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 Tutela dei dati personali - Legge 675/96

Opinioni: il presidente, il magistrato, l'avvocato e il poliziotto
07.10.97

Venerdì 3 ottobre scorso nella trasmissione "Radio anch'io" si è discusso della legge 675/96. Presente in studio il sostituto procuratore Giuseppe Corasaniti, sono intervenuti per telefono Stefano Rodotà, presidente del Garante per la protezione dei dati personali, Mario Petrina, presidente dell'Ordine dei giornalisti, Aldo Pagni, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici e l'avvocato Domenico D'Amati.
Si è parlato anche del terzo comma dell'
articolo 17 del DPR 318, che obbliga gli organismi di telecomunicazioni a mettere a disposizione del CED del Ministero dell'interno - anche telematicamente - gli elenchi di tutti i loro abbonati.

Ha introdotto l'argomento una telefonata di Giovanni Aliquò, segretario dell'Associazione nazionale funzionari di polizia. Ecco il testo del suo intervento e le risposte di Rodotà, Corasaniti e D'Amati.

Aliquò. Siamo sicuri che in certi casi, da parte di taluno, non sia strumentale l'appello alla tutela della privacy? Solo un esempio fra i tanti: oggi le forze di polizia, grazie al noto blocco dell'accesso agli archivi telefonici (che sono poco più di un grande elenco informatizzato) si trovano fortemente intralciate e ritardate nell'attività di contrasto del crimine organizzato. Chi fa traffico d'armi, di clandestini, di droga ed altro, fa largo uso di cellulari per eludere le investigazioni. Ecco, io mi chiedo, aver privato le forze dell'ordine perfino di una data-base per ritracciare i titolari di contratti di telefono (non c'era niente in quel famoso archivio OASIP) mi sembra un bel regalo alla criminalità organizzata.

Rodotà. Io voglio dire due cose. La direttiva europea non c'entra nulla, perché quel regolamento attuativo di indicazioni comunitarie si riferiva ad altre questioni. Non è che ci sia insensibilità del legislatore, perché quando è stata approvata la legge sulla privacy ne è stata approvata anche un'altra, che dà delega al Governo di disciplinare anche questa materia delicatissima dell'acquisizione delle informazioni da parte degli organi di polizia. In secondo luogo quello che si deve rilevare è che lì si diceva che devono essere date tutte le informazioni riguardanti le utenze e i nomi di tutti coloro i quali comprano una carta prepagata da inserire nei telefonini, senza alcuna indicazione di garanzia per questi soggetti, senza nessuna indicazione delle finalità per le quali queste informazioni possono poi essere utilizzate. Io capisco le giuste preoccupazioni degli organi di polizia, ma non si può dare a nessuno in un paese democratico una delega in bianco per raccogliere qualsiasi tipo di informazione e utilizzarla poi per qualsiasi finalità.

Corasaniti. La delinquenza organizzata si è evoluta tecnologicamente e obbliga le istituzioni, i funzionari di polizia e la magistratura a una altrettanto forte evoluzione. Ma questo significa anche abbandonare un modulo investigativo vecchio, quello dei cervelloni, degli schedari, per incominciare a usare le tecnologie. Se si potesse utilizzare costantemente il radiogoniometro non si porrebbe molto il problema dell'aquisizione del numero. È un sistema vecchio, il cervellone. Il CED è una vecchia concezione dell'informatica, in altre parti del mondo ormai non si usa più.

D'Amati. Io devo dire la verità, questa questione non la conosco in tutti i suoi aspetti. Mi sembra che l'aspetto più rilevante sia quello della mancata consultazione del Garante su questo provvedimento...

Rodotà. Non solo del garante, anche le Commissioni parlamentari dovevavo essere sentite.

D'Amati. Perché, probabilmente, se si fosse rispettata questa procedura, si sarebbe potuto in qualche misura contemperare i diversi interessi.