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In questa sezione di InterLex sono raccolti vecchi articoli, pubblicati originariamente su carta, che per un motivo o per l'altro tornano di attualità

Manca l'informazione nella legge sull'Autorità
Da MCmicrocomputer n. 177 - ottobre 1997

Informatica e società -  Varata la prima "legge Maccanico"

Alla fine di luglio il Parlamento ha approvato la prima parte della riforma delle telecomunicazioni, istituendo l'Autorità per le garanzie e stabilendo le norme per le infrastrutture liberalizzate. Ma non ha risolto molti dubbi che riguardano la convergenza multimediale e l'informazione in rete.

di Manlio Cammarata

Si intitola "Istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sul sistema delle comunicazioni e radiotelevisivo" la legge n. 249 del 31 luglio scorso, che costituisce la prima parte del progetto di riforma presentato dal ministro Maccanico un anno prima (il secondo disegno di legge giace al Senato con il numero 1138).
Due provvedimenti per la stessa materia e un anno di discussioni solo per approvare il primo rendono l'idea della difficoltà di tracciare una normativa organica per il settore più importante per la società del futuro prossimo, e anche del presente, perché ormai nessuno dubita più del fatto che nella società dell'informazione siamo già entrati in pieno.
Nella situazione politica italiana sarebbe stato da ingenui aspettarsi un progetto di grande respiro, proiettato al futuro, in linea - seppure in ritardo - con quelli già in atto in molti paesi industrializzati. Il testo risente degli sforzi fatti per conciliare interessi di parte consolidati e ben protetti con il più forte interesse generale di uno sviluppo coordinato ed efficace del sistema delle telecomunicazioni, del quale la televisione costituisce una parte destinata ad avere sempre minore rilevanza, fino alla definitiva convergenza con gli altri media digitali. Il principale difetto della nuova legge è proprio quello di mettere una serie di "pezze" sulla situazione attuale (peraltro indispensabili e urgenti) e di non porre basi chiari per gli sviluppi futuri. Ancora una volta siamo di fronte a un testo complesso e di non facile interpretazione, che rimanda a provvedimenti ulteriori per completare la disciplina del sistema.
Vediamolo negli aspetti che ci interessano di più, contenuti in particolare nell'articolo 1 (il testo completo è su InterLex alla pagina http://www.interlex.it/testi/l249_97.htm).

