Telecom Italia ha abusato della propria posizione dominante, in uno o più
segmenti del mercato delle telecomunicazioni in danno di concorrenti e
consumatori, alterando e restringendo la libertà di concorrenza? E come
conseguenza merita di essere condannata al pagamento di una sanzione (per noi
comuni mortali) stratosferica? Si è discusso di questo, innanzi al TAR Lazio (vedi L'ex monopolista e i 152 milioni
della discordia), nel giudizio promosso da Telecom Italia (TI) contro l'Autorità
garante della concorrenza e del mercato (Antitrust) che, il 16 novembre scorso,
le aveva irrogato la più alta sanzione mai inflitta nel nostro Paese: 152
milioni di euro per abuso di posizione dominante in danno di concorrenti e
consumatori.
Parliamo di uno dei procedimenti antitrust di maggiore rilevanza degli ultimi
anni, che appare destinato a rappresentare una pietra miliare nella
liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni.
Converrà fare un passo indietro a beneficio di quanti non hanno seguito, sin
dall'inizio, l'affaire Telecom.
Con il provvedimento impugnato l'Antitrust aveva concluso, il 16 novembre
scorso, un procedimento avviato nel marzo del 2001 a seguito di un esposto
presentato dalle società concorrenti di TI.
La denunzia riguardava strategie escludenti poste in essere dall'ex
monopolista attraverso offerte commerciali rivolte ai loro clienti business, di
natura anticompetitiva in quanto tendenti a sottrarre tale clientela mediante
l'applicazione di condizioni economiche personalizzate per i servizi offerti, e
non replicabili dai concorrenti.
L'Antitrust ha infine accertato che TI aveva reiteratamente abusato della
propria posizione dominante nel mercato dei servizi intermedi di
telecomunicazione nonché in quello - situato a valle - dei servizi finali
attraverso due distinte condotte, tra loro teoleologicamente collegate e volte
al raggiungimento di uno scopo uniTARio o, comunque, suscettibili di produrlo:
restringere l'accesso al mercato da parte dei concorrenti, difendendo la
propria posizione di ex monopolista.
Le condotte censurate consistevano in sintesi:
- quanto al mercato dei servizi intermedi, nell'aver applicato ai propri
concorrenti (OLO, Other Licenced Operators) condizioni tecnico-economiche
peggiori rispetto a quelle riservate alle proprie divisioni impegnate nella
commercializzazione dei servizi finali;
- quanto al mercato dei servizi finali, nell'aver legato a sé l'utenza
business attraverso clausole di esclusiva e nell'aver praticato condizioni
tecnico-economiche non replicabili dagli OLO in ragione del già richiamato
trattamento discriminatorio cui questi ultimi venivano sottoposti nel mercato
dei servizi intermedi.
Sulla base di tali presupposti l'Antitrust ha, per un verso, ordinato a TI
di porre immediatamente termine ai comportamenti distorsivi della concorrenza
dando comunicazione delle misure adottate per la cessazione delle infrazioni
entro 90 giorni dalla notificazione del provvedimento e, per altro verso,
condannato quest'ultima a pagare una sanzione amministrativa pecuniaria -
entro lo stesso termine - pari a 152 milioni di euro.
TI ha subito impugnato la sanzione innanzi al TAR Lazio, con ricorso
depositato lo scorso 31 dicembre, chiedendone via incidentale la sospensione
degli effetti.
Il giudizio si è svolto in tempi rapidissimi, con la presenza, oltre che delle
due parti principali, di Albacom, Colt Telecom, Fastweb, Tiscali, Wind (per gli
OLO) Assoproviders, AIIP (per le associazioni di provider), Cittadini Europei
(per le associazioni di consumatori), oltre che di Consip spa e dell'Autorità
di garanzia delle comunicazioni.
Lo scorso 16 febbraio la causa è andata in decisione, e ciò sia per quanto
riguarda l'istanza cautelare, sia per la domanda di merito.
A questo punto occorre avere presente - per ciò che si dirà - che il
provvedimento dell'Antitrust, notificato a TI il 19 novembre, andava
definitivamente eseguito da TI entro i successivi 90 giorni, e dunque entro il
17 febbraio.
