N. 116/13 R.G. DEPOSITO SENTENZE
Data deposito sentenza 8 aprile 2013
REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE DI VARESE
UFFICIO DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice, Giuseppe Battarino
ha pronunziato e pubblicato, mediante lettura del
dispositivo, la seguente
SENTENZA
ai sensi degli artt. 438ss.,533,
535, 538 ss. c.p.p. nei confronti di: LR, nata il [ ] a
Rovigo,
Difesa di fiducia dall’Avv. Jenny Cantù del
Foro di Varese, presente;
PARTE CIVILE : ST, presente, assistita dall’Avv. Paola Croci del Foro di
Milano, presente;
IMPUTATA
– del delitto previsto e punito dagli artt. 81 cpv. e 595, commi 1,2 e 3,
c.p., nonché 13, Legge n. 47/1948 e perseguibile ai sensi dell’art. 30 della
Legge 223/1990, perché, in più momenti esecutivi del medesimo disegno
criminoso, comunicando con più persone attraverso la rete iInternet ed in particolare diffondendo notizie e
scritti, utilizzando il proprio nome e cognome o, anche, utilizzando lo
pseudonimo di Y, sul sito Internet www.------.org , intraprendeva una campagna
denigratoria nei confronti delle case editrici a pagamento (di cui
all’acronimo EAP), campagna denigratoria denominata NOEAP, per mezzo della
quale ledeva la reputazione di ST in quanto rappresentante della casa editrice Z,
con sede legale in...
In particolare, pubblicando tali asserzioni sul citato sito internet, affermava
che:
– la casa editrice X doveva essere
considerata “a pagamento”;
– ST aveva offeso ed insultato LR,
con parole in realtà mai pronunciate dall’interessata;
– apostrofava gli editori a
pagamento, tra i quali includeva ST con gli epiteti “cloache editoriali”;
“truffatori”; “signori truffa”; “cosche mafiose” “strozzini” e
simili;
– attribuiva a ST affermazioni e
frasi mai profferite;
– diffondeva immagini virtuali
riferibili a ST atte a ridicolizzare la stessa;
– indicava la casa editrice Z come
“stampatore, editore che non offre distribuzione e produzione e produttore di
libri di pessima qualità”;
– offendeva direttamente ed
esplicitamente ST con i seguenti epiteti “arpia”; “repressa del cazzo”;
“urticante peggio di una medusa”; “non ha altro da dire che non siano le
solite stronzate”.
In ... sino al 25 settembre 2010
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’imputata, in sede di udienza preliminare, ha chiesto di essere giudicata con
rito abbreviato.
Si è costituita parte civile ST, che ha accettato gli effetti del giudizio.
La ricorrenza sul sito www.------.org delle espressioni riportate nel capo
d’imputazione è documentata ampiamente.
In sostanza il sito, che, incontestatamente, è amministrato dall’imputata, è
stato sede di un vivace dibattito tra aspiranti scrittori o scrittori
esordienti, avente ad oggetto, tra l’altro, la specifica difficoltà di
trovare un editore adeguato per opere prime, o comunque per scrittori non già
affermati.
Il contesto è di comune conoscenza: a fronte di pochi autori di testi che
incontrano un editore realmente interessato – per motivi culturali o economici
– alla pubblicazione e che dunque divengono scrittori editi, molti autori di
testi devono rinunciare alle proprie ambizioni oppure accettare compromessi
proposti da editori che richiedono, in forma diretta o indiretta, contributi
alle spese di edizione; a loro volta questi editori offrono talora una reale
attività di editing e una adeguata distribuzione, in altri casi difettano dell’una e dell’altra,
mandando gli autori incontro a sicura delusione.
L’attività casa editrice Z, fondata e amministrata da ST, è rientrata
nell’oggetto della discussione svoltasi sul sito.
