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Le relazioni - 27

Pedopornografia via internet: i minori "apparenti" o "virtuali"

di Daniele Minotti* - 08.06.05
 
Quando, proprio quasi dieci anni fa, venne promulgata la legge 3 agosto 1998, n. 269 "Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù" gli internettiani italiani della prima ora storsero non poco il naso.

Non certo perché, finalmente, la piaga della pedofilia veniva presa seriamente in considerazione dal legislatore, quanto per "superflui" riferimenti alla Rete (l'"anche per via telematica" dell'art. 3), oggettivamente e incomprensibilmente criminalizzata - e con essa tutti gli utenti, allora considerati soggetti quanto meno "originali".
Per non parlare, poi, della previsione di attività di contrasto (art. 14 l. 269/98), 14, caso unico nel nostro ordinamento per l'ampia "libertà di azione" accordata agli inquirenti - in un chiaro atteggiamento machiavelliano - e che non ha mancato di far sorgere interrogativi sulla morale dello Stato, di recente anche a fronte di applicazioni concrete non sempre conformi alla legge.

Molte sono state le indagini svolte dopo l'entrata in vigore della legge, concentrate soprattutto negli ultimi anni. Anche in grande stile e con grossi numeri. Peccato che, dopo le conferenze stampa della prima ora non siano giunte costanti notizie sul prosieguo e sugli esiti finali: in certi casi i cittadini (o contribuenti, se vogliamo spostare l'attenzione sull'uso del danaro pubblico) ne avrebbero sentite delle belle. Come per l'operazione "Game Over" (circa 1.500 indagati) fondata su un azzardato "incrocio" di dati numerici relativi transazioni effettuate con carte di credito, passata per numerosi sequestri di materiali informatici e terminata (nelle sedi conosciute a chi scrive) con una percentuale impressionante di archiviazioni.

Ma, è noto, "il fine giustifica i mezzi" ancora oggi ed ecco che, a quasi dieci anni di distanza, dal primo intervento legislativo, la pedopornografia è tornata prepotentemente all'attenzione del legislatore, evidentemente non soddisfatto dei risultati ottenuti dalla citate indagini.
Presentato all'inizio del 2004 e subito accompagnato dalle prime critiche, il DLL C4599, unito ad altri progetti concorrenti, è giunto all'esame dell'Aula proprio in queste ultime settimane, peraltro dopo un passaggio critico in commissione Giustizia. E il titolo è subito emblematico: "Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo INTERNET" (il maiuscolo compare nel testo ufficiale).

Al di là di alcuni ritocchi peggiorativi delle pene (ad esempio, per i fatti di mera detenzione e di cessione o addirittura mera offerta gratuite in riferimento ai quali multa e reclusione saranno congiunte e non più alternative) tra l'altro, in parte, particolarmente pesanti se si pensa alla più blande indicazioni sovranazionali, i punti critici del disegno di legge sembrano essere principalmente tre:
- la pedopornografia "apparente";
- la pedopornografia "virtuale";
- il ruolo dei provider con i riflessi sulla libertà telematica.

Nella primo testo del disegno di legge era, infatti, prevista la rilevanza penale delle condotte contemplate dagli artt. 600-ter e 600-quater c.p. "anche se il materiale pornografico è prodotto utilizzando persone che, per le loro caratteristiche fisiche, hanno le sembianze di minori degli anni diciotto". Con tutti gli imbarazzi del caso circa l'introduzione di un'inversione dell'onere della prova circa la dimostrazione dell'età del soggetto (unica possibilità, ma soltanto per il produttore di materiale illecito, di evitare la sanzione), l'impossibilità di tracciare confini definiti quando ci si esprime in termini di "apparenza" e i dubbi in merito al fine realmente perseguito dal legislatore, ufficialmente l'integrità psico-fisica dei minori, ovviamente esistenti (e non anche "apparenti").

