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 Le regole dell'internet

L'obbligo di collegamento al CED del Viminale
riguarda gli Internet provider?
di Manlio Cammarata - 07.08.97

Il decreto del Presidente della Repubblica n. 318 del 19 settembre 1997, intitolato "Regolamento per l'attuazione di direttive comunitarie nel settore delle telecomunicazioni" contiene una norma che ha subito suscitato aspre critiche:
Ogni organismo di telecomunicazione deve rendere disponibili, anche telematicamente, al Centro elaborazione dati del Ministero dell'Interno gli elenchi di tutti i propri abbonati e di tutti gli acquirenti del traffico prepagato della telefonia mobile
(
articolo 17, comma 3).

La lettura delle "definizioni" elencate nell'articolo 1 ha messo in allarme anche i fornitori di Internet, che a prima vista sembrerebbero obbligati a mettere a disposizione del CED del Ministero dell'interno "anche telematicamente" gli elenchi degli abbonati. Infatti nella definizione di "organismi di telecomunicazioni" compaiono i "servizi di telecomunicazioni", che comprendono anche quelli relativi a Internet.
Un più attento esame della normativa porta a ritenere che la disposizione riguardi solo gli "organismi di telecomunicazioni" e non i fornitori di "servizi di telecomunicazioni", ma questo non esclude che si possa verificare una vera e propria schedatura degli utenti di Internet, come vedremo più avanti.

Prima di esaminare i dettagli della questione occorre qualche considerazione di carattere generale, anche se del decreto avremo molte occasioni parlare nel prossimo futuro.
Si impone una prima riflessione: questo testo è importantissimo, perché costituisce uno dei fondamenti per lo sviluppo della società dell'informazione nel nostri paese. Avrebbe dovuto essere preceduto da un largo dibattito, dentro e fuori dalle aule parlamentari, come è avvenuto negli USA e in altri paesi. Invece qui è stato emanato un semplice regolamento, con il pretesto dell'accoglimento delle direttive comunitarie. E' vero che in questa materia non abbiamo molte possibilità di scegliere, perché la normativa europea su questa materia è vincolante e in molti casi self-executing, ma in questo modo non si riesce a capire quali direzioni l'Italia voglia intraprendere nel dedalo delle "autostrade digitali", quale politica di sviluppo debba portarci a pieno titolo nella società dell'informazione.
Ora quello che dovrebbere essere il nostro
"Telecommunications Act" appare diviso in tre diversi provvedimenti principali: il "Maccanicum primum", cioè la legge 249 del 31 luglio scorso, questo regolamento e l'imminente (si spera) "Maccanicum secundum", cioè la legge che uscirà dal dibattito sul ddl S1138. Poi ci sono e ci saranno le varie normative del Ministero della pubblica istruzione, di quello dell'università e della ricerca scientifica, i regolamenti tariffari, le regole dettate dall'Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni e via discorrendo. Tutto questo senza un disegno unitario, un progetto d'insieme nel quale accogliere la normativa europea.
Di fatto le politiche di sviluppo della società dell'informazione in Italia sono oggi nelle mani del mercato, ma di un mercato che non c'è e non ci sarà per molto tempo, fino a quando un solo operatore manterrà una posizione di fortissimo dominio.

Per quanto riguarda il contestato terzo comma dell'articolo 17, sarebbe necessario prima di tutto esaminarne la legittimità. Infatti in nessuna delle direttive europee che ho potuto esaminare fino a questo momento (ma non sono tutte quelle citate dal DPR, per le note difficoltà che incontra un cittadino italiano quando vuole conoscere le norme che lo riguardano), compare la previsione dell'obbligo per gli organismi di telecomunicazioni di facilitare la schedatura dei propri abbonati da parte delle forze di polizia. Ora i casi sono due: o questa previsione è contenuta in qualche direttiva (e si dovrebbe comunque valutarne l'obbligatorietà e la compatibilità con il nostro ordinamento), oppure non c'è. In quest'ultimo caso il regolamento potrebbe essere in contrasto con la legge n. 86 del 1989, la cosiddetta "legge La Pergola", che prevede l'accoglimento delle direttive comunitarie con un semplice DPR, ma a condizione che non si introducano disposizioni non contenute nelle direttive stesse o non siano richieste scelte discrezionali del Governo.
Su questo punto speriamo di ricevere presto il contributo dei costituzionalisti, anche in vista della portata specifica della norma in questione: intanto proviamo a chiederci se una disposizione di questo tipo sarebbe passata senza problemi attraverso un dibattito parlamentare.

