Pagina pubblicata tra il 1995 e il 2013
Le informazioni potrebbero non essere più valide
Documenti e testi normativi non sono aggiornati

Attualità

Innovazione, troppi anni e troppi soldi sprecati

di Manlio Cammarata - 17.09.07

 

"Tecno-scandali" è la parola giusta per indicare la materia di cui ci occupiamo in questo articolo. Si tratta di fatti che rientrano nella purtroppo affollata categoria degli "scandali italiani", che troppo spesso occupano le pagine dei giornali. I tecno-scandali restano per lo più sconosciuti, forse perché  nella stampa di informazione mancano giornalisti che se ne occupino, per scelte editoriali o forse solo per disattenzione. Noi ce ne occupiamo da più di dodici anni. I lettori più assidui non troveranno niente di nuovo nell'elenco (parziale...) di oggi, ma ogni tanto può essere utile una panoramica che dia l'idea delle difficoltà che incontra l'innovazione nel nostro Paese.

Scandalo n. 1: la carta d'identità elettronica

Il 1. agosto scorso il Garante per la protezione dei dati personali ha espresso "parere favorevole" all'ultima bozza di regolamento sulla carta d'identità elettronica. Non è il testo del quale abbiamo parlato in luglio (CIE: un miliardo di euro buttati via?), ma una nuova versione, corretta soprattutto nelle disposizioni che riguardano la privacy. E' l'ennesimo draft dell'ennesima modifica a norme emanate per la prima volta col decreto del Ministro dell'interno del 19 luglio 2000, che faceva riferimento a un progetto impostato nel 1997, cioè a quello che oggi appare come un medioevo tecnologico.
Varato col Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 ottobre 1999, n. 437, il progetto aveva suscitato perplessità fin dall'inizio (vedi  La rivoluzione informatica va avanti, l'Italia è pronta?), ma ora definirlo "obsoleto" è troppo poco.

Non è il caso di ripetere qui i motivi che consigliano, anzi impongono, la revisione dell'intero sistema (si veda ancora l'articolo pubblicato in luglio, con i riferimenti a molti altri pubblicati nel corso degli anni). Basti ricordare che nella passata legislatura l'allora ministro dell'Innovazione aveva proposto al suo collega dell'Interno di rivedere il sistema, ricevendo un secco rifiuto (vedi Stanca: ripensiamo la CIE? Pisanu: no!).
Il problema, oggi come allora, è l'intreccio di interessi che si è creato intorno al progetto. Sul punto ci sono state anche due interrogazioni parlamentari, ma non è successo niente.

Non è soltanto l'evoluzione tecnologica a imporre l'azzeramento dell'intero sistema. Oggi c'è una moltitudine di "carte" che servono sostanzialmente al riconoscimento del cittadino: oltre alla CIE, ci sono il passaporto elettronico, la carta sanitaria e la carta nazionale dei servizi (CNS) nelle sue diverse realizzazioni. Una razionalizzazione è indispensabile.  Ed è indispensabile che questa razionalizzazione sia compiuta sulla base degli standard internazionali e dell'Unione europea. Non si può continuare a buttare via soldi per tenere in piedi un progetto "proprietario" quando ci sono specifiche universalmente riconosciute, che hanno il vantaggio di essere molto più economiche e semplici da applicare.

Scandalo n. 2: il diritto di accesso alle leggi

Risale al lontano 1995 la prima proposta di accesso telematico alle leggi (vedi Trasparenza nell'esercizio del potere, diritto alle informazioni e nuove tecnologie di Francesco Brugaletta). Nel 1998 l'allora presidente dell'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione Guido M. Rey, in una lettera a questa rivista affermava di condividere la necessità di assicurare l'effettivo accesso dei cittadini ai documenti della pubblica amministrazione.

Alle parole di Rey seguivano i fatti: nel gennaio del 1999, l'AIPA dava vita al "Progetto intersettoriale Norme in rete", promosso dal Ministero della giustizia. Il "Piano di azione per l'e-government" del 2000 al punto 5.1.2 prevedeva un "portale unificato delle norme" sulla base del progetto Norme in rete. L'art. 107 della legge 388/2000 (finanziaria per il 2001) stanziava 5 miliardi di lire per ciascuno degli anni dal 2001 al 2005 per "l'informatizzazione della normativa vigente". Ma con il DPCM 24 gennaio 2003 il progetto unitario veniva spezzettato, ponendo le premesse per la dispersione dei finanziamenti in molti rivoli indipendenti quanto inutilmente costosi.

