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 Telecomunicazioni

Anche se è gratis, non è un regalo
di Manlio Cammarata - 02.11.99

Ultime notizie: l'internet provider ICS non solo offre l'abbonamento gratis, ma regala ai suoi abbonati 9 lire per ogni minuto di collegamento; Tiscali va oltre: solo 6 lire al minuto, ma con in più un bonus di 15.000 lire, l'equivalente di oltre 40 ore "prepagate"... dal fornitore al cliente!
Stanno diventando tutti matti? No, come vedremo tra poco.
Un'altra notizia: Telecom Italia annuncia la disponibilità di connessioni all'internet ad altissima velocità, con la tecnologia ADSL. Gli altri provider protestano e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni intima l'alt. Ne approfitta
Galactica, che lancia in grande stile gli abbonamenti ADSL.

Queste novità vanno lette anche in relazione a un altro fatto, per altro annunciato da tempo.
Da ieri, 1. dicembre, la bolletta telefonica dovrebbe scendere non poco per gli italiani che abitano nei dintorni delle grandi città: è in vigore per tutti la tariffa "distrettuale", che è un solo po' (ma non pochissimo!) più alta della TAT, la tariffa a tempo, che sostituisce la famigerata TUT. Soddisfatti?

Un momento: per quanto riguarda la TAT, solo tra un paio di mesi, con le prime bollette, scopriremo se il principio di "invarianza della spesa" è stato veramente rispettato, o se ci troviamo di fronte alla solita truffa. Per quanto riguarda la "distrettuale", è bene ricordare ai distratti che si tratta di un ritorno, perché l'applicazione della tariffa extraurbana fra utenze con lo stesso prefisso risale alla fine del '97, quando le reti urbane furono raggruppate in "aree locali", invece dei "settori" previsti dal Piano nazionale del '90. Siccome il numero delle aree locali è circa un terzo di quello dei vecchi settori, Telecom Italia presentò l'innovazione come un regalo. Che costò migliaia di miliardi agli abbonati che prima pagavano la tariffa "settoriale" (di poco superiore alla TUT) e si videro addebitata la teleselezione per le chiamate tra il capoluogo e i dintorni.

Con la "distrettuale", o "tariffa di prossimità", siamo in sostanza tornati alla vecchia situazione. E' un passo avanti, ma non tanto: la TAT urbana, in fascia alta, costa 36,72 lire al minuto, mentre la distrettuale costa 50,76 lire al minuto, cioè quasi il 40 per cento in più. E sfido chiunque a dimostrare che il trasporto della voce da Napoli a Pozzuoli costa a Telecom il 40 per cento in più che dal Vomero a via Caracciolo. Senza contare lo scatto alla risposta, che nell'urbana è a 120 lire e nella distrettuale a 152,4 lire. Un balzello molto gravoso, soprattutto per chi impegna meno le strutture di rete con molte chiamate di breve durata invece che con lunghi collegamenti.

Torna così in primo piano il problema del costo effettivo delle chiamate e della sempre più diffusa richiesta di collegamento all'internet a un prezzo fisso, indipendente dalla durata. A sostegno della richiesta viene citato il costo "vicino allo zero" della singola telefonata, che rende possibili, in alcuni Paesi, le tariffe flat.
L'ultima voce che si è levata a favore di questa ipotesi è, nientedimeno, quella del presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni "In futuro saranno anche possibili, come negli USA, telefonate urbane gratuite" (cito da la Repubblica del 20 novembre). E Cheli non è solo: anche il ministro Amato continua a dire che le tariffe a minuto "non hanno senso" e la stampa fa eco: dopo l'intervista del Sole 24 Ore a Vinton Cerf (vedi
Ma il computer non è uno status symbol), ecco Franco Carlini sull'Espresso e altri, con argomentazioni vere, ma non sempre complete e pertinenti.