Consideriamo infine l'aspetto relativo alla tutela dei dati personali. Purtroppo, almeno a prima vista, non sorgono problemi di legittimità: l'articolo 12, comma 1, stabilisce che il consenso dell'interessato non è richiesto quando a) riguarda dati raccolti e detenuti in base ad un obbligo previsto dalla legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria. Bene, con questo DPR 318 il regolamento c'è. Ed ecco verificato il detto degli antichi giuristi, summum ius, summa iniuria: la schedatura da parte delle forze di polizia di tutti gli abbonati ai servizi di telecomunicazioni (non solo al servizio telefonico pubblico) avviene in forza di una legge che si intitola "Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali"!

Vediamo ora i principali aspetti del terzo comma dell'articolo 17: Ogni organismo di telecomunicazione deve rendere disponibili, anche telematicamente, al Centro elaborazione dati del Ministero dell'Interno gli elenchi di tutti i propri abbonati e di tutti gli acquirenti del traffico prepagato della telefonia mobile. Significa che i soggetti obbligati (vedremo tra un attimo chi sono) devono in sostanza aprire un account intestato al CED del Viminale, dal quale si possano consultare e/o prelevare gli elenchi di tutti gli abbonati. Cioè anche quelli delle cosiddette "utenze riservate", dei telefoni cellulari e così via. Si deve tener presente che gli "organismi di telecomunicazione" possono avere anche elenchi particolari, con aggregazioni diverse da quelle degli elenchi telefonici pubblici. Tanto per fare un esempio, la vecchia proposta di "accesso facilitato a Internet", bocciata a furor di popolo, prevedeva che Telecom Italia acquisisse i dati di tutti coloro che chiedevano la tariffa agevolata per il collegamento con un provider: ecco come è possibile realizzare la schedatura di tutti gli abbonati alla Rete, anche senza obbligare gli stessi provider a rendere disponibili i propri elenchi.

Siamo finalmente, al punto che più ci interessa in questo momento: i provider sono obbligati a mettere gli elenchi a disposizione delle forze dell'ordine? La norma dice ogni organismo di telecomunicazione. Nelle "definizioni" dell'articolo 1 si legge che Ai sensi del presente regolamento si intendono per... e) "organismo di telecomunicazioni", un ente pubblico o privato, ivi comprese le consociate da esso controllate, al quale sono riconosciuti diritti, anche speciali ed esclusivi, per l'installazione e la fornitura di reti pubbliche di telecomunicazioni nonché, se del caso, per la fornitura di servizi pubblici di telecomunicazioni. Proprio quest'ultima frase ha fatto sorgere la questione se il terzo comma dell'art. 17 riguardi anche gli Internet provider. Essi infatti sono inequivocabilmente compresi tra i soggetti indicati dalla successiva lettera q) "servizio di telecomunicazioni", un servizio la cui fornitura consiste, in tutto o in parte, nella trasmissione e nell'instradamento di segnali su reti di telecomunicazioni, ivi compreso qualunque servizio interattivo anche se relativo a prodotti audiovisivi, esclusa la diffusione circolare di programmi radiofonici e televisivi.(1)

Dunque l'articolo 17, terzo comma, riguarda anche i fornitori di Internet, per il combinato disposto delle lettere a) e q) dell'articolo 1?
A mio avviso la risposta è negativa, per due motivi. Il primo è nella ratio della norma: come si evince chiaramente dalla normativa europea sulla liberalizzazione delle telecomunicazioni, gli "organismi di telecomunicazioni" sono le varie Telecom, cioè i soggetti che installano e gestiscono le reti. Infatti la
direttiva 90/388 CE definisce «Organismi di telecomunicazioni», gli enti pubblici o privati, ivi comprese le consociate da essi controllate, ai quali uno Stato membro concede diritti speciali o esclusivi per l'installazione di reti pubbliche di telecomunicazioni, qualora necessario, per la fornitura di servizi di telecomunicazioni; e poi - «diritti speciali o esclusivi», i diritti concessi da uno Stato membro o da un'autorità pubblica ad uno o più organismi pubblici o privati mediante ogni strumento legislativo, regolamentare o amministrativo che riservi loro la fornitura di un servizio o la gestione di una determinata attività.
Questo testo non è stato sostanzialmente cambiato dalle direttive che hanno modificato la 90/388, cioè la 94/46, 95/151, la 96/2 e la 96/19 (spero che non me ne sia sfuggita qualcuna). Invece nella direttiva che precede la 388, la 90/387, sono contenuti anche i servizi pubblici di telecomunicazioni: 2. Ai fini della presente direttiva si intende per: 1) "organismi di telecomunicazioni", gli enti pubblici o privati ai quali uno Stato membro concede diritti speciali o esclusivi per l'installazione di reti pubbliche di telecomunicazione e, qualora necessario, per la fornitura di servizi pubblici di telecomunicazioni. Evidentemente il legislatore italiano si è richiamato a questa norma, per il fatto che il DPR 318 attua anche la 387 [fornitura di una rete aperta di telecomunicazioni (Open Network Provision - ONP)]. Ma questo non significa che gli Internet provider siano "organismi di telecomunicazioni" e quindi destinatari del contestato comma 3 dell'articolo 17.

