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Le regole dell'internet

Censura? Le norme attuali bastano e avanzano

di Manlio Cammarata - 28.11.06

 
Ci risiamo. Fatti di cronaca che coinvolgono ragazzi  portano ancora una volta l'internet - e i telefonini - sulle prime pagine dei giornali. E di nuovo scatta la gara alle proposte repressive, alla ricerca di una censura tanto più bieca quanto più inutile, oltre che impossibile.

Tristi episodi di bullismo giovanile: un disabile picchiato, una ragazzina violentata. Ultimi di una serie infinita, della quale è impossibile vedere l'inizio, perché la violenza giovanile non è un frutto degli anni dell'internet. La differenza tra il passato e oggi è che i nuovi media mettono sotto gli occhi di tutti e amplificano l'eco di fatti che un tempo, se emergevano, restavano confinati nelle pagine di cronaca dei giornali.
Ora, grazie ai nuovi media e all'uso che ne fanno i giovani, emergono fatti e comportamenti diffusi che suscitano un giustificato allarme (è accaduto anche per la pedofilia e la pedo-pornografia). Ma che prima restavano nell'ombra: senza Google il turpe episodio di Torino sarebbe rimasto nell'ombra. 

Ma la Procura della Repubblica di Milano fa perquisire la sede di Google Italia e iscrive nel registro degli indagati i legali rappresentanti del motore di ricerca, perché attraverso lo spazio messo a disposizione degli utenti è stato diffuso il terribile video delle violenze sul disabile. L'ipotesi è di "omesso controllo": Ma è materialmente impossibile controllare tutto quello che viene messo in Rete, soprattutto su portali di tali dimensioni.
Il magistrato ipotizza l'equiparazione tra il gestore di un sito internet e il direttore responsabile di un periodico: tesi più che ardita sul piano giuridico, perché la norma penale non può essere applicata per analogia  in malam partem (cioè a sfavore dell'imputato). Dunque il reato espressamente previsto a carico di una figura determinata dalle leggi  (quella del direttore responsabile è prevista dalla legge la n. 47 del 1948 e dalla n. 69 del 1963) non può essere ascritto a un soggetto diverso. Va detto che recentemente una altro giudice ha emanato una sentenza che sembra equiparare le due figure, ma le sue acrobazie non sembrano convincenti (vedi L’orfana figura del direttore responsabile di Daniele Minotti).

Altri ragazzi riprendono e si scambiano con i telefonini scene di sesso e di violenza. Subito i telefonini sono sotto accusa: per il ministro dell'istruzione Fioroni "C'è da chiedersi perché la gravità del fenomeno a cui stiamo assistendo, il diffondersi del bullismo, è sempre connesso alla ripresa e alla messa in circolo". La risposta è semplice, caro ministro: perché i telefonini sono di uso comune tra i ragazzi; quando non c'erano il bullismo esisteva lo stesso, ma non era "ripreso e messo in circolo".

Ancora il ministro Fioroni: "Nel nostro Paese non esiste responsabilità per coloro che mettono in rete qualsiasi immagine o contenuto sul Web o internet. Io ritengo invece che dobbiamo apportare modifiche alla normativa perché l'immissione nella rete di immagini e contenuti possono provocare danni alla formazione dei nostri ragazzi... Per questa ragione ritengo che si debbano vietare e sanzionare queste immissioni".

Per la senatrice Maria Burani Procaccini di Forza Italia c'è un vuoto normativo del quale "certamente si gioveranno anche i signori di Google sotto inchiesta per le immagini del ragazzo di Torino pestato". E' il caso di ricordare a Procaccini e Fioroni che la responsabilità dei provider è delimitata dalla direttiva 2000/31/CE, recepita con il decreto legislativo 70/2003, art. 17, che esclude un obbligo generale di sorveglianza per i fornitori di servizi telematici.

Dunque è molto difficile che passi la proposta di legge di Procaccini che prevede "il divieto assoluto ai motori di ricerca ed ai server di divulgare immagini inviate da infraquattordicenni". Ma leggiamo anche il seguito: "...con la clausola del permesso genitoriale per quelli inviati da adolescenti della fascia fra 14 e 17 anni. Le violazioni saranno punite con la chiusura dei siti e degli interi motori di ricerca, si potrà agire anche d'ufficio e saranno previste pene pesanti per i trasgressori, con l'inasprimento delle pene per i minori e per i genitori correi".