L'Autorità tuttofare
L'articolo 1 della legge istituisce quella che viene definita "Autorità per le garanzie nelle comunicazioni": articolo omnibus per un organismo omnibus, perché il testo contiene anche disposizioni che non riguardano l'Autorità e questa si occupa di molte altre cose oltre alle garanzie. Fra l'altro, il comma 2 cambia il nome del ministero competente, che non si chiama più Ministero delle poste e telecomunicazioni ma "Ministero delle comunicazioni": forse le poste sono state cancellate per una forma di pudore, visto il livello vergognoso dei servizi che forniscono...
Ma parliamo della nascente Autorità, i cui otto membri devono essere eletti dal Parlamento, mentre il presidente è di scelta governativa, annullando sul nascere il concetto stesso di "autorità indipendente" che dovrebbe essere la prima qualità di un organismo di questa natura. Sono organi dell'Autorità il presidente, la commissione per le infrastrutture e le reti, la commissione per i servizi e i prodotti e il consiglio. Ciascuna commissione è organo collegiale costituito dal presidente dell'Autorità e da quattro commissari. Il consiglio è costituito dal presidente e da tutti i commissari, recita il terzo comma ponendo le basi per il funzionamento dell'organismo. Ciascun organo ha una lunga lista di compiti da svolgere.
La commissione per le infrastrutture e le reti deve occuparsi prima di tutto del piano nazionale di ripartizione delle frequenze e delle relative assegnazioni, delle misure di sicurezza, degli standard per i decodificatori e deve curare la tenuta del registro degli operatori, del quale parliamo più avanti. Inoltre definisce i criteri e le tariffe per l'interconnessione e l'accesso alle infrastrutture e regola le relazioni tra i gestori delle stesse e gli utilizzatori, dirimendo eventuali controversie e intervenendo nei casi di interruzione dei servizi. Particolarmente importante è il compito di definire gli ambiti del "servizio universale" e i criteri di ripartizione del suo costo (su questo argomento stanno per arrivare le indicazioni dell'Unione europea). Infine promuove l'interconnessione dei nostri sistemi con quelli di altri paesi, determina i criteri per la definizione dei piani di numerazione, interviene nelle controversie tra "l'ente gestore" dei servizi di telecomunicazioni (ma non ci dovrebbero essere più gestori?) e vigila sul rispetto dei tetti massimi di onde elettromagnetiche compatibili con la salute umana.
La commissione per i servizi e i prodotti si occupa dei contenuti. E quindi in primo luogo emana direttive concernenti i livelli generali di qualità dei servizi e per l'adozione, da parte di ciascun gestore, di una carta del servizio recante l'indicazione di standard minimi per ogni comparto di attività e inoltre vigila sulle modalità di distribuzione dei servizi e dei prodotti, inclusa la pubblicità in qualunque forma diffusa, fatte salve le competenze attribuite dalla legge a diverse autorità, e può emanare regolamenti, nel rispetto delle norme dell'Unione europea, per la disciplina delle relazioni tra gestori di reti fisse e mobili e operatori che svolgono attività di rivendita di servizi di telecomunicazioni. Poi si occupa del rispetto del diritto d'autore, di pubblicità e di televendite, anche per quanto riguarda le acquisizioni di informazioni dall'utente (sovrapponendosi con questo al Garante per la tutela dei dati personali). Poi un punto (il sesto) da leggere con attenzione: verifica il rispetto nel settore radiotelevisivo delle norme in materia di tutela dei minori anche tenendo conto dei codici di autoregolamentazione relativi al rapporto tra televisione e minori e degli indirizzi della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. E Internet? Qualcuno potrebbe rallegrarsi del fatto che il legislatore si sia dimenticato del problema dei contenuti critici della Rete e delle posizioni europee in materia di contenuti critici ("illegali e nocivi", secondo la definizione comunitaria), ma c'è da sperare che si tratti solo di una dimenticanza e non della riserva di una futura e più restrittiva disciplina.
Dopo aver assegnato alla commissione anche la vigilanza sul rispetto della tutela delle minoranze linguistiche, la legge le attribuisce anche il compito di verificare il rispetto nel settore radiotelevisivo delle norme in materia di diritto di rettifica. Anche qui la precisazione "nel settore radiotelevisivo" esclude che la commissione per i servizi e i prodotti si debba occupare dell'informazione telematica e si ignora il fatto che il confine tra televisione e altre forme di informazione e comunicazione è sempre più labile: tanto per fare un esempio: se in un prodotto di informazione multimediale diffuso via Internet ci sono notizie inesatte o errate che danneggiano qualcuno, non valgono le norme sul diritto di rettifica? E se valgono, a chi compete di verificarne il rispetto?