Infatti è un organismo di telecomunicazioni il soggetto al quale sono riconosciuti diritti, anche speciali ed esclusivi, per l'installazione e la fornitura di reti pubbliche di telecomunicazioni nonché, se del caso, per la fornitura di servizi pubblici di telecomunicazioni. Il nonché indica un'aggiunta alla prima frase, cioè inserisce un'ulteriore possibile caratteristica del titolare dei diritti, quella di fornitore di servizi, oltre che di installatore e fornitore di reti. Dunque un soggetto che fornisce servizi, ma non è installatore e fornitore di reti, non è "organismo di telecomunicazioni".
La concessione di diritti non riguarda i fornitori di servizi di telecomunicazioni, che sono invece soggetti ad autorizzazione generale o licenza individuale, ai sensi della lettera ac), numeri 1) e 2) dello stesso articolo 1 del DPR 318. Questo si evince anche dall'
articolo 6, comma 1: L'offerta al pubblico di servizi di telecomunicazioni diversi dalla telefonia vocale, dall'installazione e dalla fornitura di reti pubbliche di telecomunicazioni, comprese quelle basate sull'impiego di radiofrequenze, è subordinata ad una autorizzazione generale...

Dunque abbiamo due categorie di operatori: quelli che sono titolari di diritti, anche speciali ed esclusivi (operatori di telecomunicazioni), e quelli che sono soggetti ad autorizzazione generale, tra questi gli Internet provider (tralasciamo quelli che devono richiedere la licenza individuale, comma 6 e seguenti dello stesso articolo 6, perché essa in linea di principio non riguarda la fornitura di servizi Internet).
La conclusione è questa: l'articolo 17 comma 3 si riferisce solo agli "organismi di telecomunicazioni", gli Internet provider non sono tali, quindi non sono obbligati a mettere a disposizione i propri elenchi alla banca dati del Ministero dell'Interno

Il che non risolve la questione della schedatura di tutti gli utenti dei servizi di telecomunicazioni e non soddisfa i sempre più pressanti interrogativi sui quali informazioni siano contenute nel "cervellone" del Viminale, su chi e come vengano raccolte e trattate, su chi vi abbia accesso. Si tenga presente che anche prima dell'emanazione del DPR 318 le forze di polizia disponevano non solo degli elenchi degli abbonati al telefono, ma, sembra, anche di molte altre informazioni sul traffico telefonico, tanto che è in corso un'indagine giudiziaria.
Siamo sempre nel paese dove gli albergatori sono tenuti a richiedere un documento a tutti i loro clienti e a trasmetterne gli estremi al più vicino commissariato, senza neanche rendere all'interessato l'informativa prevista dall'articolo 10 della legge 675/96. Ma se uno telefona a un albergo e chiede "Per cortesia, c'è il signor Tizio"? può sentirsi rispondere: "Mi dispiace, signore, si tratta di un dato personale e quindi non posso comunicarglielo, ai sensi della legge sulla tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali".

______________

(1) Le definizioni del DPR 318/97 danno ragione alla nostra interpretazione del decreto legislativo 103/95 (vedi il dibattito sull'argomento e in particolare Il decreto legislativo 103/95 e gli Internet Service Provider). Che molti Internet provider abbiamo presentato la dichiarazione o richiesto l'autorizzazione come fornitori di "trasmissione dati a commutazione di pacchetto o di circuito" invece che come fornitori di "servizi di telecomunicazioni" può essere scusabile, data l'ermeticità delle norme. Che il Ministero le abbia accettate è incredibile, ma vero.