Pagina pubblicata tra il 1995 e il 2013
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 Il diritto di accesso

<www parlamento.it> waiting to reply...
di Manlio Cammarata (Dall'articolo pubblicato sul n. 156 di MCmcrocomputer - novembre 1995)

Intervista a Alessandro Massai

Cioè: in attesa di risposta, come sanno i frequentatori del World Wide Web. Un'attesa che sarà breve per quanto riguarda il Senato, mentre per la Camera si prospettano tempi lunghi, fatti di studi e di perplessità.

"Thomas non abita qui", avevo intitolato un mese fa l'articolo in cui descrivevo sommariamente le condizioni della comunicazione istituzionale in Italia, in confronto a quella di altri paesi, in particolare gli Stati Uniti. Thomas, per chi non lo ricordasse, è il nome del "sito" del Congresso USA, attraverso il quale qualsiasi cittadino può avere informazioni sull'attività parlamentare, ricercare testi normativi, avanzare domande e proposte ai molti parlamentari che hanno un indirizzo di posta elettronica. E da Thomas può accedere ad altri enti pubblici: moltissimi dipartimenti dell'amministrazione americana (i nostri ministeri) sono presenti sul Web e offrono anche la possibilità di collegarsi con singoli uffici, sempre in forma interattiva, o addirittura di inviare messaggi a singoli funzionari. Chi è interessato ai dibattiti sulle autostrade dell'informazione, per esempio, trova una quantità di notizie sul Web della National Information Infrastructure, la commissione voluta da Clinton e Gore per guidare il cambiamento, o su quello della Federal Communications Commission, e via discorrendo.
C'è da ricordare che il World Wide Web è un immenso ipertesto, nel quale si può "navigare" partendo da un punto qualsiasi e costruire un percorso informativo personale. Per restare all'esempio degli USA, a Thomas si può arrivare dalla Casa Bianca o dalla Biblioteca del Congresso, e viceversa, come da qualsiasi altro sito dell'amministrazione. Chi vuole fare la prova, parta dal Web della Casa Bianca (http://www.whitehouse.gov), per fare l'esempio più semplice, e faccia clic su "Executive Branch". Si troverà di fronte a una "Guida interattiva per il cittadino", dalla quale potrà spaziare in lungo e in largo per tutta la pubblica amministrazione USA (con grande soddisfazione di Telecom Italia)...
In molte altre nazioni è possibile dialogare per via telematica con le istituzioni e la pubblica amministrazione: in Canada sempre attraverso Internet, in Francia con il Minitel. E tutto quello che riguarda l'Unione Europea può essere trovato su diversi siti di Strasburgo (per il Parlamento) e di Bruxelles (per la Commissione).
E in Italia?

