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 La prima
        pietra del futuro 
di Manlio Cammarata - 01.07.97 
        E' facile
        parlare di rivoluzione, quando il mondo cambia con la
        velocità che conosciamo e nuove, straordinarie
        possibilità di conoscenza e di contatto con mondo sono
        improvvisamente a portata di mano. Ma in quella che
        chiamiamo "società dell'informazione", nel
        "ciberspazio" o "mondo virtuale" di
        cui spesso parliamo, manca ancora un elemento essenziale:
        la certezza dell'identità delle persone con le quali
        siamo in relazione, la sicurezza della fonte e del
        contenuto delle informazioni. Mancano i timbri, le firme,
        le carte d'identità. Tutte cose che detestiamo, ma che
        sono indispensabili per lo sviluppo ordinato della
        società, anzi, sono la condizione perché possa esistere
        una società moderna. 
        E' vero che i sistemi di autenticazione digitale esistono
        già da anni e sono molto usati, per esempio per le
        transazioni finanziarie. Ma non basta. Perché si possa
        parlare di rivoluzione è necessario che l'intero
        ordinamento riconosca la validità delle autenticazioni
        digitali e che esse vengano usate nelle ordinarie
        incombenze quotidiane. 
        Siamo a un
        passo da questa innovazione. L'articolo 15, comma 2,
        della legge 59/97 stabilisce con chiarezza che i
        documenti formati e trasmessi con sistemi informatici e
        telematici sono validi a tutti gli effetti se presentano
        determinati requisiti, che devono essere indicati in
        appositi regolamenti. E i regolamenti sono in arrivo: il
        primo è stato pubblicato dall'AIPA ed è quello di
        portata generale, altri due o tre determineranno le
        regole per la pubblica amministrazione. Tutti dovranno
        essere varati dal Governo dopo il parere delle
        commissioni parlamentari, e quindi i testi potrebbero
        subire qualche modifica, ma la sostanza è ormai
        definita. 
        Lo schema di
        regolamento concernente Atti,
        documenti e contratti in forma elettronica indica con chiarezza i requisiti
        della certificazione digitale, e adotta gli algoritmi a
        chiave pubblica e le procedure già in uso su Internet
        per la crittografia e l'autenticazione della firma e
        della data dei documenti (per maggiori dettagli su questi
        argomenti si veda La crittografia a chiave pubblica e
        l'algoritmo RSA di
        Corrado Giustozzi). 
        E' significativo il passo avanti compiuto rispetto alla
        prima bozza, Atti e documenti in forma
        elettronica,
        pubblicata dall'AIPA nell'autunno dell'anno scorso, che
        sovrapponeva alla semplicità delle procedure tecniche un
        gigantesco quanto inutile apparato burocratico (si veda Troppa
        burocrazia per il documento digitale) e non accoglieva fino in fondo la
        sostanza dell'innovazione. Infatti stabiliva che il
        documento digitale "ha la stessa efficacia
        probatoria del corrispondente documento cartaceo",
        cioè considerava il documento cartaceo come "il
        vero" documento e l'informazione fatta di bit come
        un valido surrogato. 
        Il nuovo
        testo non solo fa piazza pulita di tutte le
        sovrastrutture, ma soprattutto indica il documento
        elettronico come di per sé "valido e rilevante a
        tutti gli effetti di legge", esattamente come un
        testo su carta. Da qui alla validità di tutti gli atti,
        i contratti e le transazioni compiuti con mezzi
        informatici e telematici il passo è breve, almeno in
        teoria. 
        Nei prossimi numeri di InterLex analizzeremo e
        commenteremo il testo, anche con autorevoli interventi.
        Ora è importante riflettere sui commi 1 e 2
        dell'articolo 20: 1.
        Ogni pubblica amministrazione utilizza la rete
        unitaria di interconnessione telematica per lo scambio di
        dati, atti e documenti con altre amministrazioni e con i
        privati anche in conformità alle disposizioni del
        presente regolamento e secondo le norme tecniche dettate
        dall'Autorità per l'informatica nella pubblica
        amministrazione. 2. Le pubbliche amministrazioni
        provvedono, entro 5 anni, a partire dal 1 gennaio 1998, a
        progettare, a revisionare e a realizzare sistemi
        informativi finalizzati alla totale automazione delle
        fasi di produzione, gestione, diffusione ed utilizzazione
        dei propri dati, documenti, procedimenti ed atti in
        conformità alle disposizioni del presente regolamento. 
        Questa è la
        prima pietra del futuro. Cinque anni di tempo per
        costruire dalle fondamenta una struttura che "lavora
        in digitale". Via la carta, via la sovrastruttura
        burocratica (è la naturale conseguenza del "modello
        Internet" adottato per la rete unitaria della PA).
        Ma basteranno cinque anni? 
        Non si tratta solo di ridisegnare uno schema di enorme
        complessità, bisogna fare piazza pulita di una cultura
        "cartacea", di una cultura della "non
        informazione" stratificata da secoli. Come
        dimostrano i due enti che dovrebbero essere
        all'avanguardia in questo settore, il Ministero delle
        poste e telecomunicazioni e l'Autorità per l'informatica
        nella pubblica amministrazione: il primo non ha ancora un
        sito Internet, quello della seconda è uno dei meno
        efficienti in un settore tutt'altro che all'avanguardia. 
        La rivoluzione, la vera rivoluzione del documento
        informatico e telematico può essere la grande occasione
        per costruire una pubblica amministrazione efficiente e
        quindi una società migliore. Non dobbiamo perderla. 
          
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