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Pubblica amministrazione

Amministrazione digitale: leggiamo il Codice - 4

di Carmelo Giurdanella e Elio Guarnaccia* - 10.01.05

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Gli strumenti di interazione tra amministrazioni e privati. Siti web pubblici e posta elettronica certificata

Lo schema del codice affronta la questione relativa agli strumenti di dialogo tra cittadino e PA, e individua da un lato le reti telematiche (art. 10, comma 4) ed i siti web pubblici (artt. 56 e 57) per la disponibilità di dati ed informazioni digitali e per la fornitura di servizi in rete, dall’altro lato la posta elettronica certificata (art. 6) per lo scambio di atti e documenti amministrativi informatici.

Quanto alle reti telematiche, la dichiarazione di principio contenuta all’art. 10, c. 4 – come già detto nel primo articolo di questa serie, certamente al di fuori dei limiti tracciati dalla legge delega – è, nella sostanza, inequivocabile: “La Repubblica promuove la realizzazione e l’utilizzo di reti telematiche come strumento di interazione tra le pubbliche amministrazioni ed i privati”. Per quanto concerne i siti web pubblici, il codice statuisce altrettanto chiaramente che “le pubbliche amministrazioni centrali realizzano siti istituzionali su reti telematiche che rispettano i principi di usabilità, reperibilità, accessibilità anche da parte delle persone disabili, completezza di informazione, chiarezza di linguaggio, affidabilità, semplicità di consultazione, qualità, omogeneità ed interoperabilità” (art. 56, comma 1).

La rilevanza di queste disposizioni è notevole, in considerazione del fatto che la attività amministrativa non ruota più soltanto intorno al documento amministrativo, ma anche al dato ed alla informazione che amministrazioni statali, regionali ed enti locali, grazie alla telematica, possono rendere disponibili direttamente nelle case dei cittadini. I dati informatici viaggeranno attraverso le reti telematiche e verranno infine pubblicati e resi conoscibili sui siti Internet delle PA al tempo stesso bacheche e sportelli virtuali. Il decreto in esame pare recepire e codificare queste tendenze evolutive del procedimento amministrativo, sancendo la nuova rilevanza che in esso assume l’informazione in modalità digitale (art. 2, comma 1).

In concreto, al fine dell’implementazione delle reti telematiche pubbliche, è stato approvato in via preliminare dal CdM e dalla Conferenza unificata stato-regioni-autonomie locali, lo schema di DLgs recante “Istituzione del sistema pubblico di connettività”, norma intimamente connessa al codice in commento, in quanto prevede e disciplina le infrastrutture tecnologiche su cui “gireranno” le regole e gli strumenti procedimentali messi a punto dal codice dell’amministrazione digitale (vedi E. De Giovanni, Pubblica Amministrazione e ICT: le iniziative del Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie, su Telejus).

Quanto ai siti web pubblici, il codice, dopo essersi preoccupato della loro uniformità e standardizzazione, promuovendo intese ed azioni comuni tra Stato, regioni e enti locali (art. 56, comma 2), dedica un intero articolo – l’art. 57 – ai dati pubblici che dovranno necessariamente contenere.
Da notare, innanzitutto, le prescrizioni relative all’elenco delle caselle di posta elettronica istituzionali attive, anche se non di posta elettronica certificata, l’elenco di tutti i bandi di gara e quello dei servizi forniti in rete.

Inoltre, vi sono alcune prescrizioni più specificamente relative al procedimento amministrativo, che non sono altro che la versione “virtuale” delle disposizioni previste dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 e quindi già vincolanti per la PA nella sua attività in forma cartacea, tanto che il codice si preoccupa di chiarire che tali informazioni contenute nei siti Web pubblici dovranno essere conformi e corrispondenti a quelle contenute nei provvedimenti amministrativi originali dei quali si fornisce comunicazione tramite il sito (art. 57, comma 4): tali informazioni sono l’elenco dei procedimenti svolti, i termini previsti per la loro definizione, le unità organizzativa responsabili di istruttoria, dell'adozione del provvedimento finale, nonché il responsabile del procedimento.