I mediatori dell'informazione

In Italia è di alcuni mesi la notizia che il Senato sta installando un Web, attraverso il quale fornire ai cittadini notizie sull'attività parlamentare e i testi dei disegni di legge (a proposito: al Senato i testi legislativi in discussione si chiamano "disegni di legge", invece alla Camera la definizione si applica solo a quelli del Governo, mentre quelli di iniziativa dei deputati sono "proposte di legge").
In realtà l'informazione parlamentare in Italia non è assente. C'è un Servizio Informazioni Parlamentari (che risponde ai numeri (06) 6806 2591, 6706 2779, 6706 2479; perché non c'è un "numero verde"?), molto efficiente, al quale si possono anche chiedere i testi stampati delle proposte legislative. Ci anche sono le pagine di Televideo del Senato e della Camera dei Deputati, che danno puntualmente notizia delle attività in corso. È significativo però che sull'elenco telefonico di Roma alla voce "Parlamento" si trovino solo un'agenzia di stampa e una società "Parlamento Multimedia", che dovrebbe essere una scuola privata (risponde una segreteria telefonica).
E qui arriviamo al punto centrale del discorso: la maggior parte delle informazioni sul Parlamento arriva ai cittadini attraverso gli organi di informazione, giornali, radio e televisioni. È un'informazione di seconda o terza mano, mediata quasi sempre da interessi di parte o da improbabili filtri di "par condicio". Fra l'altro, il cittadino non sa quando una notizia proviene dagli uffici stampa istituzionali, e quindi può essere considerata attendibile, o quando è diramata dagli uffici dei partiti, delle correnti o dei singoli parlamentari, o addirittura se è frutto di indiscrezioni, notizie colte al volo e non verificate e così via.
Un altra conseguenza dell'insufficienza della comunicazione istituzionale è lo sviluppo di iniziative private, che sono naturalmente portate a curare gli aspetti commerciali più di quelli sostanziali, con possibili distorsioni dell'informazione. C'è di più: alcune banche dati pubbliche, come Guritel (la Gazzetta Uffiiciale), Italgiure Find della Corte di Cassazione e gli stessi sistemi informativi parlamentari, sono disponibili solo per pochi eletti, che possano giustificare il loro interesse, si sottopongano a una trafila burocratica e sborsino cifre non indifferenti. Per trovarsi poi di fronte a complicati sistemi di interrogazione, scritti per gli specialisti. Insomma, l'informazione pubblica gestita nella più stretta ottica "proprietaria".
Invece è necessario che ciascuno possa accedere direttamente, e gratis o quasi, alla fonte delle informazioni, e anche inviare senza intermediari alle istituzioni e alle amministrazioni le proprie richieste o proposte. E per questo il modello Internet, in velocissimo sviluppo, costituisce uno strumento di ineguagliabile efficacia, verso quella che viene chiamata "democrazia elettronica".
Va detto anche che la diffusione di questo modello presenta un grave rischio, già presente nella comunicazione televisiva: quello dell'evoluzione verso forme di "democrazia del sondaggio", nella quale i parlamentari tengano conto dei risultati delle indagini statistiche sugli umori della gente più che dell'interesse della collettività. È vero che la cura del collegio elettorale e di interessi particolari influenza da sempre l'attività politica (come si può capire, appunto, scorrendo gli atti parlamentari o leggendo i libri di storia), ma estendendo senza limiti il ricorso al sondaggio telematico, soprattutto se non accompagnato da un'informazione corretta e completa, si rischia di confondere la politica con il marketing e la comunicazione istituzionale con la pubblicità.

