging in explicit sexual acts or posing in a "lewd and lascivious" manner, when the manufacture of such material involves the actual use of a real child. (M. Godwin, CHILDREN, CHILD ABUSE, AND CYBERPORN: A Primer for Clear Thinkers).
Il nostro legislatore si è ben guardato dall'introdurre una definizione di base, ma la cosa non deve stupire, in quanto la lettura del successivo art. 6 dimostra come lo stesso sia totalmente digiuno di elementari nozioni tecniche (giuridiche e informatiche) e linguistiche (non solo straniere):

Art. 6.
1. I responsabili dei motori di telecomunicazione, i portali WEB, i provider, i gestori dei server e tutti gli operatori di telecomunicazione sono obbligati a conservare i file di accesso al logo per almeno dieci anni.
2. In caso di mancata osservanza delle disposizioni di cui al comma 1, i soggetti di cui al medesimo comma incorrono nei reati di favoreggiamento e di concorso nella pedofilia e di sfruttamento dei minori. Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, il responsabile è punito con la reclusione da uno a tre anni.
3. I soggetti di cui al comma 1 hanno l'obbligo di denunciare all'autorità giudiziaria i reati di cui alla legge 3 agosto 1998, n. 269, come da ultimo modificata dalla presente legge, ed agli articoli da 600-bis a 600-septies del codice penale.

Siamo in attesa che sia spiegato cosa sono i "motori di telecomunicazione", che cosa si intenda per "gestori dei server".
Se non stessimo parlando di un argomento serissimo, lo sghignazzo sarebbe doveroso leggendo "i file di accesso al logo". E' chiaro che si sta parlando dei "log", cioè di quei file che conservano traccia degli accessi all'internet ed ai siti nell'internet (perché allora non prevedere un contenuto minimo del log in modo che sia effettivamente utile e ne sia verificata la compatibilità con la l. 675/96? Non sarebbe dovuta in questo caso l'audizione preventiva dell'autorità garante della privacy?).
Il termine log non è la traduzione inglese di logos, ma nella tecnica di navigazione del XVII secolo stava ad indicare il pezzo di legno (log, appunto) che veniva lanciato in acqua per calcolare la velocità della nave, misurando il tempo che il impiegava a passare da prua a poppa. Per traslato il verbo to log è divenuto il termine tecnico per indicare qualsiasi attività di annotazione e memorizzazione periodica e regolare del funzionamento di un apparecchio.
Da un punto di vista strettamente tecnico, poi, il log "è" un file, per cui non ha senso parlare di "file di accesso al log".

Ma non basta. Il comma 2 è ancor più sorprendente.
La mancata tenuta del log per almeno 10 anni comporta per i soggetti di cui al comma 1 (che soggetto è un portale WEB?) l'incriminazione (tentativo di traduzione della frase "incorrono nei reati") per favoreggiamento "e" concorso nel reato di pedofilia.
Scomponiamo la proposizione:

  1. in che cosa consiste il reato di pedofilia? qual è la norma penale che lo prevede? Forse si intendeva parlare di pornografia minorile, art. 600 ter c.p.
  2. favoreggiamento (che è reato autonomo) e concorso in un reato sono due concetti rispettivamente incompatibili. Le norme sul favoreggiamento (artt. 378 e 379 c.p.) prevedono espressamente che tale reato sia configurabile al di fuori del caso di concorso in un reato. Per esemplificare: se aiuto Tizio a forzare la saracinesca di un negozio per rubare la merce esposta in vetrina CONCORRO nel reato di furto aggravato; se nascondo in casa mia Tizio dopo che questi ha commesso il furto nel negozio di cui sopra per consentirgli di sfuggire alla cattura da parte della polizia che lo insegue, COMMETTO IL REATO di favoreggiamento. E' evidente che non può darsi congiuntamente favoreggiamento e concorso.
  3. il primo periodo del secondo comma perde però qualsiasi significato in forza del secondo periodo. Infatti, la minaccia di "incorrere nei reati di favoreggiamento e di concorso nella pedofilia e di sfruttamento dei minori" è vanificata dalla previsione di una sanzione tipica: il responsabile è punito con la reclusione da 1 a 3 anni.
    Questa previsione può essere il frutto di un'improvvisa resipiscenza del redattore del testo, il quale si era probabilmente reso conto della assurdità del ricorso alle ipotesi di favoreggiamento e/o concorso in pedofilia e sfruttamento di minori per sanzionare l'omessa tenuta del log. E' illogico e francamente poco serio dal punto di vista tecnico-giuridico punire come favoreggiatore e/o concorrente di pedofili chi non istituisce e conserva un log, considerato che quest'ultimo contiene informazioni per la maggior parte irrilevanti ai fini delle indagini sui reati in questione.

Il ddl S. 57 nelle sue parti innovative dell'ordinamento sostanziale penale è un agglomerato di approssimazioni lessicali e di errori informatici e giuridici marchiani da "matita blu".
Troppi sono gli interrogativi su aspetti di base per non concludere che non si può legiferare "a orecchio", senza conoscere la materia, delicatissima peraltro, sulla quale si va ad incidere.
Parodiando un vecchio detto, si potrebbe concludere che la legge è cosa troppo seria per lasciarla al legislatore.