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 Telecomunicazioni

Telecom-TMC: le tre facce della medaglia
di Manlio Cammarata - 07.09.2000

Si chiude un'estate calda sul fronte dell'internet, ma l'autunno che si annuncia non sarà certo "freddo", vista la natura delle questioni da risolvere e l'importanza delle controversie aperte.
Soffermiamoci su tre "casi", a prima vista con pochi punti in comune, che hanno occupato le cronache delle settimane scorse: il primo è la sospensione delle pubblicazioni dell'Unità come giornale di carta; il secondo è la fulminea approvazione notturna, da parte del Senato, della legge che snatura il diritto d'autore, proprio mentre in tutto il mondo si segue col fiato sospeso la vicenda di Napster; il terzo è l'acquisizione da parte di Seat-Telecom delle reti di Telemontecarlo.
Un filo, non tanto sottile, lega queste tre vicende e altre che non citiamo per semplificare il discorso.

Nel caso dell'Unità si è sentita più volte un'affermazione singolare: il giornale "costretto" a continuare le pubblicazioni sull'internet, come una condanna, come se l'edizione telematica fosse una cosa di cui vergognarsi o un tradimento verso il pubblico e la Storia. 
Ora, nelle inevitabili schermaglie che precedono la "ristrutturazione" necessaria per rimettere in piedi l'impresa, il nuovo probabile editore afferma che si dovrà fare un giornale con "uno stretto collegamento fra edizione cartacea e il sito on-line aggiornato in tempo reale". Una virata a 180 gradi nel tempo di un mese, una rivoluzione culturale: ma riusciranno a farla quegli stessi giornalisti che solo un mese prima sembravano vergognarsi di pubblicare on line i loro articoli?

Nella questione del diritto d'autore la contraddizione è ancora più stridente: mentre le major dell'intrattenimento e del software scatenano contro i "pirati" le magistrature, le polizie e le assemblee parlamentari, si sviluppano in tutta la Rete le tecniche peer to peer per il legittimo scambio tra privati di materiali coperti da diritti d'autore, su una scala così vasta da rendere la situazione assolutamente incontrollabile.
Il che dimostra che le multinazionali e le varie istituzioni di volta in volta chiamate a difenderne gli introiti non hanno capito nulla di come si evolve la società dell'informazione e di quanto sia necessario un ripensamento radicale del diritto d'autore, che tenga conto dei nuovi canali di diffusione delle opere dell'ingegno e dei prodotti immateriali dell'industria del terzo millennio.

L'acquisizione di TMC da parte di Telecom Italia merita un discorso più ampio, perché le contraddizioni sono ancora più evidenti e ci riguardano tutti più da vicino.
Le cronache estive hanno riportato con grande evidenza una strana querelle sulla legittimità dell'operazione. L'opposizione ha brandito l'articolo 4 della legge 249/97, che al comma 8 vieta alla società concessionaria del servizio pubblico di telecomunicazioni di "essere destinataria direttamente o indirettamente di concessioni radiotelevisive su frequenze terrestri in chiaro né fornire programmi o servizi né raccogliere pubblicità per i concessionari radiotelevisivi nazionali e locali su frequenze terrestri in chiaro".

Qualcuno ha detto che si dovrà cambiare la legge, ma la maggioranza ha dichiarato che mai e poi mai si farà una legge che favorisca Colaninno e soci. Peccato che la disposizione della 249/97 sia di fatto decaduta in forza della normativa comunitaria, accolta dal DPR 318/97, che prevedeva la fine delle concessioni "entro il 1. gennaio 1999", su iniziativa dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. L'Autorità, ancora una volta, non ha provveduto, ma la concessione e le connesse limitazioni possono cadere in qualsiasi momento sotto i colpi dell'Unione europea.
Dunque sono prive di senso sia le accuse di illegittimità che giungono da una parte, sia le assicurazioni che vengono dall'altra, in merito a impossibili favoritismi parlamentari per legittimare l'operazione.

Per capire le ragioni dell'inconsistente diatriba si deve guardare l'altro lato della medaglia. I mezzi finanziari e le capacità manageriali del gruppo Olivetti-Telecom possono trasformare la piccola emittente di Cecchi Gori nel vagheggiato (o temuto, secondo i punti vista) "terzo polo televisivo". Così si muoverebbero le acque da troppo tempo stagnanti della non-concorrenza tra Rai e Mediaset e il sistema televisivo italiano potrebbe trovare un nuovo vigore, con un mercato competitivo dei contenuti e una redistribuzione degli introiti pubblicitari.
In tutto questo Telecom Italia, con la disponibilità di infrastrutture fisiche e strutture organizzative, e con il ventilato accordo di esclusiva con Cecchi Gori per la fornitura di contenuti, potrebbe acquisire una posizione dominante e sfruttarla a danno del libero mercato e quindi non solo dei concorrenti, ma soprattutto degli utenti.

Certo, ci sono le Autorità che hanno per compito istituzionale il controllo e la repressione degli abusi di posizione dominante, ma il vero problema è un altro e costituisce... la terza faccia della medaglia. Il problema è che si continua a discutere di televisione analogica terrestre, mentre si dovrebbe considerare il mercato della comunicazione nella sua globalità, comprendendo anche il digitale terrestre e la TV satellitare (sia free, sia a pagamento) e soprattutto l'internet.
Sotto questo punto di vista la questione Telecom-TMC trova il punto di contatto con le altre due richiamate poco fa: per l'Unità il collegamento tra carta stampata e diffusione telematica, per il diritto d'autore lo scollamento tra l'impostazione tradizionale e la realtà della Rete.

Insomma, si deve prendere atto che la "convergenza digitale", di cui si parla ormai da sei o sette anni, è una realtà tecnologica matura. Non decolla, non è alla portata del pubblico, solo perché vecchie norme e vecchi schemi mentali (e vecchi interessi) impediscono di immaginare nuovi modelli di comunicazione e di sfruttare le immense opportunità offerte dai nuovi media.
C'è la possibilità di suscitare nel pubblico nuovi interessi e nuove richieste di informazione, è a portata di mano un mercato enorme di contenuti digitali diffusi via cavo e via satellite, ma non si riesce a né convincere né a costringere i due operatori italiani ad adottare il "decoder unico", che potrebbe far esplodere la domanda!

E' ormai noto che l'informazione telematica sottrae sempre più spazio ai giornali e alla TV (vedi, fra l'altro Punto informatico), ma non si riesce a immaginare altra informazione che quella fatta attraverso giornali decotti e telegiornali precotti, e quando si potrebbe inventare qualcosa di nuovo si riciclano i vecchi schemi: come Rai News 24, che invece di sfruttare l'ipertestualità e l'interattività della Rete adotta un "palinsesto" di pura marca televisiva.
E' una situazione assurda, paradossale, come appunto una medaglia con tre facce. Che nessuno sa da che parte girare.