Al Senato si lavora

Chiudiamo la digressione e torniamo al Senato: forse quando questo numero di MCmicrocomputer giungerà in edicola, forse si potrà avere una risposta dalla URL http://www.senato.it, altrimenti potrebbe essere questione di qualche settimana. Mentre scrivo il Web è in fase sperimentale interna, ma il mail server funziona già a pieno ritmo e la posta elettronica si sta diffondendo nei severi uffici di Palazzo Madama e Palazzo Giustiniani (dove è situato il CED del Senato).
In realtà questo Web è solo una parte di un'iniziativa più ampia, di un Web comune alle due Camere. Nei mesi passati era stato predisposto un protocollo d'intesa tra le due presidenze, che riguardava anche Internet, ma poi alla Camera è mancata l'approvazione definitiva e tutto si è fermato (più avanti vediamo perché).
A Palazzo Giustiniani si lavora invece a pieno ritmo per rendere consultabili le banche dati esistenti e mettere a punto altre iniziative. Tra i primi archivi che dovrebbero essere disponibili c'è quello, interessantissimo per gli studiosi delle istituzioni parlamentari, degli Statuti medioevali, una raccolta unica al mondo. Nella fase iniziale sarà possibile consultare anche il "Libretto dei Senatori", oltre alle informazioni sui lavori dell'assemblea già disponibili sul Televideo, e i testi dei disegni di legge.
Sulla diffusione degli interventi dei Senatori c'è invece un discorso diverso. I testi stenografici, che costituiscono il nucleo degli "Atti parlamentari" delle assemblee in tutte le nazioni, sono disponibili in genere il giorno successivo. Ma in Italia c'è un'istituzione particolare, quella dei "resoconti sommari", che ha un'origine storica: all'Assemblea Costituente non c'era un numero sufficiente di stenografi, e quindi un certo numero di dipendenti fu addestrato a sintetizzare rapidamente il contenuto dei discorsi. Oggi la "resocontazione" è un'attività di grande importanza, affidata a specialisti, perché costituisce la materia prima sulla quale nella maggior parte dei casi lavorano i giornalisti. Però in questo modo al pubblico arriva un'informazione "di terza mano", dall'intervento al resoconto e dal resoconto alla cronaca, con tutti i problemi di completezza, esattezza e obiettività che comporta questo schema di informazione.
"Stiamo studiando un sistema diverso - dice il professor Carlo Pinzani, responsabile dei sistemi informativi del Senato - per far arrivare al pubblico un'informazione diretta, attraverso dei veri e propri flash, di una cronaca dall'interno dell'istituzione".
È questo che i cittadini vogliono, o che vorranno presto, appena l'accesso diretto alle istituzioni si diffonderà tra la gente. Che, subito dopo, vorrà anche rivolgersi direttamente ai propri eletti. E il collegio elettorale si curerà anche attraverso un indirizzo di posta elettronica...
Ma del Web del Senato parleremo più in dettaglio tra qualche tempo, quando sarà in funzione. Vediamo invece la situazione alla Camera dei Deputati, dove il passaggio all'informazione in rete viene visto in maniera molto più problematica.

