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 Le regole dell'internet

Nominati d'ufficio "Catoni della Rete"
di Manlio Cammarata - 12.10.2000

In questo numero parliamo di bombe e diamo un po' di lavoro a Echelon, che sarà messo in allarme dalle frequenti ricorrenze del lemma bomb. Parliamo anche di pedofilia e saremo immediatamente individuati e segnalati dai motori di ricerca dei vigilantes di Don Fortunato, per non parlare delle varie polizie telematiche.
Pazienza. Finché non ci impediscono di scrivere e di diffondere le nostre idee, l'intercettazione (di contenuti destinati a essere pubblici!) non ci preoccupa. Ma tra qualche tempo la situazione potrebbe non essere così tranquilla...

Parliamo di bombe, dunque. Non delle bombe digitali proposte da qualche sprovveduto personaggio della politica e inviate ai siti pedofili da altrettanto sprovveduti, sedicenti hacker, che si improvvisano vigilanti e giustizieri.
In realtà si tratta di bombe di carta (di giornale), che fanno molto rumore. Ne parla Giancarlo Livraghi in Chi si rivede? Il diavolo nella rete e non ci sarebbe niente da aggiungere, se si trattasse solo di bombe stupide. Il problema è che siamo di fronte a un vero bombardamento a tappeto, nel quale si distingue l'esplosione di parecchi ordigni "intelligenti", che sembrano guidati da un'accorta strategia.

E' un fatto che negli ultimi tempi gli attacchi all'internet da parte dall'informazione tradizionale sono aumentati di intensità, e con i pretesti più diversi. Si va dalle cronache sui siti "mafiosi" a quelle sui pedofili, passando per le giustificate preoccupazioni per gli abusi nei trattamenti dei dati personali. I media riportano le preoccupazione del Presidente della Repubblica per i "varchi non vigilati", quelle del Presidente del Consiglio, che osserva come "Il grande, enorme balzo delle libertà che le tecnologie consentono non è un balzo senza rischi", e via discorrendo. Fino all'intervista di Repubblica all'insigne penalista Carlo Federico Grosso, che autorevolmente prospetta la responsabilità dei fornitori di servizi per "omesso controllo" (vedi Uno spettro si aggira per l'Europa: la responsabilità dei provider).

La somma di tante "bombe", grandi e piccole, rumorose o discrete, non può avere altro effetto che preparare l'opinione pubblica ad approvare provvedimenti liberticidi, come l'attribuzione ai provider del ruolo di censori dei contenuti, sotto la minaccia di sanzioni penali. Un "bombardamento" di questo tipo, anche se diretto verso bersagli che devono comunque essere colpiti, può avere effetti "collaterali" devastanti, per una ragione molto semplice.
Infatti, se sarà previsto per legge l'obbligo dei provider di controllare e rimuovere contenuti sospetti o discutibili, nessun operatore accetterà più di ospitare siti che, per un motivo qualsiasi, possano far sorgere il rischio di "rogne". Addio, dunque, ai gruppi di discussione su argomenti "caldi", alle e-zine alternative, forse anche a pubblicazioni come questa, che può dare fastidio a qualcuno.

Se anche l'obbligo del provider fosse solo quello di rimuovere i contenuti che chiunque gli segnala come "illegittimi", il risultato sarebbe comunque l'eliminazione di voci scomode: il signor Tizio segnala al provider Caio che il sito di Sempronio contiene espressioni ingiuriose, o incita a comportamenti illeciti. Che fa il buon Caio? Cancella le pagine di Sempronio, se la legge lo impone. Così, anche se poi non viene provato che dal sito di quest'ultimo sono stati diffusi contenuti illeciti, è stata comunque soppressa per qualche tempo la libertà di espressione ed è stato determinato un danno che difficilmente qualcuno potrà risarcire.

Già oggi, in mancanza di una normativa chiara, il provider può essere chiamato a rispondere in sede civile della cancellazione o della mancata cancellazione di un contenuto: se, in seguito alla segnalazione di un presunto illecito da parte di un presunto danneggiato, non provvede, allora può essere citato per i danni conseguenti al protrarsi dell'illecito. Ma se provvede e cancella, potrebbe essere trascinato in giudizio dall'autore dei contenuti cancellati!
Questo problema potrebbe essere prevenuto in sede contrattuale, eventualmente con un clausole-tipo previste da un codice di autoregolamentazione. Discorso ormai vecchio, al quale i provider si sono sempre mostrati sordi.

Vedremo se drizzeranno le orecchie quando una legge li nominerà, d'ufficio, "Catoni della Rete". Ma il Censore dell'antica Roma era un alto magistrato, esperto di diritto e difensore della società civile...