Forse, proprio a causa di questi aspetti problematici e delle critiche conseguenti, la previsione è stata, però, soppressa durante il passaggio in Commissione. Non così è stato per le regole sulla pedopornografia "virtuale" vale a dire quella costituita da "immagini realizzate con tecniche di elaborazione grafica non associate in tutto o in parte a situazioni reali, la cui qualità di rappresentazione fa apparire come vere situazioni non reali" e che molti hanno inteso diretta alla repressione del fenomeno "hentai" (fumetti di origine giapponese, manga e anime erotici con contenuti spesso sessualmente espliciti, talvolta aventi con personaggi chiaramente minorenni).

Come anticipato, la previsione della punibilità della pedopornografia "virtuale" è passata all'Aula, ma è bene chiarire che, come si può agevolmente desumere dalla definizione di cui sopra, essa non coincide con i fumetti veri e propri. Per la legge è pur sempre necessario l'utilizzo di immagini o porzioni di esse ritraenti un minore e successivamente elaborate in modo realistico; e i fumetti, per quanto possano essere sofisticati, sono pur sempre disegni.

Particolarmente critica, infine, è risultata essere la posizione dei provider. Il testo originario prevedeva, anzitutto, l'inserimento, nel codice penale, dell'art. 528-bis con rinvio all'art. 528 c.p. (relativo alle pubblicazioni oscene), di fatto rendendo i provider lunga mano della giustizia. Secondo detta disposizione, infatti, era contemplata la punibilità del provider che non avesse ottemperato all'ordine dell'autorità di impedire la trasmissione di materiali illeciti. Disposizione superflua, attesa l'esistenza di principi generali sufficientemente chiari, e, come tale, di breve vita.

Cancellata questa regola, ne sono, però, rimaste altre parimenti vincolanti (anche perché correlate a sanzioni di una certa gravità) per i tutti i "fornitori dei servizi della società dell'informazione resi attraverso reti di comunicazione elettronica":
- in primis
, l'obbligo di segnalazione, ad un apposito Centro regolato dallo stesso DDL, sia degli utenti che distribuiscono materiale illecito che delle informazioni contrattuali agli stessi relative; disciplina, a ben vedere, analoga a quella introdotta con il già molto discusso DLgs 70/2003;
- in secondo luogo, l'obbligo di predisposizione di filtri atti ad impedire l'uso delle fonti illecite individuate con decreto ministeriale redatto secondo le segnalazioni giunte al citato Centro, misure, peraltro, affini a quanto contemplato dal "Codice di autoregolamentazione Internet@Minori" (sottoscritto soltanto da una minoranza di provider italiani e, comunque, scarsamente efficace, non godendo di forza di legge).

Il cammino del disegno di legge, malgrado le prime correzioni sulla pedopornografia "apparente" e il ruolo dei provider, si annuncia, in ogni caso, ancora pieno di ostacoli proprio perché relativo ad un argomento assai delicato, con le sue implicazioni morali ed i suoi equilibri (specie riguardo la telematica) assai delicati.
Di certo, alcuni affinamenti della legge già vigente sarebbero stati forse più auspicabili. Nell'interesse di tutti: degli inquirenti che necessitano di regole più chiare e dei cittadini che, comprensibilmente, non vogliono trovarsi indagati (per reati tanto infamanti) per il solo fatto, ad esempio, di aver visitato, per errore, un sito dai contenuti illeciti.

D'altro canto, in luogo di specificazioni spesso inutili, superflue e dannose per la certezza del diritto e di scelte punitive non sempre comprensibili e condivisibili, sarebbe stato più opportuno potenziare effettivamente la collaborazione internazionale contro la pedofilia e la pedopornografia, ancora troppo indietro rispetto al dettato della Convezione di Budapest sul cybercrime (datata novembre 2001.).

In questo campo, è chiaro che la diplomazia è ancora politicamente - e colpevolmente - inerte nei confronti di quei Paesi che sui turpi traffici basano larga parte della propria economia. Come dire: fate pure quello che volete a casa vostra, noi colpiremo gli ultimi anelli della catena e questo ci salverà la coscienza. Auguriamoci, invece, che si capisca definitivamente che la priorità è la salvaguardia dei bambini e non tanto la mera punizione, "a cose fatte", di chi traffica materiali la cui carica criminale si è già, in larga parte, tragicamente stemperata con la produzione.
 

* Avvocato in Genova - daniele AT minotti.net

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