È vera democrazia?

Tra i due Palazzi al centro di Roma ci sono poche centinaia di metri, ma nel breve percorso che porta da Palazzo Madama a Montecitorio l'atmosfera cambia completamente.
La presidenza della Camera non sottovaluta il problema dell'informazione diretta sull'attività parlamentare: lo prova, fra l'altro, l'istituzione del "numero verde", voluta dalla presidente Pivetti e lanciata il 1. giugno scorso con grande clamore, con Pivetti in persona a rispondere al telefono davanti alle telecamere (scusate una parentesi: per me l'onorevole Irene Pivetti è "la" presidente, e non "il" presidente della Camera; la maschilizzazione delle cariche, a mio avviso, non favorisce le donne nel raggiungimento della completa parità con gli uomini).
Eppure proprio la presidente avrebbe intimato lo stop al progetto del Web "parlamento.it". La spiegazione è nell'intervista con il responsabile dell'ufficio stampa di Montecitorio, Alessandro Massai, riportata qui di seguito. Che impone alcune considerazioni.
Massai introduce tre domande cruciali: se l'accesso indiscriminato alle reti telematiche sia vera democrazia, se chi ha l'accesso ai nuovi sistemi possa rappresentare una popolazione che, nella sua maggioranza, non lo ha, infine chi guida i cittadini attraverso l'utilizzo privato, e in certi casi oligopolistico delle reti e dei contenuti.
Sono problemi reali, che coinvolgono l'essenza stessa della futuribile "democrazia elettronica", indipendentemente dalla forma che essa potrebbe assumere. Sulla prima questione vorrei osservare che fino a questo momento lo sviluppo di Internet è stato fondato proprio sull'accesso "indiscriminato", costituendo quella che oggi si presenta come una reale "democrazia informativa". L'assenza di barriere all'accesso è la prima garanzia della democraticità di un sistema, non solo telematico; ma è necessario distinguere tra l'accesso alle reti e l'accesso ai contenuti. Il secondo, oggi, è libero, basta avere un PC e un modem, e saperli usare, e stipulare un abbonamento con uno dei tanti fornitori di connettività, che nei paesi industrializzati lavorano in regime di (feroce) concorrenza. I fornitori di connettività devono stipulare abbonamenti con i proprietari dei cavi, e anche qui la concorrenza è già aperta. Tuttavia non si può trascurare la possibile futura creazione di posizioni dominanti (in Italia potrebbero derivare dallo sviluppo di Interbusiness, l'offerta Internet di Telecom), il cui abuso potrebbe determinare discriminazioni, soprattutto attraverso la struttura delle tariffe. Ma le autorità anti-trust nazionali e internazionali possono e devono sventare questo rischio.
Dunque nell'attuale situazione italiana questo aspetto non dovrebbe ostacolare il libero accesso dei "cittadini telematici" ai sistemi informativi parlamentari.
Il secondo punto è più delicato: nel momento in cui al Web del Parlamento e ad altri sistemi informativi istituzionali giungano stimoli da parte degli utenti telematici, si deve ritenere che essi rappresentino il punto di vista della maggioranza dei cittadini? Evidentemente no, perché la telematica è ancora troppo poco diffusa. È necessario quindi stabilire regole per evitare l'utilizzo improprio, soprattutto a fini propagandistici, dei contenuti dei messaggi dei cittadini. Questo è un punto che non riguarda solo la presenza delle istituzioni su Internet, ma i mezzi di comunicazione in generale.
La terza domanda è altrettanto fondata, e coinvolge un aspetto fondamentale della società dell'informazione: quello che possiamo chiamare della "alfabetizzazione tecnologica", che metta i cittadini in grado non solo di utilizzare gli strumenti, ma soprattutto i contenuti. Ma qui credo che il discorso del responsabile della comunicazione della Camera finisca col dimostrare il contrario della premessa: proprio l'avvio di un sistema di comunicazione istituzionale, controllato nei contenuti e nei modi di interrogazione come può essere un Web parlamentare, potrebbe costituire la chiave di volta dell'alfabetizzazione tecnologica. Il primo aspetto da curare sarebbe la messa a punto di stimoli all'accesso prima, e di facilitazioni per il collegamento e l'interrogazione poi.
La disponibilità delle informazioni parlamentari sul Web potrebbe accelerare l'alfabetizzazione tecnologica degli italiani, come è avvenuto parecchi anni fa in Francia con il Minitel. Il treno del Videotel è ormai perso irrimediabilmente. Frenare lo sviluppo della telematica potrebbe avere conseguenze devastanti, ancor più di quelle sorte vent'anni fa con l'assurdo divieto della TV a colori, che ha rallentato lo sviluppo dell'industria dei media e ha messo a terra quella dell'elettronica, con conseguenze che paghiamo ancora oggi.
Un'altra indicazione di Massai mi lascia perplesso: quella relativa allo studio di sistemi alternativi, come l'interattività con la TV per mezzo del telefono. Dovunque è iniziata la migrazione di tutti i media verso il modello Internet. Nei negozi stanno arrivando i teleputer, i televisori-PC che consentono di passare in un istante da Pippo Baudo a Internet. Perché spendere tempo e risorse su mezzi che tra pochissimo tempo apparterranno al passato, visto che non è pensabile, nella globalizzazione del mercato, che in Italia possa esserci uno sviluppo diverso? Nel tempo necessario a mettere a punto gli strumenti di cui parla Massai, probabilmente qualche milione di cittadini italiani avrà l'accesso al Web.

[INTERVISTA]
Massai: i rischi dell'informazione mediata

Il Senato si sta imbarcando su Internet, mentre alla Camera dei Deputati si è fermato l'originario progetto comune dei due rami del Parlamento. Eppure in questa legislatura la Camera ha svolto un'attività di comunicazione pubblica non indifferente, che va dall'apertura di Palazzo Montecitorio alle visite dei cittadini alla diffusione europea via satellite delle informazioni sull'attività istituzionale. Da che cosa deriva il ritardo su Internet?
Lo chiedo al responsabile dell'Ufficio Stampa, dottor Alessandro Massai

Dottor Massai, tra poco chi si collega al World Wide Web avrà un nuovo importante indirizzo: "senato.it". Come mai non sarà "parlamento.it", come era stato ipotizzato in una prima fase? Perché la Camera dei Deputati non è andata avanti nel progetto?