Premesso che la reale politica editoriale di Z non è oggetto di valutazione in
questo processo se non nei limiti in cui il riferimento ad essa consente di
definire la continenza, o meno, delle espressioni ricorrenti sul sito, le
questioni essenziali del giudizio, alla luce dell’imputazione, del materiale
probatorio e delle argomentazioni difensive, riguardano l’obiettività delle
condotte, l’attribuibilità soggettiva anche in ragione della natura del mezzo
di diffusione, la qualificazione delle stesse.
Il postulato dell’accusa è l’esistenza di affermazioni asseritamente
travalicanti il diritto di critica che vengono descritte nel capo di imputazione
con diverso grado di analiticità.
In ordine ad esse va considerato – seguendo l’ordine delle condotte così
come descritte – che:
l’affermazione secondo cui la casa editrice è da considerare “a
pagamento” non costituisce reato, risolvendosi l’espressione in una sintesi
opinabile ma non offensiva delle suaccennate forme di partecipazione al costo
editoriale;
parlare di “parole mai pronunciate” o, più oltre di “affermazioni e frasi
mai profferite” come forma di offesa mediante attribuzione di falsità non
soddisfa i caratteri di chiara enunciazione dell’accusa e non consente di
affermare la penale responsabilità dell’imputata;
gli epiteti “cloache editoriali”, “truffatori”, signori della truffa”,
cosche mafiose”, “strozzini”, attribuiti alla categoria genericamente
individuata come editori a pagamento, e inclusiva della persona offesa, sono
obiettivamente tali da lederne l’onore e il decoro;
la diffusione di immagini mortificanti e allusive, frutto di montaggio,
direttamente riferite a ST è obiettivamente tale da lederne l’onore e il
decoro; così pure è a dirsi dell’uso nei suoi confronti dei termini
“arpia”, “repressa del cazzo”, “urticante peggio di una medusa” e
“solite stronzate” riferito a sue affermazioni;
non integrano il reato, risolvendosi in forte ma legittima critica, le
affermazioni circa la “pessima qualità” di talune produzioni editoriali.
Nel formulare le accuse il Pubblico Ministero fa riferimento alle leggi n.
47/1948 e n. 223/1990 e contesta, senza ulteriore specificazione, la violazione
dei commi primo, secondo e terzo dell’art. 595 c.pen. .
Si deve pertanto ritenere che egli abbia inteso contestare la comunicazione con
più persone e l’utilizzazione del mezzo della stampa, omologato alla “rete
internet”, così definita in imputazione.
Anche al fine di definire il titolo di attribuzione soggettiva delle condotte si
deve richiamare in sintesi lo sviluppo della questione dell’uso della Rete
come strumento giornalistico.
Nella ricostruzione sinora prevalente in giurisprudenza di merito (leading case:
G.i.p. Tribunale Oristano, sent. 25 maggio 2000, n. 137) e di legittimità (Cass,
V, n. 1907 del 16 luglio – 1° ottobre 2010) si è negata l’’assimilabilità
della comunicazione giornalistica su Internet a quella tradizionale della carta
stampata. L’argomento principe è di tipo testuale, con riferimento al
contenuto dell’art. 1 L. 8 febbraio 1948, n. 47 e dell’art. 57 c.pen.,
ritenendo che l’eventuale assimilazione sarebbe frutto di estensione analogica
in malam partem, evidentemente inammissibile in campo penale.
A diversa soluzione si perviene ipotizzando che si tratti invece di mera
deduzione interpretativa, non analogica, fondata sull’applicazione di un
criterio storico sistematico al citato art. 1 L. 8 febbraio 1948, n. 47.
Dall’esame dei lavori preparatori, che come è noto risalgono all’Assemblea
Costituente nella sua attività di legislazione ordinaria, emergono, nella
seduta del 6 dicembre 1947, nell’ambito della discussione sull’art. 2
(attuale art. 1) della legge recante disposizioni sulla stampa, tre passaggi
illuminanti: il presidente e relatore Cevolotto si preoccupa di richiamare –
in termini di disciplina liberale da riacquistare – la L. 28 giugno 1906 n.