Da segnalare, infine, le prescrizioni secondo cui i siti delle pubbliche amministrazioni centrali dovrebbero necessariamente contenere anche l’organigramma, l’articolazione degli uffici, le attribuzioni e l’organizzazione di ciascun ufficio, nonché il settore dell’ordinamento giuridico riferibile all’attività da essi svolta, con documenti anche normativi di riferimento: si impongono così alle PA nuovi oneri di comunicazione non altrimenti previsti da precedenti norme.

Passando alla posta elettronica certificata, essa nel testo in esame assurge a “strada virtuale maestra” per ogni scambio di documenti nella attività esterna delle amministrazioni centrali.
E ciò trova conferma nel fatto che, tra le definizioni cristallizzate all’art. 1, ve ne è una completamente nuova, non precedentemente prevista dal Dpr 445/2000, secondo cui è “indirizzo elettronico” una casella di posta elettronica idonea ad identificare una struttura tecnologica in grado di trasmettere, ricevere e mantenere a disposizione messaggi di posta elettronica. Tale ruolo preminente è peraltro confermato dal carattere chiaramente programmatico dell’art. 6: “Le pubbliche amministrazioni centrali utilizzano la posta elettronica certificata… per ogni scambio di documenti e informazioni con i soggetti interessati che ne fanno richiesta e che hanno preventivamente dichiarato il proprio indirizzo di posta elettronica certificata”.

La suddetta norma fa riferimento specifico proprio al decreto del Presidente della Repubblica recante Disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, approvato dal Consiglio dei ministri il 25 marzo 2004 e, da ultimo, accolto con parere favorevole dalla 1^ Commissione affari costituzionali del Senato il 13 ottobre scorso, ma non ancora entrato in vigore. Il codice, pertanto, riconosce oggi alla PEC quella primaria importanza che già era stata riconosciuta la scorsa primavera nell’ambito del processo di digitalizzazione della PA (vedi C. Giurdanella ed E. Guarnaccia, La posta elettronica certificata: conferma normativa per la P.A., innovazione per i privati, su Altalex). Ulteriore conferma del primario ruolo che la posta certificata avrà nella nuova amministrazione informatizzata è data dal recente decreto del Ministero della giustizia n. 272 del 14 ottobre 2004, contenente le regole tecniche del processo civile telematico (per un primo commento, vedi C. Giurdanella, Depositi «elettronici» al Tar Catania: spunti per un processo amministrativo telematico, su Giustizia Amministrativa).

Ed infatti, il capo II, rubricato “Gestione della posta elettronica certificata”, individua la PEC come unico strumento di dialogo per tutti i soggetti coinvolti nel processo telematico. Ognuno dovrà disporre di un unico indirizzo elettronico da utilizzare nel processo, e della relativa casella di posta elettronica, la cosiddetta CPECPT (art. 11, comma 2). Tale indirizzo sarà, peraltro, abilitato a ricevere esclusivamente messaggi provenienti da indirizzi elettronici del medesimo sistema (commi 3 e 4).

Per quanto concerne il codice in commento, oltre al limite relativo all’uso facoltativo nelle attività interne della PA, già sancito dal suddetto schema di DPR, il secondo comma dell’art. 6 introduce la facoltatività anche per le pubbliche amministrazioni regionali e locali. Malgrado ciò, questa disposizione ci pare, non solo da un punto di vista sistematico, una previsione chiave del nuovo sistema, punto di congiunzione tra riorganizzazione strutturale e gestionale. Da un lato, infatti, la posta certificata sembra essere il canale telematico di comunicazione a cui il legislatore si affida maggiormente, e per questo ne viene prevista genericamente la sua adozione nel capo I del codice; dall’altro essa, quale strumento gestionale di dialogo della PA, diventa lo strumento di trasmissione all’interno dei procedimenti amministrativi, e per questo viene ripreso nel capo III, che ne descrive modalità di utilizzo ed effetti giuridici connessi.

