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 Il diritto di accesso

Così cade il monopolio sulla legge
di Manlio Cammarata - 06.07.2000

Addio, affannosa ricerca di un lontano provvedimento su chissà quale introvabile numero della Gazzetta ufficiale: tra poco tutte le leggi italiane (e non solo le leggi) saranno disponibili liberamente sull'internet.
Ma che significa "tra poco"? Nel Piano per l'e-government il Governo indica la scadenza nel quarto quadrimestre del 2001, in pratica la fine del prossimo anno. Si chiuderà così, se la data sarà rispettata, una discussione che dura da sette anni, quando il problema fu sollevato per la prima volta sulle pagine di MCmicrocomputer (vedi Il Palazzo non è di vetro). Mentre risale al 18 giugno 1995 l'intervento di Francesco Brugaletta Trasparenza nell'esercizio del potere, diritto alle informazioni e nuove tecnologie, in cui il problema veniva affrontato in termini rigorosamente di diritto.

Nessuna risposta fu data a queste richieste, anzi, qualcuno all'inizio tentò addirittura di negare l'esistenza di un diritto dei cittadini alla conoscenza delle leggi. Resistenze culturali, resistenze burocratiche, ma forse soprattutto resistenze di interessi. 
A questo proposito è illuminante una risposta di Enrico Borruso, allora direttore del CED della Cassazione, in un'intervista del maggio del '97:
Non credo che Internet sia una parola magica grazie alla quale risolvere tutti i problemi. Il CED della Corte di Cassazione, a giorni, sarà accessibile su Internet, però rimane sempre il fatto che, per entrare nelle banche dati del CED, bisogna dare il codice di utenza. Il problema è delicato, perché si dovrebbe anche stabilire la gratuità assoluta della ricerca. Ma - perché non dirlo? - la gratuità sarebbe un siluro contro l'editoria giuridica privata. È noto che il grosso dei guadagni dell'editoria giuridica privata non è dato dai libri di alto valore scientifico, ma dalle pubblicazioni di immediata informazione. In tutti i paesi del mondo è così, che io sappia. Ciò non vuol dire che io non mi auguri un'attenuazione delle tariffe praticate dal CED e un aumento dei soggetti ammesso a fruire gratuitamente dei suoi servizi. Ma, anche ad ammettere che il servizio sia gratuito, rimane il fatto che sia accessibile a chi ha una conoscenza approfondita del diritto (Vedi L'ignoranza della legge accusa il legislatore).

Per completare la storia va ricordata la lettera di Guido M. Rey, presidente dell'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione, in risposta all'ennesimo articolo sull'argomento (Serve una legge per l'accesso alla legge?). Nel messaggio Rey si diceva d'accordo con la nostra impostazione e in qualche modo poneva le premesse per quella che ora è diventata un'importante azione del Governo.
Di fatto "Norme in rete" è un progetto intersettoriale dell'AIPA, al quale collaborano diversi enti con il coordinamento dell'Ufficio pubblicazioni leggi e decreti del Ministero della giustizia (vedi anche l'intervista a Floretta Rolleri del settembre '99).
In tutto il progetto si è rivelata fondamentale l'esperienza del Senato, la prima istituzione che ha offerto il libero accesso via Internet alle leggi e ai disegni di legge, sperimentando sia i problemi dei sistemi di ricerca, sia il delicato momento di passaggio dai sistemi legacy sui gloriosi mainframe IBM alle attuali procedure del web.

Invece lo stampatore delle leggi, quello che ha il compito di farle conoscere ai cittadini, ha opposto un muro di gomma a tutte le richieste di mettere on line almeno la Gazzetta ufficiale. Il Poligrafico e la Cassazione hanno continuato a far pagare salato l'accesso ai loro archivi, obbligando gli utenti a complicatissime ricerche con linguaggi arcaici. Per anni si è detto che per mettere in rete le leggi era un problema di (pochi) soldi per lo stampatore e di un semplice regolamento da ritoccare per la suprema Corte, ma tutto è rimasto fermo per troppo tempo. Non si è provveduto nemmeno ad adeguare alle innovazioni tecnologiche i sistemi informatici e le procedure di interrogazione. Così oggi il problema più arduo da risolvere per arrivare in breve tempo alla conclusione del progetto "Norme in rete" è proprio l'adeguamento dei due archivi.

Ma il Poligrafico insiste nel tentativo di mantenere il monopolio della legge. E' di pochi giorni fa la notizia che l'istituto ha inviato al Comune di Jesi (che dal '98 diffonde meritoriamente sull'internet una parte della Gazzetta ufficiale), l'invito a riprodurre le pagine solo in formato PDF e senza la possibilità di stamparle, e sempre con l'avvertenza che ogni testo pubblicato "non riveste carattere di ufficialità" e che "non è sostitutivo, in alcun modo, della pubblicazione ufficiale cartacea".
Forse lo stesso Poligrafico non ha stampato la legge n. 633 del 22 aprile 1941, che all'articolo 5 stabilisce che le disposizioni sul diritto d'autore "non si applicano al testo degli atti ufficiali dello Stato e delle Amministrazioni pubbliche sia italiane che straniere"? O forse crede che la secolare impaginazione o la modesta realizzazione grafica delle tabelle presentino quei requisiti di originalità che possono costituire il presupposto di un copyright? In ogni caso non spetta al tipografo stabilire limiti alla diffusione delle opere stampate, ma all'autore (che nel nostro caso è il Parlamento) e all'editore, cioè il Ministero della giustizia.

E' infatti questo che licenzia il testo definitivo, poiché il "visto" del Guardasigilli è l'ultimo passaggio dell'iter formativo di una legge. Dunque, se c'è un soggetto legittimato a decidere chi e in che modo possa diffondere i testi delle leggi, questi è appunto il Ministro della giustizia, attraverso l'Ufficio pubblicazione leggi e decreti.
Infatti il Ministero ha deciso, scegliendo una soluzione semplicissima, che dovrebbe essere operativa in tempi brevi: appena completata la fase di automazione, l'Ufficio pubblicazione leggi e decreti metterà on line i testi appena avranno ricevuto il "visto" di rito. Al Poligrafico resterà il compito di pubblicare la Gazzetta, anche on line e con accesso gratuito. C'è solo da chiedersi se per svolgere questa funzione non sia esagerato lo stanziamento di dieci miliardi previsto dal Piano d'azione del governo, quando per rimettere a nuovo gli immensi archivi della Cassazione sembra che basti un miliardo e mezzo...

In conclusione, quello che conta è che il monopolio è agli sgoccioli e il diritto di accesso alle leggi sarà finalmente soddisfatto, e nel migliore dei modi (si vedano i dettagli in DTD, XML, URN...). Certo, chi vada a vedere oggi il sito Normeinrete, in versione sperimentale, resta perplesso nel constatare che tra i tanti enti che hanno messo a disposizione i loro dati manca proprio la Corte di Cassazione, mentre il Poligrafico offre 39, diconsi trentanove, documenti!