Pagina pubblicata tra il 1995 e il 2013
Le informazioni potrebbero non essere più valide
Documenti e testi normativi non sono aggiornati

Attualità

Elezioni truccate? Non è colpa della firma digitale

di Manlio Cammarata - 04.12.06

 
La vicenda dei supposti brogli elettorali denunciati dal settimanale Diario con il film-inchiesta "Uccidete la democrazia" impone qualche riflessione in materia di informatica   e diritto. E anche di informazione.
Ci sono almeno tre punti da affrontare: 1) la possibilità che i dati siano stati alterati in fase di trasmissione, come sostengono gli autori del film; 2) l'infelice uscita del ministro dell'interno Giuliano Amato "La firma elettronica  può essere truccata e taroccata"; l'iscrizione dei giornalisti Enrico Deaglio e Beppe Cremagnani, nel registro degli indagati, per pubblicazione di "notizie false, esagerate o tendenziose, per le quali possa essere turbato l'ordine pubblico".

Prima riflessione. L'alterazione di dati in un sistema di trasmissione è possibile solo se il sistema stesso non è sicuro. Che questo sia stato fatto negli Stati Uniti (come dice il film) o in Italia è credibile  poiché nelle procedure di trasmissione non è stato previsto l'indispensabile "sigillo informatico" dei dati (advanced electronic signature nella direttiva 1999/97/CE, "firma digitale" nella confusa normativa italiana). L'integrità di dati firmati digitalmente all'origine è verificabile con certezza quasi assoluta: il margine di errore è nell'ordine di uno a svariati miliardi, in funzione della lunghezza delle chiavi crittografiche. Su questo punto si veda l'articolo di Andrea Gelpi Non possiamo permetterci il lusso di tornare alla carta.

C'è un'altra possibilità di truccare informaticamente i risultati elettorali, anche in presenza di un sistema che garantisca l'integrità dei dati trasmessi: alterarli nella fase intermedia tra l'immissione e la trasmissione. L'operatore scrive un dato, tutti lo possono verificare sullo schermo, ma un software maligno nascosto nel computer lo modifica prima che sia firmato digitalmente. Alla fine dello scrutinio il software si cancella da sé, sparisce. Il gioco è fatto.
Come si evita questo rischio? Ce lo spiega Corrado Giustozzi in Scrutini, sicurezze e specchietti (per le allodole): solo con la "trasparenza" dell'intero sistema informatico e con l'uso della firma digitale si può eliminare ogni ragionevole dubbio sulla correttezza delle procedure di scrutinio e trasmissione dei risultati.

Tutto questo non c'era, nel sistema impiegato in occasione delle elezioni politiche del 9 e 10 aprile scorsi. Anzi, il trasferimento di dati non firmati digitalmente, ma inutilmente cifrati, all'interno di chiavette USB sembrava fatto apposta per consentire di "taroccare" i risultati con disarmante semplicità.
Sulla base delle scarse informazioni sul sistema diffuse dal ministero dell'interno, la debolezza del sistema appariva evidente prima ancora del voto. Ed era la conclusione di un reportage di RaiNews24 andato in onda il 3 aprile.

La seconda riflessione riguarda l'uscita del ministro dell'interno Amato sulla inaffidabilità delle firma digitale e sull'opportunità di ritornare alle procedure cartacee. Il ministro sa che anche con la carta i brogli sono possibili, anche se (forse) non su una scala così grande. Nemmeno un nuovo conteggio di tutte le schede può fugare ogni dubbio perché, a parte l'incredibile numero di errori che vengono commessi anche in buona fede nei troppi passaggi della procedura manuale, trasformare in voto valido una scheda bianca è un giochino alla portata di qualsiasi prestigiatore dilettante.

Forse il Ministro ha ricevuto informazioni imprecise o tendenziose da qualche suo consigliere. Ma Giuliano Amato è persona troppo intelligente e accorta per scivolare su una buccia di banana così banale. Certo, preoccupa che un ministro dell'interno non sappia (o finga di non sapere ) nulla della firma digitale,  strumento introdotto in Italia quasi dieci anni fa. O che soffra di una così grave forma di tecnofobia.
In ogni caso c'è da preoccuparsi se un sistema così fragile è stato adottato per incompetenza, né si può rifuggire dal sospetto che, invece, sia stato scelto... a ragion veduta.

Resta il fatto che i verbali cartacei sono alla base dei risultati sanciti dalla Corte di cassazione. Ma la ricostruzione della  notte elettorale fatta nel film-inchiesta (senza significative smentite) e la strana discrepanza tra exit poll e dati finali lasciano la porta aperta a dubbi e sospetti.

Siamo così giunti alla terza riflessione: riguarda l'iscrizione nel registro degli indagati dei due autori del film per violazione dell'art. 656 del codice penale: ""Chiunque pubblica o diffonde notizie false, esagerate o tendenziose, per le quali possa essere turbato l'ordine pubblico, è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con l'arresto fino a tre mesi o o con l'ammenda fino a lire seicentomila".
Il film, in novanta minuti che non passeranno alla storia del cinema, elenca una serie di fatti che rendono legittimi i peggiori sospetti. Ma che possa turbare l'ordine pubblico... Siamo seri!

Forse in questo modo si intende mandare un avvertimento ai giornalisti che fanno il loro mestiere, anacronisticamente, alla ricerca della verità? Un altro sospetto che è difficile togliersi dalla testa.

 

Inizio pagina  Indice della sezione  Prima pagina © InterLex 2006 Informazioni sul copyright