D’altronde, ad una breve analisi delle norme relative al sistema di gestione informatica dei documenti, le uniche modifiche - peraltro di notevole rilievo – che il codice apporta al disposto normativo già previsto dal TU sulla documentazione amministrativa, sono proprio quelle relative alla trasmissione informatica dei documenti e ad i suoi strumenti. Analizziamole brevemente.
Lo strumento attorno a cui ruoterà, ai sensi del nuovo codice, la trasmissione informatica dei documenti è proprio la posta elettronica certificata, sia tra le pubbliche amministrazioni (art. 50, c. 1 e 2), che per tutte le comunicazioni con l’esterno che necessitano di una ricevuta di invio ed una di consegna (art. 51).

Solo per le comunicazioni tra l’amministrazione ed i propri dipendenti è sufficiente, ma necessaria, la normale posta elettronica (art. 50, co. 3, lett. b). Quanto alle comunicazioni tra le pubbliche amministrazioni, è richiesto l’utilizzo della posta elettronica purché se ne verifichi la provenienza. Ora, ai sensi dell’art. 50, comma 2, ai fini della verifica della provenienza, le comunicazioni sono valide solo se sottoscritte con firma digitale o se trasmesse attraverso sistemi di posta elettronica certificata, previsione che, di fatto, per ragioni pratiche ed economiche, finirà per trovare applicazione solo con l’utilizzo di sistemi di posta elettronica certificata.

Si assiste, peraltro, ad una radicale modifica del vecchio art. 14, DPR 445/2000. Innanzi tutto, trasfuso nell’art. 51 del codice, esso non è più rubricato “trasmissione del documento informatico”, ma “posta elettronica certificata”. Ad esso, inoltre, viene aggiunto un comma, che così inequivocabilmente statuisce: “la trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna avviene mediante la posta elettronica certificata”. Tale specifica modalità di trasmissione viene quindi legata alla vecchia equiparazione alla notificazione per mezzo della posta, che il TU legava invece a più generiche modalità di trasmissione del documento informatico che avrebbero dovuto assicurarne la consegna (art. 14, c. 3, DPR 445/2000).

Viene, inoltre, inequivocabilmente palesata la volontà di dare rilevanza giuridica a queste due fasi del “viaggio telematico” della posta elettronica (invio e consegna): il documento informatico trasmesso per via telematica si intende inviato dal mittente se trasmesso, e si intende consegnato al destinatario, se disponibile all'indirizzo elettronico da questi dichiarato (art. 49, c. 1). il Codice, dunque, modifica anche il primo comma dell’art. 14, DPR 445/2000, e lo fa così come era già stato proposto di fare con lo schema di decreto sulla posta elettronica certificata: non più un'unica presunzione (di conoscibilità) che si forma quando il messaggio è trasmesso all'indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario, ma due presunzioni (di invio e di consegna) che si formano rispettivamente quando il messaggio elettronico viene trasmesso, e quando risulta disponibile all'indirizzo elettronico del destinatario.

Tuttavia, questa inequivocabile presa di posizione del DIT, corroborata dal Ministero della giustizia, oggi non può che rimanere tale, essendo ancora lontana dall’essere una disciplina, giuridica e tecnica, di immediata ed effettiva applicazione. E ciò trova conferma proprio nelle suddette osservazioni formulate lo scorso 13 ottobre dal Senato sullo schema di DPR sulla posta elettronica certificata. Ed infatti, genericità ed astrattezza del suddetto DPR sono evidenziate dalla pragmaticità di alcune indicazioni parlamentari, tra le quali, in particolare, la necessità di chiarire le modalità con cui ogni cittadino debba rendersi disponibile all’utilizzo della posta elettronica certificata, se tale disponibilità debba darsi una volta per tutte o procedimento per procedimento, in che modo e a quali condizioni sarà possibile cambiare l’indirizzo di posta elettronica, quali saranno gli obblighi dei fornitori del servizio in ordine a disfunzioni, virus informatici o guasti.

Si tratta di problemi basilari, che il Governo, in particolare il Ministro per l’innovazione, a seguito della formale presa di posizione del Senato, non potrà non tenere in considerazione.

Continua sul numero 310
  

* Avvocati, studio legale Giurdanella, Catania

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