Entro quella data TI doveva cessare le proprie condotte sanzionate dall'Antitrust
e darne contestuale comunicazione; non solo. entro il 17 febbraio TI doveva
versare sull'unghia i 152 milioni di euro di sanzione!
Il TAR, all'udienza del 16 febbraio scorso ha dunque deciso quando mancava
ormai solo un giorno alla scadenza del termine per TI.
Ecco cosa è successo dopo l'udienza. occhio alle date!
17 febbraio
a) Il TAR Lazio deposita un'ordinanza di sospensione del provvedimento in
cui si afferma che "in pendenza della decisione di merito, peraltro imminente,
la domanda di sospensione deve essere accolta in quanto dall'esecuzione del
provvedimento impugnato deriverebbe un pregiudizio grave ed irreparabile alla
società ricorrente, data la rilevante entità della sanzione medesima" e si
decide conseguentemente di accogliere la domanda incidentale di sospensione "limitatamente
alla irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria" (l'art. 4 comma 6
della legge numero 205 del 2000 prevede il deposito del dispositivo della
sentenza entro sette giorni dalla data dell'udienza).
b) Scade il termine posto dall'Antitrust, ma TI può legittimamente
omettere di versare la sanzione pecuniaria, perché il provvedimento dell'Antitrust
è stato appena sospeso dal TAR per quella parte. Il TAR tuttavia non ha sospeso
l'ordine di interrompere le prassi negoziali e commerciali censurate e il
consequenziale obbligo di portare a conoscenza dell'Antitrust - entro pari
data - le misure adottate per porre fine ai comportamenti illegittimi
censurati.
Se ciò sia avvenuto è circostanza che, allo stato, non è dato conoscere
anche se - tenuto conto della complessità delle dinamiche negoziali e
commerciali oggetto del provvedimento in quanto ritenute distorsive della
concorrenza nel mercato rilevante - appare difficile ipotizzare che l'ex
monopolista abbia voluto e saputo adeguarsi alle indicazioni dell'Antitrust,
correndo il rischio di perdere parte della propria clientela business a
vantaggio della concorrenza e, così, una porzione rilevante del proprio
fatturato.
Ancora una volta - in buona sintesi - può dirsi che per adempiere al
provvedimento dell'autorità, TI avrebbe dovuto rinunciare alle clausole di
esclusiva - o di effetto equivalente - contenute nei contratti con la
propria utenza business e, ad un tempo, iniziare "a praticare" alle proprie
divisioni commerciali condizioni tecnico-economiche in linea con quelle
praticate agli OLO, ponendo così questi ultimi nella condizione di essere
competitivi sul mercato.
Al riguardo, occorre adesso ricordare che, in caso di inottemperanza alla
diffida ricevuta dall'Autorità, TI - a norma di quanto disposto dal secondo
comma dell'art. 15 della legge 10 ottobre 1990 n. 287 - rischia adesso di
vedersi applicare un'ulteriore sanzione amministrativa di importo minimo non
inferiore al doppio della sanzione già applicata: dunque di (almeno) altri 304
milioni di euro!
Ma la storia non è ancora finita.
23 febbraio
Il TAR Lazio deposita, nei 7 giorni di legge, il dispositivo della sentenza
e, definitivamente pronunciando sul ricorso di TI, lo accoglie in parte.
A seguito della decisione del giudizio nel merito, l'efficacia del
provvedimento cautelare dovrebbe considerarsi definitivamente venuta meno, ma il
carattere indubbiamente ermetico del predetto dispositivo - tale da sollevare
persino dubbi e perplessità circa la sua validità - non consente di dedurre
in quale parte il TAR abbia ritenuto legittimo il provvedimento impugnato e, in
quale parte, invece, abbia ritenuto fondato il ricorso proposto dalla Telecom.
TI sta effettivamente rischiando di vedersi applicare una nuova sanzione
amministrativa di 304 milioni di euro o è stata in grado di leggere tra i 207
caratteri del dispositivo qualcosa che a noi comuni mortali è invece sfuggita ?
