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 Le regole dell'internet

Alziamo la voce, o ci ridurranno al silenzio
di Manlio Cammarata - 02.11.2000

Una settimana fa abbiamo riferito di un disegno di legge che, con il pretesto di proteggere i minori, imporrebbe una censura generalizzata e totale sull'internet in Italia. Già in questa prima frase c'è un assurdo, perché l'internet non può essere controllata in questo o quel Paese, essendo un fenomeno planetario. O, come è di moda dire, "globale".
Torneremo tra un attimo sui contenuti di questo delirio normativo, ma prima è necessario richiamare una notizia sullo stesso argomento: il Consiglio d'Europa marcia a grandi passi verso l'approvazione di una Convention on Cyber-crime che, con strumenti diversi, si prefigge lo stesso risultato.

Altre proposte normative dovrebbero essere elencate accanto a queste due, a partire da quella annunciata qualche settimana fa, che prevede il "bombardamento" legalizzato dei siti dei pedofili. Ma bastano i primi due testi, quello italiano e quello europeo, per dare un quadro abbastanza chiaro della situazione che una parte della Rete denuncia con crescente allarme: la vera e propria aggressione alla libertà di espressione sull'internet, condotta con il pretesto della protezione dal "crimine informatico".

E' bene sottolineare che la bozza del Consiglio d'Europa non è in preparazione di una direttiva indirizzata agli Stati membri della UE, ma si presenta come una convenzione internazionale alla quale dovrebbero aderire le nazioni di tutto il mondo. Una "legge globale", appunto, come "globale" è la Rete, che darebbe una forma di superiore legittimazione anche a norme come quelle che in questo periodo si vanno presentando in Italia.
Aggiungiamo che i vari Echelon, Enfopol e via spiando, si inseriscono perfettamente in questo quadro, senza dimenticare iniziative alquanto discutibili come il sito messo in piedi dal duo Di Noto-Ormanni per catturare pedofili particolarmente stupidi.
Infine, ma non ultime, ricordiamo le previsioni della direttiva 2000/31/CE, che con astute circonlocuzioni aprono la strada alla responsabilità oggettiva - penale - dei provider.

E non commentiamo qui la Draft Convention on Cyber-crime, perché basta e avanza la lettera inviata al Consiglio da 28 organizzazioni aderenti dalla Global Internet Liberty Campaign, che riportiamo anche in queste pagine (per l'Italia, si veda il sito di ALCEI).
Tralasciamo, per ora, anche le campagne e le norme (già approvate o solo proposte) in materia di diritti sul software, che tutelano solo le grandi aziende e colpiscono anche la libertà di circolazione delle idee.
Dedichiamo invece qualche riga al disegno di legge AS 4560, citato all'inizio di questo articolo, perché rende un'idea molto precisa della cultura che genera certi mostri.

Il primo dato che salta all'occhio è la totale ignoranza tecnica  sulla materia che si vorrebbe regolamentare. L'articolo 5 del DDL dice che "È vietata qualsiasi manipolazione delle immagini e delle scene e sequenze, non riconoscibile come tale dallo spettatore, da parte delle emittenti che trasmettono con tecnica digitale". Come se la manipolazione digitale, riconoscibile o no, non fosse già una realtà quotidiana sulla TV analogica! Evidentemente gli estensori del testo non sanno che il termine "digitale", in questo caso, si riferisce semplicemente al modo in cui viene trasmesso il segnale, mentre i contenuti sono esattamente gli stessi.

Ancora, l'articolo 6, comma 2 dice che "I gestori dei servizi e delle reti operanti sul territorio nazionale provvedono a classificare ogni informazione e messaggio, che viene reso disponibile sui loro elaboratori, fatta eccezione per quelli tutelati dal segreto epistolare, e ove riscontrino che esso ha contenuti vietati o contrari alla legge o previsti dalla legge come reati, provvedono a impedirne la diffusione e l'accesso". Si ignora che i "gestori delle reti" non rendono disponibile alcun contenuto sui loro server, perché altrimenti sarebbero fornitori di servizi, che la quantità dei messaggi che passano nelle reti rende materialmente impossibile una "classificazione al volo" (al massimo si può operare una "filtratura" più o meno casuale) e che soltanto un magistrato può decidere quali contenuti possano essere vietati o contrari alla legge o previsti dalle leggi come reati.

Ma fino a questo punto siamo ancora sul terreno odioso della censura, che è solo uno degli aspetti di qualsiasi regime autoritario. Il disegno di legge va molto più in là, perché si spinge a elencare per filo e per segno che cosa deve  essere diffuso. I palinsesti televisivi e i portali dell'internet, secondo i presentatori del testo, dovrebbero essere tassativamente composti "a norma di legge".
E' chiaro che iniziative di questo segno non passeranno in un Parlamento dove, bene o male, sono ancora presenti individui che hanno una coscienza democratica e un minimo di cultura della legge. Ma, soprattutto nell'ombra delle varie commissioni, ci saranno compromessi e baratti che alla fine salveranno una parte di queste proposte e realizzeranno i propositi liberticidi che esse si prefiggono.
E questo vale sia per le leggi di casa nostra, sia per gli accordi internazionali

E' necessario opporsi a questo disegno di censura globale e far sentire chiara la voce del diritto e della libertà. Non si creda che, ripulendo l'internet da qualsiasi contenuto estraneo agli interessi delle aziende "globali", essa possa diventare un veicolo più efficace per il commercio elettronico o altre iniziative di tipo esclusivamente economico. Saranno ben pochi quelli che preferiranno la Rete alla bottega sotto casa, se la rete sarà solo una grande e anonima bottega. Senza libertà l'internet è destinata a morire, e con essa tanti operatori che oggi cercano di sfruttarla sotto l'aspetto economico.
Dunque è necessario che le associazioni dei soggetti che, a diverso titolo, operano sulla Rete, si facciano sentire, che firmino pubblici appelli, che diano vita a movimenti di opinione.

Con le prospettive di "evoluzione" dell'internet che oggi si aprono a livello nazionale e internazionale, è necessario alzare la voce per non essere ridotti al silenzio.