Dov'è la multimedialità?
Andiamo avanti. La commissione garantisce l'applicazione delle norme in materia di informazione e propaganda politica, propone al Ministero delle comunicazioni lo schema della convenzione annessa alla concessione del servizio pubblico radiotelevisivo e verifica l'attuazione degli obblighi previsti nella suddetta convenzione e in tutte le altre che vengono stipulate tra concessionaria del servizio pubblico e amministrazioni pubbliche (sulla quale deve esprimere un parere obbligatorio la commissione parlamentare di vigilanza), inoltre, vigila in ordine all'attuazione delle finalità del predetto servizio pubblico. E così il rischio di conflitti con la commissione parlamentare è assicurato. L'elenco prosegue assegnando alla commissione anche la rilevazione degli indici di ascolto e di diffusione e la vigilanza sulle rilevazioni compiute da altri soggetti (che, se imbrogliano, sono puniti ai sensi dell'articolo 476, primo comma, del codice penale; ne parliamo nel riquadro) e verifica che la diffusione dei dati sia conforme al regolamento che essa stessa dovrà emanare. Per di più la commissione deve irrogare le sanzioni, prima di competenza del ministero e del Garante dell'editoria per l'inosservanza delle disposizione della legge 223/90, l'immortale "Mammì". Infine, favorisce l'integrazione delle tecnologie e dell'offerta dei servizi di comunicazioni: e questo è tutto o quasi in materia di convergenza multimediale, nelle quasi dodicimila parole che compongono la legge.
Veniamo al consiglio che, come abbiamo visto, è composto dagli otto membri dell'autorità e dal presidente. Le sue competenze sono di ordine generale in materia di segnalazioni al Governo del'opportunità di interventi legislativi, garantisce l'applicazione delle norme sull'accesso ai mezzi e alle infrastrutture, promuove ricerche e studi, adotta le disposizioni sul rilascio di concessioni, autorizzazione e licenze, verifica i bilanci delle imprese concessionarie e autorizzate e via discorrendo. Rischia di entrare in conflitto con l'Autorità anti-trust verificando la sussistenza di posizioni dominanti ed esprimendo pareri sui provvedimenti di quest'ultima. Infine assume le competenze del Garante per la radiodiffusione e l'editoria, che chiude i battenti.
L'articolo 2 della legge si intitola "Divieto di posizioni dominanti", ma in buona parte continua con l'elenco dei compiti dell'Autorità. Da notare il comma 1, che finalmente parla di comunicazioni sonore e televisive, anche nelle forme evolutive, realizzate con qualsiasi mezzo tecnico, della multimedialità, dell'editoria anche elettronica. E' quanto meno curiosa la forma scelta per stabilire le quote di mercato che possono essere coperte da singoli soggetti. Invece di prescrivere direttamente "un singolo operatore non può raccogliere proventi per una quota superiore al tot per cento, la legge dice: "Nell'esercizio dei propri poteri l'Autorità adotta i seguenti criteri" e via con le prescrizioni, il che potrebbe far sorgere qualche problema nel momento in cui si dovessero verificare contrasti nell'applicazione delle norme.
L'articolo 3, "Norme sull'emittenza radiotelevisiva" ridefinisce l'assetto di tutto il settore. Lo tralasciamo perché non ci riguarda direttamente e la stampa d'informazione ne ha parlato in abbondanza.
L'articolo 4, "Reti e servizi di telecomunicazioni" prepara il mercato liberalizzato delle infrastrutture e dei servizi. Di fatto, senza abrogarlo né citarlo espressamente, si sovrappone al famigerato decreto legislativo 103/95, le cui prescrizioni in materia di notificazioni e richieste di autorizzazioni si devono quindi considerare ancora in vigore. La materia sarà di competenza della commissione per le infrastrutture e le reti e c'è da prevedere che non mancheranno le polemiche. Per il resto, come nel successivo articolo 5, "Interconnessione, accesso e servizio universale", è fatale il riferimento alle norme dell'Unione Europea.