Prima di tutto è necessario riflettere su tre punti. Il primo è determinare se il diritto di accesso garantito indifferentemente, indiscriminatamente a tutti, senza nessun tipo di regolamentazione di coloro che gestiscono le autostrade dell'informazione, e che quindi regolano la possibilità di entrarvi, è un discorso di reale democrazia o è invece solo un valido strumento di aggregazione di persone, ma non di vera trasparenza.
Punto secondo: esiste il pericolo, attraverso questo tipo di nuovi sistemi di comunicazione, che qualcuno sia indotto a ritenere che coloro che parlano attraverso questi strumenti rappresentino il Paese: in realtà dobbiamo anche domandarci qual è il rapporto tra la quantità di persone che utilizzano questi strumenti e la popolazione in generale.
Il terzo punto punto è: chi garantisce e chi aiuta i cittadini nel districarsi attraverso l'utilizzo privato, e in certi casi oligopolistico, sia degli aspetti strutturali - le autostrade - sia dei prodotti che vi circolano?
Queste sono le domande, a cui mancano le risposte. Mancano soprattutto in Italia, laddove alcune situazioni di carenza normativa hanno permesso il crearsi di sistemi oligopolistici, la cui regolamentazione, oggi come oggi, appare sempre più difficile, per il cristallizzarsi di certe situazioni.

Lei si riferisce, evidentemente, al settore della televisione. Ma quando si parla di telematica non ci sono i limiti fisici dell'etere, che si oppongono all'aumento del numero dei soggetti che possono trasmettere i contenuti.

Il problema non è quello dei "soggetti che possono trasmettere i contenuti", bensì quello dei "soggetti che controllano i contenitori". Nessuno in tutta l'amministrazione è minimamente contrario all'utilizzo di un sistema di informazione sempre più diffuso per i cittadini, come dimostra tutta una serie di iniziative, di cui, volendo, potremmo parlare. Posto che mi viene da dubitare che sia opportuno consentire un accesso non guidato agli archivi della Camera, perché questa è una libertà "non utile", ritengo che sia importante lavorare non solo sull'ipotesi di garantire ai cittadini l'accesso via Internet o via cavo, ma anche la possibilità di avere a domicilio, per il momento, in questa fase transitoria, quanto più possibile di trasparenza sulla Camera, attraverso lo strumento più normale e più diffuso, che è ancora la televisione. E da qui lo studio di una serie di possibilità per trasmettere non solo più informazione video, ma anche informazione dati. Mi si dice che esistono dei sistemi per eccitare l'interattività attraverso il sistema telefonico collegato a un elaboratore. Qualcuno è già stato incaricato di studiare anche questa possibilità.

Si tratterebbe, comunque, di un'interattività molto limitata.

Forse, ma certo per un pubblico enormemente più vasto di quello che potrebbe procedere via cavo. Ed inoltre non dimentichiamo quello che a Montecitorio è già stato fatto: partendo dalla base di ipotesi e studi che venivano dalla precedente legislatura (perché bisogna che riconosciamo anche i meriti di chi aveva incominciato a pensarci, ma in un certo periodo politico non aveva potuto concretizzare le sue idee), in questa legislatura è stato dato un grande impulso all'amministrazione per concretizzare immediatamente le cose. La riforma del Televideo della Camera dei Deputati, che è completamente diverso da quello del Senato, perché dà un'informazione in tempo reale; l'apertura di un numero verde, con quelli che potranno essere i potenziali sviluppi di una struttura di questo tipo. Che non sono solo "chiedi alla Camera", ma anche "di' alla Camera", lascia un messaggio, dimmi alcune cose che vuoi. In terzo luogo un'iniziativa poco conosciuta da quasi tutti, ma purtroppo soprattutto dalla stampa: la messa in linea informatizzata degli atti parlamentari in versione sommaria, un'ora dopo che è avvenuta la discussione, sui terminali collegati anche alla sala stampa. Peraltro mi sembra che l'utilizzo, rilevato da nostri calcolatori, sia di un contatto per tutti i primi sei mesi del 1995.

La scarsa preparazione della maggioranza dei giornalisti su tutto quello che riguarda le nuove tecnologie dell'informazione è uno degli aspetti più preoccupanti della situazione, per chi segue il cambiamento e ne conosce i problemi. Ma è un discorso che ci porterebbe lontano dal nostro tema. C'è anche da dire che spesso anche gli uffici stampa degli enti pubblici non ci aiutano noi giornalisti a lavorare nel modo migliore.