A che punto siamo? L'ex-AIPA (ora CNIPA) ha coordinato e realizzato una complessa infrastruttura tecnologica che potrebbe non solo soddisfare il diritto dei cittadini di conoscere i testi vigenti della normativa (otre che i "testi storici"), ma che potrebbe essere di grande utilità per il legislatore nel processo di scrittura delle leggi (si veda Iniziative in tema di accesso e riordino delle norme di Caterina Lupo sul sito del CNIPA). Invece tutto quello che abbiamo è il portale Normeinrete, che non contiene i testi vigenti, ma elenca una moltitudine di siti sui quali si possono trovare i testi storici, di scarsa utilità per il cittadino.

Dov'è lo scandalo? Oltre alla discutibile distribuzione dei fondi stanziati dalla legge 388/2000, è nel fatto che l'Istituto Poligrafico e Zecca della Stato, lo stampatore della Gazzetta ufficiale, continua ad agire come se fosse il "proprietario" dei testi. Offre on line solo le gazzette uscite negli ultimi 60 giorni, non sempre complete. E, per di più, in un formato che non solo non rispetta gli standard di Normeinrete, ma rende molto difficile il "riuso" dei testi. Per tutto il resto bisogna pagare...

Scandalo n. 3: la firma digitale

264 articoli in undici anni: questi i numeri di InterLex che si ricavano dall'indice della sezione dedicata alla firma digitale. Scriverne ancora sembrerebbe superfluo. Ma, parlando di tecnoscandali italiani, non si può dimenticare che il nostro Paese, dopo essere stato all'avanguardia nel mondo per la soluzione del problema di adeguare l'ordinamento giuridico allo sviluppo delle tecnologie, ha lasciato cadere la materia in un inestricabile marasma normativo (per un breve riassunto vedi Troppi problemi, ritorniamo alle origini).

Le conseguenze del caos delle norme si vedono "navigando" tra i siti della pubblica amministrazione: nonostante le disposizioni sulla "amministrazione on line" sono pochissimi gli uffici che offrono realmente ai cittadini la possibilità di usufruire pienamente delle tecnologie disponibili, secondo le norme del "Codice dell'amministrazione digitale" del 2005 (ma dimentichiamo che le prime regole in materia risalgono al 1997, con il DPR n. 513!).

Un esempio per tutti: il "Commissariato on line" offe la possibilità di sporgere denunce via internet, denunce che potrebbero essere legalmente valide se sottoscritte con firma digitale o se il cittadino è riconosciuto attraverso la carta d'identità elettronica o la carta nazionale dei servizi: così dispone l'art. 65 DLGV 82/05. La norma precisa anche, al comma 2, che "Le istanze e le dichiarazioni inviate o compilate su sito secondo le modalità previste dal comma 1 sono equivalenti alle istanze e alle dichiarazioni sottoscritte con firma autografa apposta in presenza del dipendente addetto al procedimento".
Niente da fare: le denunce presentate al Commissariato on line si perfezionano "solo  con la sottoscrizione davanti all’Ufficiale di P.G".

Lo Stato smentisce se stesso, emana una norma e poi non la applica. E si tratta di una delle poche disposizioni chiare e applicabili di tutta la materia che riguarda i documenti informatici.

Scandalo n. 4: il portale Italia.it

Questo è uno dei pochi tecnoscandali di cui si è parlato, almeno on line. Vedi l'articolo di Giancarlo Livraghi Povera Italia.it. Non serve aggiungere altro se non che la cifra sprecata si avvicina probabilmente a cento milioni di euro.

Scandalo n........

L'elenco potrebbe continuare a lungo. Ma a questo punto ce n'è abbastanza per chiedere che il Parlamento e la Corte dei Conti si occupino di come nel corso degli anni sia stato speso tanto denaro pubblico sotto il segno dell'innovazione, con risultati che è riduttivo definire "modesti".

 

Inizio pagina  Indice della sezione  Prima pagina © InterLex 2006 Informazioni sul copyright