Garante per la protezione
dei dati personali
Comunicato
stampa
19.06.97
Il Garante per la
protezione dei dati personali ha emesso la sua decisione
relativa al questionario pubblicato su un grande
quotidiano nazionale e sottoposto all'attenzione del
Garante per una pronuncia sulla liceità della modalità
di raccolta del consenso messa in atto dalla società
promotrice del questionario.
Il Garante ha ritenuto che il questionario non è
conforme alle disposizioni della legge 675/1996 e ha
segnalato alla società di apportare le opportune
modificazioni.
La non conformità alla legge riguarda vari aspetti.
Innanzitutto, nel questionario, l'informativa e la
richiesta di consenso sono formulate in modo parziale e
sintetico e collocate in una posizione marginale.
Il questionario contiene una informativa insufficiente
soprattutto per quanto riguarda le finalità e le
modalità di trattamento dei dati raccolti, i soggetti ai
quali potranno essere comunicati e l'ambito della loro
diffusione.
Contiene, inoltre, richieste di informazioni riguardanti
la salute degli interessati, per le quali è necessario
il consenso scritto dell'interessato. A tale proposito -
l'Autorità osserva - che non è conforme a quanto
disposto dall'art. 22 della legge 675/96, la previsione
di una manifestazione di consenso alla raccolta dei dati
e alla loro comunicazione, che prescinde da una
sottoscrizione ed è affidata unicamente alla
compilazione e invio del questionario.
Nel questionario è inoltre, compresa anche la richiesta
di dati relativi a familiari. Di conseguenza, è
necessario che in esso siano predisposti gli spazi per la
raccolta del consenso attraverso la sottoscrizione di
tutti gli interessati. Lo stesso principio vale per le
dichiarazioni di dissenso.
Il Garante ha, quindi, dichiarato non utilizzabili i dati
tratti dai questionari compilati dopo l'8 maggio 1997 ed
ha, inoltre, chiesto alla società che ha promosso il
questionario di inviare all'Autorità copia del materiale
eventualmente modificato ai sensi della decisione emessa.
Pur in presenza di una violazione di legge, poichè il
questionario e la lettera esplicativa collegata sono
stati diffusi prima dell'8 maggio 1997, data di entrata
in vigore della legge 675/96, non si è dato corso
all'irrogazione della sanzione amministrativa prevista.
L'altra questione
affrontata dal Garante è quella che riguarda un
importante aspetto applicativo della legge 675/96,
relativo ai dati personali che i datori di lavoro devono
trasmettere all'INPS ai fini della corresponsione del
trattamento di integrazione salariale.
Nella lettera inviata ad una grande industria nazionale,
l'Autorità osserva che l'INPS può legittimamente
raccogliere i dati personali relativi ai soggetti che
beneficiano dei trattamenti di integrazione salariale, ai
sensi del decreto legge 1 ottobre 1996, n. 510 o di altre
leggi, essendo il trattamento correlato allo svolgimento
di funzioni istituzionali (art. 27, comma 1 della legge
675).
Il Garante precisa, peraltro, che la trasmissione
all'INPS dei dati personali riguardanti i propri
dipendenti in cassa integrazione, deve essere effettuata
acquisendo preventivamente, da parte dell'impresa, il
consenso dei lavoratori interessati, anche in forma
orale, purchè documentata per iscritto. Per i dati
relativi allo stato di salute, il consenso deve avere
necessariamente la forma scritta. Questo perchè l'art.
20 della legge 675/1996 consente la comunicazione e la
diffusione dei dati personali, da parte di privati e di
enti pubblici economici, senza il consenso degli
interessati, qualora occorra adempiere ad un obbligo
previsto dalla legge, da un regolamento o dalla normativa
comunitaria.
Invece, il decreto legge che regola la raccolta dei dati
da parte dell'INPS non prevede l'obbligo per il datore di
lavoro di trasmettere all'Istituto i dati relativi al
personale già dipendente, né tale obbligo appare
rinvenibile in altre disposizioni di legge o regolamenti.
Il Garante ha, pertanto, inviato una lettera al Ministro
del Lavoro, segnalando l'opportunità che future leggi e
regolamenti prevedano specificatamente anche questo
flusso di dati.
In tal modo, si renderebbe superflua l'acquisizione da
parte dei datori di lavoro del consenso dei lavoratori
interessati, nell'ambito di una procedura che è già
disciplinata, per altri aspetti, dalle leggi o dai
regolamenti e che si svolge nel diretto interesse dei
lavoratori stessi.
19.6.1997
|