Mi si dice da varie parti che sia così. Non ne ho conoscenza diretta. Per quanto ci riguarda abbiamo impostato e realizzato un nuovo metodo di lavoro: questo ufficio ha moltiplicato i suoi contatti con la stampa: è ormai un interlocutore abituale di tutti i mezzi di informazione; distribuisce notizie in via formale e informale; ne verifica la correttezza, ed è autorizzato, quando necessario, a promuovere le opportune forme di precisazione. Questo è il mandato che abbiamo ricevuto; non operiamo in conto proprio, lo facciamo perché è la linea politica dell'amministrazione. E questo consente di avere sovente un contatto diretto con il cittadino, con tutto ciò che significa in termini di impatto su tutte le strutture di mediazione giornalistica.

Che cosa vuol dire?

Le strutture di mediazione giornalistica in questo momento si trovano a doversi confrontare con talune deficienze di preparazione. Se la preparazione fosse maggiore, probabilmente riuscirebbero a individuare sia nuove strade di fare informazione dal Parlamento, sia la possibilità di fare meglio attività che hanno dimostrato di poter avere un grande mercato. Altrimenti non si spiega perché avrebbe il successo che ha una struttura come Il Sole 24 Ore, con quello che le è collegato: una cosa nuova come la Guida Normativa, e tutta quella serie di strumenti di informazione al cittadino che finanziano imprese private nella paralisi del "pubblico".
E qui individuiamo due aree di competenza e responsabilità. Da una parte quella dell'organo legislativo, cui spetta di assicurare tutta la trasparenza possibile per quanto riguarda il processo di formazione della legge e la sua decisione finale. Dall'altro quella dell'esecutivo, ed in particolare del Ministero di Grazia e Giustizia, attraverso il Poligrafico ed il cosiddetto "Gazzettiere", che dovrebbe trovare il modo di diffondere nella maniera più ampia possibile, a tutto il pubblico, la notizia delle norme approvate da Parlamento e delle loro modalità applicative (regolamenti, circolari, interpretazioni, eccetera).
La paralisi del soggetto pubblico ha consentito la nascita di numerosi strumenti gestiti da privati, che suppliscono all'assenza di una funzione indispensabile.
Non è possibile ignorare che anche la struttura centrale dell'esecutivo incaricata di un compito di informazione al cittadino (il Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio) appare incapace (ed insufficiente) a questo compito, cosicché dalla sua realizzazione si finisce per parlarne in una struttura del tutto privata, come la "Associazione per la Comunicazione pubblica".

Bisognerebbe incominciare a capire esattamente che cosa è la comunicazione pubblica.

La comunicazioni pubblica, fatta dalle istituzioni e dagli organi dello Stato, è la capacità di far conoscere, al cittadino l'attività delle istituzioni, o ancora prima, di informarlo sull'attività delle istituzioni, ma soprattutto di comunicare con il "cittadino-utente" attraverso tutti i suoi organi, a comunicare proprio da quelli più lontani dal centro, da quelli che di ogni Amministrazione sono i "terminali remoti".
Che cos'è la comunicazione, diciamo così, di carattere promozionale, se non è unita ad una capacità delle amministrazioni, soprattutto a livello locale e periferico, di agire come comunicatori attraverso ogni terminale? La campagna delle Ferrovie dello Stato è perfetta dal punto di vista della promozione. Ma se alla fine di una notte di vagone letto, centoquaranta persone che hanno messo la macchina sul treno devono aspettare un'ora e tre quarti per riottenerla, non c'è campagna di comunicazione che possa rendere. Allora c'è dicotomia tra attività di comunicazione, che in quel momento è solo pubblicità, e attività reale. E tutto questo è controproducente. A mio parere le istituzioni e gli organi dello Stato devono "comunicare" prima attraverso le loro azioni. Poi attraverso le campagne promozionali.