Rincalza il ministro Fioroni: "Ritengo che la decisione della procura (sul caso del disabile picchiato, n.d.r.) sia un motivo in più perché il Parlamento riveda l'assetto normativo in materia. Come ho più volte sostenuto non possono esserci due pesi e due misure, uno per carta stampata e tv e uno per la rete internet. Il rispetto della dignità umana è uno solo. Il principio di responsabilità non può essere declinato a seconda del mezzo di trasmissione su cui viaggia un reato".
Anche il ministro dovrebbe ripassare un po' la normativa sulla stampa e rileggere l'art. 21 della Costituzione. In compagnia del Garante dei dati personali, che ha impedito una trasmissione televisiva, molto al di là dei poteri che la legge gli ha assegnato (vedi Il caso "Le Iene" e la funzione del Garante di Andrea Monti, oltre a Libertà di informazione e diritto di sapere).

Il Garante ha detto anche che “il caso del video del ragazzo down pestato in classe effettivamente pone il problema del controllo sui siti Internet e sui nuovi media per i quali è più difficile intervenire con provvedimenti interdettivi. Il web è molto ampio e la quantità dei siti si moltiplica quotidianamente. Spesso, perciò, sono difficili il monitoraggio e l'intervento tempestivo''. Appunto: il "controllo" sui siti è praticamente impossibile, sicché i "provvedimenti interdittivi", come li vorrebbe il professor Pizzetti possono avere il solo effetto di sollevare polveroni come quelli che vediamo oggi.

Purtroppo si possono solo reprimere gli abusi dopo che si sono verificati, applicando con la dovuta attenzione le norme del codice penale, quando un fatto è previsto come reato. E' una realtà difficile da accettare, ma il problema è in una società violenta, nella continua proposti di modelli comportamentali violenti (videogiochi compresi), nella scarsa attenzione di molti genitori, nell'inadeguatezza della scuola.
Su quest'ultimo punto il ministro dell'istruzione dovrebbe avanzare proposte serie.

Le proposte di censura si moltiplicano, alla faccia della Costituzione e nell'ignoranza degli aspetti più importanti dei nuovi media. Sembra che nessuno degli aspiranti censori si renda conto che un divieto di pubblicazione imposto in un solo Stato, o anche in diversi Stati, non ha alcuna possibilità di rivelarsi efficace, neanche in luoghi come la Cina, in cui le autorità controllano (o cercano di controllare) tutto ciò che passa sulla Rete. La natura dell'internet è tale che i contenuti vietati o oscurati da una parte possono ricomparire da un'altra e da un'altra ancora. L'internet è incontrollabile e questo la rende un grande strumento di libertà.

Ma perché non si prende atto di questa realtà? Perché si continua a immaginare l'internet "come un Far West" invece di cercare di capire quali sono le sua potenzialità di diffusione della conoscenza e di sviluppo sociale? Gli anni passano, ma nel Palazzo sono sempre allo stesso punto: rileggiamo l'articolo Gira e rigira, si finisce sempre con le proposte di censura del 19 marzo 1998! 
Una sola voce si leva in questi giorni contro il delirio censorio e repressivo: quella del deputato di Rifondazione comunista Maurizio Acerbo, che sostiene come "La più totale condanna nei confronti degli autori di gesti inaccettabili come quelli di cui parlano le cronache non giustifica il fatto che, sull'onda
dell'emozione suscitata dall'evento, vengano promosse leggi liberticide".

Il punto è che una cosa sono gli episodi di violenza e un'altra la loro rappresentazione sui media. Censurare le rappresentazioni non ha alcun effetto sui fatti rappresentati: il problema è nella società, in una cultura che rende troppo diffusi certi comportamenti. E in ogni caso il codice penale prevede pene severe - in qualche caso anche troppo - sia per i fatti criminosi di cui parliamo sia per la loro rappresentazione sui mezzi di informazione. Non servono nuove leggi. Il problema è di natura sociale e questo è il terreno su cui si deve agire.

(Vedi anche Video choc girato ai danni di un giovane disabile. Una direttiva comunitaria potrebbe salvare Google di Franco Abruzzo e La violenza giovanile e il “caso Google”: ennesimo pretesto per invocare censura e repressione di ALCEI)

 

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