278, che limitava gli interventi repressivi “delle edizioni, degli stampati e
di tutte le manifestazioni del pensiero”; lo stesso relatore segnala la
modifica del testo nel senso di ritenere “stampa” qualsiasi riproduzione
ottenuta non con “mezzi meccanico-fisici o chimici” bensì “meccanici o
chimico-fisici”; il deputato
Colitto chiede e ottiene che non si parli di “riproduzioni impresse” bensì,
più largamente, “ottenute”.
Tutto ciò segnala la volontà del legislatore di prevedere, a ogni buon fine,
una disciplina che potesse tenere conto del superamento della pura e semplice
“impressione con mezzi meccanici” (tale era la primigenia espressione del
progetto di legge) di gutenberghiana memoria, rispetto ai progressi della
meccanica, della fisica, della chimica; questo progresso ha oggi prodotto una
forma di editoria, quella su Internet, del tutto identica (e in alcuni casi
anche sostitutiva, con quotidiani on demand, su tablet, editati a domicilio e
così via) a quella che produce caratteri impressi su carta; e del resto, a ben
vedere, l’informatica e la telematica altro non sono che applicazione
combinata di mezzi (di variazioni di stato) meccanici, fisici, chimici; in
questo quadro interpretativo la L. 7 marzo 2001, n. 62, non è fonte di
“rilettura” della L. 8 febbraio 1948, n. 47, bensì sopravvenienza coerente
(nella sua equiparazione tra più prodotti editoriali) con un concetto di stampa
idoneo ab origine a ricomprendere la sopravvenienza dei quotidiani o periodici
– ora normalmente registrati e oggetto di benefici – su Internet.
Se questo è vero, compete peraltro all’interprete attribuire a un sito
Internet, sulla base di caratteristiche intrinseche e fenomeniche, nonché
formali (la registrazione) la natura di “stampa”.
Nel caso di specie il sito www.-------.org non ha caratteristiche di
informazione ascrivibili alla “stampa” ma costituisce la base per la
costruzione di un gruppo settoriale di interesse, composto da scrittori
esordienti, o aspiranti tali, mediante la discussione di temi comuni (valga il
richiamo a Cass., III, n. 10535 dell’11 dicembre 2008 – 10 marzo 2009).
Ne discendono le conseguenze qui rilevanti.
Quanto alla qualificazione del fatto è corretto da parte del Pubblico Ministero
parlare di comunicazione con più persone; sussiste l’aggravante di cui
all’art. 595, terzo comma, c.pen. sotto il profilo dell’’utilizzazione di
“mezzo di pubblicità”, non sotto il profilo dell’’essere l’’offesa
recata “col mezzo della stampa”.
Quanto all’’attribuzione soggettiva di responsabilità all’imputata, essa
è diretta, non mediata dai criteri di cui agli artt. 57ss. c.pen.; la
disponibilità dell’amministrazione del sito Internet rende l’imputata
responsabile di tutti i contenuti di esso accessibili dalla Rete, sia quelli
inseriti da lei stessa, sia quelli inseriti da utenti; è indifferente sotto
questo profilo sia l’esistenza di una forma di filtro (poiché in tal caso i
contenuti lesivi dell’altrui onorabilità devono ritenersi specificamente
approvati dal dominus), sia l’inesistenza di filtri (poiché in tal caso i
contenuti lesivi dell’altrui onorabilità devono ritenersi genericamente e
incondizionatamente approvati dal dominus).
Non è certamente idonea a escludere la responsabilità penale dell’imputata
la clausola di attribuzione esclusiva di responsabilità agli autori dei
commenti contenuta in un “regolamento” di natura esclusivamente privata per
l’utilizzazione del sito (gli autori, semmai concorrono nel reato, ma di essi
in questo processo non vi è traccia di identificazione, né sono imputati).