E l'Antitrust ? Dopo aver mostrato tanto interesse ed attenzione verso il
rispetto delle regole della concorrenza nel mercato delle telecomunicazioni ed
aver difeso a spada tratta - nel corso del giudizio dinanzi al TAR - il
proprio operato, ora ha dimenticato il disposto contenuto nel secondo comma dell'art.
15 della legge 10 ottobre 1990 n. 287 (nuova sanzione raddoppiata) e che lo
stesso dispositivo del TAR Lazio stabilisce che la decisione sarà eseguita
dall'Autorità amministrativa?
La vicenda si colora di tinte e sfumature degne dei migliori legal
thriller e, in attesa di poterne leggere le pagine conclusive quando saranno
depositate le motivazioni (nelle prossime settimane), per ora possono solo
avanzarsi alcune ipotesi e supposizioni.
L'accoglimento solo parziale del ricorso dell'ex compagnia di Stato delle
telecomunicazioni, induce a ritenere che i giudici amministrativi abbiamo
condiviso il presupposto principale del provvedimento, ovvero quello secondo cui
TI avrebbe abusato della propria posizione dominante, apparendo, in caso
contrario, evidente, che si sarebbe dovuti necessariamente pervenire ad un
accoglimento integrale dell'impugnazione.
Ciò che dal dispositivo risulta impossibile comprendere è se il TAR abbia
convenuto con l'Antitrust nel ritenere che TI abbia abusato della propria
posizione in entrambi i mercati nei quali essa opera - servizi intermedi di
TLC e servizi finali - o, piuttosto, solo in uno dei due.
La lettura combinata della già richiamata ordinanza di sospensione del
provvedimento impugnato limitatamente alla sanzione e del dispositivo -
soprattutto in considerazione del fatto che il provvedimento cautelare e quello
di merito sono stati resi a pochi giorni di distanza l'uno dall'altro e,
quindi, sulla base di una cognizione sostanzialmente omogenea dei fatti di causa
da parte dei giudici - lascerebbero ipotizzare che l'accoglimento parziale
debba essere riferito solo alla domanda di riduzione della sanzione
amministrativa e, eventualmente, all'unica condotta contestata a TI scindibile
da tutte le altre oggetto del provvedimento: aver abusato della propria
posizione dominante anche in occasione della gara indetta dalla Consip per la
stipula di una convenzione per l'affidamento dei servizi di telefonia fissa,
di base e aggiuntivi, di connettività IP, fornitura ed attivazione di local
loop nonché servizi connessi di fatturazione e rendicontazione, di
manutenzione ed assistenza e di reportistica da fornire alla Pubblica
amministrazione.
Se, infatti, i giudici amministrativi - all'atto del deposito dell'ordinanza
di sospensiva e, dunque, pochi giorni prima del deposito del dispositivo -
avessero ritenuto probabile un accoglimento del ricorso presentato da TI in
relazione all'illegittimità del provvedimento dell'Antitrust laddove quest'ultima
ha accertato l'abuso - da parte dell'ex monopolista - della propria
posizione dominante in uno dei due mercati interessati dal procedimento, sarebbe
stato ragionevole attendersi che la sospensiva avesse più ampia portata e
concernesse anche la diffida a porre termine ai comportamenti distorsivi della
concorrenza in tali mercati.
Si tratta, ovviamente, solo di alcune prime supposizioni ed ipotesi di lavoro
che verranno confermate o smentite nelle prossime settimane con il deposito
delle motivazioni.
Quale che sia l'epilogo della vicenda tra i diversi scenari sin qui delineati,
l'aspetto di maggior rilievo che non può che indurre ottimismo e fiducia nel
futuro è rappresentato dalla crescente attenzione - che sebbene non senza
taluni limiti e rallentamenti - le istituzioni iniziano a riservare al mercato
delle telecomunicazioni, forse comprendendone la centralità e rilevanza non
solo dal punto di vista economico ma, anche, sotto il profilo sociale e politico
nella società dell'informazione.
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