I problemi dell'editoria digitale
Nel testo si parla di televisione, si parla di reti e solo di sfuggita delle prospettive e dei problemi della digital collision, la convergenza digitale che è il fondamento della cosiddetta "rivoluzione multimediale", i cui effetti sono già visibili.
Ma non sembra che il legislatore se ne sia accorto. Già oggi è difficile distinguere l'editoria tradizionale da quella "elettronica", gli stessi giornali si pubblicano sulla carta e su Internet e su Internet passa ormai una quantità di informazione di gran lunga superiore a quella della carta stampata. In tutto questo il legislatore tace sull'applicazione - con le necessarie modifiche - della normativa sulla stampa all'informazione telematica, ma separa i due aspetti nella confusa formulazione delle disposizioni sul registro che deve essere tenuto dalla commissione per le infrastrutture e le reti (vedi anche gli articoli pubblicati su InterLex alle pagine http://www.interlex.it/tlc/mc1021.htm e http://www.interlex.it/tlc/mc249.htm).
Istituisce infatti all'art.1, comma 6, lettera a), n. 5 il registro degli operatori di comunicazione al quale si devono iscrivere in virtù della presente legge i soggetti destinatari di concessione ovvero di autorizzazione in base alla vigente normativa da parte dell'Autorità o delle amministrazioni competenti, le imprese concessionarie di pubblicità da trasmettere mediante impianti radiofonici o televisivi o da diffondere su giornali quotidiani o periodici, le imprese di produzione e distribuzione dei programmi radiofonici e televisivi, nonché le imprese editrici di giornali quotidiani, di periodici o riviste e le agenzie di stampa di carattere nazionale, nonché le imprese fornitrici di servizi telematici e di telecomunicazioni ivi compresa l'editoria elettronica e digitale; nel registro sono altresì censite le infrastrutture di diffusione operanti nel territorio nazionale. Ora qualcuno ci dovrebbe spiegare perché l'editoria elettronica e digitale (a rigore i telegiornali e i vecchi dischi in vinile sarebbero editoria elettronica...), di fatto gli editori di CD ROM e di giornali telematici, debbano essere compresi tra le imprese fornitrici di servizi telematici e di telecomunicazioni, cioè tra i fornitori di connettività Internet, trasmissione dati, reti private virtuali e simili, e non tra i produttori e distributori di contenuti.
Sarebbe bastata un'espressione come "le imprese editrici di quotidiani e periodici, diffusi con qualsiasi mezzo" per fare una norma più semplice, più chiara e più efficace, anche nella prospettiva dell'evoluzione del settore.
Ma, evidentemente, non è nelle intenzioni del legislatore tracciare le linee dello sviluppo della società dell'informazione in Italia. Anche considerando i contenuti del secondo disegno di legge e le modifiche che dovranno subire in conseguenza della prima normativa approvata, siamo ben lontani da un progetto organico e da una visione lungimirante del settore economico che, secondo la definizione europea, può determinare più di altri "crescita, competitività, occupazione".

[riquadro]
Ingegneria legislativa
Chi continua a criticare il modo in cui è formulato il testo della legge 675/96 sulla tutela dei dati personali, non ha ancora letto quello del Maccanicum primum, come qualcuno incomincia a chiamare la 249/97.
Solo cinque articoli per una materia di grande complessità (il 6 e il 7 contengono norme "di servizio"), divisi in una ingovernabile quantità di commi, lettere e numeri, nei quali si prescrive di tutto, anche su situazioni che non sono direttamente legate all'istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni o alla riforma del sistema. Infatti nel bel mezzo dell'elenco dei compiti dell'Autorità si trovano prescrizioni che riguardano gli operatori, mentre tra le norme che riguardano le concessioni e quelle che regolano l'installazione dei ripetitori sono stati piazzati due commi sull'installazione delle antenne condominiali e così via.
Un duro compito si prospetta per chi si proponga di ricostruire il quadro organico della regolamentazione del sistema radiotelevisivo: la legge 249 non abroga né la riforma del '75 né la "Mammì" del '90, ma ne richiama alcune norme. Altre si devono ritenere abrogate implicitamente, perché in contrasto con le nuove, ma molte continuano ad aggirarsi come morti viventi nella disciplina generale.
La comprensione del testo è poi subordinata alla consultazione di una grande quantità di altre disposizioni: sono più di novanta i richiami ad altre leggi, decreti e articoli dei codici civile e penale. Tra i quali si trova un'autentica "perla": i soggetti che, in mala fede, forniscono dati errati sulle rilevazioni degli ascolti, sono puniti - dice la legge - ai sensi dell'articolo 476, primo comma, del codice penale. Il fatto è che l'articolo in questione punisce la falsità materiale del pubblico ufficiale in atti pubblici, e applicare la stessa norma a un soggetto privato, come sono quelli che rilevano gli indici di diffusione o di ascolto, viola il principio fondamentale della tassatività della norma penale. Forse il legislatore voleva dire che si applica la stessa pena, ma allora avrebbe dovuto usare una formula diversa o, più semplicemente, indicare la pena stessa: da uno a sei anni di reclusione. Ma questo avrebbe fatto gridare allo scandalo e parlare di "pena islamica", così ha scelto il rinvio crittografico. Incorrendo in quello che su un campo di calcio sarebbe un fallo da cartellino rosso.