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 Il decreto legislativo 103/95 e le autorizzazioni generali

Dal decreto "ammazzaprovider" alle sviste del DDL "salvaprovider"
29.06.2000

A volte ritornano. Stiamo parlando di morti viventi, in particolare del decreto legislativo 103/95 che impose il regime dichiarazioni/autorizzazioni per gli internet provider, con le nefaste conseguenze delle quali ci occupiamo da cinque anni (chi non fosse al corrente, veda l'indice di questa sezione di InterLex).
Entrato in coma irreversibile il 19 settembre 1997, con la previsione delle autorizzazioni generali al comma 30 dell'articolo 6 del DPR 318/97, è stato ucciso il 1. gennaio 1999 dalla direttiva 97/13/CE.
Ma continua a colpire, con le ispezioni e i verbali della Polizia postale, nonostante la chiarissima sentenza di un tribunale.

Non basta. E' stato evocato in uno schema di disegno di legge presentato dal Ministro delle comunicazioni, con il fine dichiarato di mettere i piccoli provider in grado di competere con i maggiori sul piano della "retrocessione dell'interconnessione", cioè della percentuale sul traffico generato che gli operatori di TLC riconoscono ai fornitori di accesso.
Ma contiene una svista clamorosa: si riferisce solo ai provider "autorizzati", e non anche ai "dichiaranti", che sono appunto i più piccoli, secondo l'assurda distinzione del 103/95.
Il bello è che tutta l'operazione è frutto di una "svista legislativa": infatti la competenza per questa materia non è del Ministero, ma dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, secondo il dettato della legge 249/97.

Comunque è opportuno che il DDL abusivo giunga al Parlamento, che così potrà prendere atto anche della scandalosa inerzia dell'Autorità, in particolare per quanto riguarda la mancata emanazione delle condizioni per le autorizzazioni generali.

(M. C.)