Quanto alla questione, posta dalla difesa, della tardività della querela,
sporta nel settembre 2010, rispetto
al caricamento progressivo sul sito di contenuti offensivi, iniziato in epoca
anche di molto precedente, si deve ritenere che la natura di reato di evento
della diffamazione (Cass., V, 21 giugno – 25 luglio 2006, n. 25875, Cass., V,
4 – 17 aprile 2008, n. 1597) associata alla tipicità del mezzo faccia sì che
la querela debba ritenersi tempestiva in ragione della effettiva percezione
dell’offesa da parte della vittima, in occasione dell’accesso ai contenuti
del sito.
La specificità del mezzo, e la lesività estrema e protratta derivante dalla
recuperabilità dei contenuti diffamatori in ogni successivo momento (anche
attraverso motori di ricerca o reindirizzamenti mediante link o social network)
dalla simultaneità degli accessi al sito, dalla possibile non coincidenza di
accesso al sito e fruizione del contenuto eventualmente diffamatorio (cliccabile
o non, scaricabile o non, pur in presenza di accertato accesso), fanno sì che,
in un contemperamento concreto tra applicazioni meramente processuali del
principio di favor rei e necessità di elevato grado di protezione della
vittima, non possa negarsi alla stessa di poter sporgere querela, come è nel
caso di specie avvenuto, in epoca successiva al caricamento dei contenuti
diffamatori sul sito.
Le conseguenze sanzionatorie dei reati – si tratta di più azioni, unite
dall’identità di disegno criminoso – possono essere contenute, in ragione
della giovane età dell’imputata e di una sua possibile sottovalutazione delle
condotte illecite, frutto di una diseducazione di cui essa stessa è vittima, in
un contesto sociale di falsamente proclamata liceità di qualsiasi lesione
dell’altrui personalità morale, tantopiù se veicolata dai mezzi di
comunicazione, scegliendo la pena pecuniaria e applicando a suo favore le
circostanze attenuanti generiche, da ritenersi equivalenti alle sussistenti
aggravanti.
La pena base di euro milleottocento di multa, va dunque ridotta a euro
milleduecento per le circostanze attenuanti generiche; aumentata di euro
trecento per la continuazione, ridotta ai sensi dell’art. 442, secondo comma,
c.p.p., per la scelta del rito, a euro mille di multa.
Consegue alla condanna il pagamento delle spese processuali.
L’incensuratezza della condannata consente di concedere i benefici della
sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna.
Conformemente alla richiesta presentata dal difensore di parte civile, va
riconosciuto alla stessa il risarcimento del danno morale da reato,
quantificabile in euro cinquemila, considerato il turbamento causato al soggetto
e alla sua attività imprenditoriale, in non breve arco temporale. Va altresì
pronunciata condanna al pagamento in favore della parte civile delle spese di
costituzione e giudizio, che si liquidano in euro mille (euro trecentosessanta
per la fase di studio, euro seicentoquaranta per la fase decisoria).
p.q.m.
visti gli artt. 438ss., 533, 535 c.p.p.,
dichiara
LR responsabile dei reati ascrittile e, applicate le circostanze attenuanti
generiche equivalenti alle aggravanti e la diminuente di cui all’art. 442,
secondo comma, c.p.p., la
condanna
alla pena di euro mille di multa, oltre al pagamento delle spese processuali;
pena sospesa, non menzione;
Visti gli artt. 538ss. c.p.p.
condanna
LR al risarcimento del danno in favore della parte civile ST, che liquida in
euro cinquemila; nonché al pagamento delle spese di costituzione e giudizio che
liquida in complessivi euro mille, oltre IVA e CPA.
Indica in giorni quarantacinque il termine per il deposito della motivazione.
Varese, 22 febbraio 2013
IL GIUDICE DELL’UDIENZA PRELIMINARE
Giuseppe Battarino
|