A ben vedere nelle richieste di connessioni "No TAT" ci sono alcuni equivoci. Fermo restando il fatto che una tariffa piatta (purché ragionevolmente contenuta) favorirebbe non poco l'uso della rete, si fa confusione tra telefonia e accesso all'internet, e tra costi del trasporto e costi complessivi del servizio. E' vero che oggi la capacità dei cavi è talmente alta da rendere addirittura antieconomica, per gli operatori, la tariffa a tempo (costa di più calcolare gli importi, stampare, contabilizzare e spedire le fatture di quanto costa il trasporto delle conversazioni), ma è vero anche che il costo del passaggio sul cavo è solo una parte del costo complessivo del servizio.
Infatti il bilancio di Telecom Italia mostra una perdita per la fornitura del servizio telefonico di base ("deficit di accesso", in termini tecnici), che varia da 2.000 a 4.000 miliardi l'anno, a seconda dei criteri di calcolo; perdita che è stata riconosciuta anche dall'Autorità per le garanzie e che deve essere in qualche modo compensata da altre voci di bilancio. Scaricare queste cifre sui costi di abbonamento, per mantenere il servizio in pareggio con la tariffa piatta, significherebbe moltiplicare per cinque o per dieci il canone di oggi, con gioia dei "grandi telefonatori", ma con la disperazione di chi oggi riceve bollette bimestrali inferiori alle 50.000 lire, e cioè delle fasce meno abbienti.

Ma fino a qui abbiamo parlato di telefonia, cioè di conversazioni vocali. Quando si parla di accesso all'internet si deve considerare che la chiamata deve terminare su un modem, o su un altro tipo di "porta", che può servire un utente alla volta. Se aumenta il numero degli abbonati e/o la durata dei collegamenti, si deve aumentare il numero delle porte, altrimenti il servizio decade a livelli sempre meno accettabili. E se tutti gli abbonati restano collegati in permanenza nelle ore di ufficio o in altre fasce (situazione non improbabile, in caso di tariffa flat), occorre una porta per ogni abbonato. Siccome il costo di una porta, nella migliore delle ipotesi, non è inferiore a un milione l'anno, l'abbonamento al provider salterebbe più o meno a centomila lire al mese. Invece oggi è "più che gratis", dal momento che in questi giorni sono state presentate le prime offerte di provider che, letteralmente, pagano gli abbonati.

Questa novità, a prima vista, giustifica la domanda su "quanto è gonfiato il costo di una telefonata" (vedi in InBox la lettera di Ghezzer), ma in realtà il problema è mal posto. Ci si dovrebbe chiedere "quanto rende un abbonato all'internet" e quindi valutare se le 9 lire al minuto offerte da ICS o le 6 lire offerte da Tiscali (più 15.000 lire una tantum!) siano adeguate al vantaggio che questi operatori possono ricavare dall'aumento del numero degli abbonati, in vista della pubblicità di ritorno, della valutazione della società in borsa, dello sfruttamento dei dati personali, della presenza dei banner sui portali e via discorrendo. Senza considerare che, nel caso di Tiscali, lo "storno" deve essere speso in servizi dello stesso operatore, sicché ciò che esce da una parte rientra dall'altra e genera altri introiti. Se si potessero fare calcoli attendibili su queste voci, forse si leverebbe alta la protesta per le "sole" otto-nove lire di compenso al minuto: una miseria!

Ma dobbiamo stare attenti a non confondere le due questioni: da una parte c'è il problema del costo reale del servizio (non solo del trasporto sui cavi!) sostenuto dall'operatore di telecomunicazioni, dall'altra c'è la rendita che un abbonato può assicurare al fornitore del servizio, attraverso la generazione di altri utili. Nel tempo che occorre per capire le implicazioni e le interazioni di questi due aspetti, la situazione è destinata a cambiare.
Le novità in arrivo sono due: la liberalizzazione delle chiamate urbane, che potrebbe determinare, nel giro di uno o due anni, una sostanziale trasformazione della struttura del mercato, e l'offerta di abbonamenti all'internet via ADSL.

Vediamo per primo questo punto. L'ADSL (Asymmetrical Digital Subscriber Loop - e non Line, come scrive la sempre disattenta stampa di informazione - cioè "anello digitale asimmetrico di abbonato") è una tecnologia che consente di ricevere informazioni a una velocità abbastanza alta sul normale "doppino" di rame. E' una tecnologia relativamente costosa, perché richiede un modem a ciascun capo della linea di abbonato, ma in questo modo si realizza la "porta personale" che rende possibile il collegamento permanente a tariffa fissa.
L'annuncio dell'offerta da parte di Telecom, lo stop dell'Autorità e la pronta risposta di Galactica richiederebbero un ragionamento a parte. Ma in sostanza non sembra facile che l'ADSL possa affermarsi in breve tempo. C'è un problema tecnico non trascurabile: dal punto di arrivo dell'anello di utente (che è nella centrale di zona) alla centrale di livello superiore, il collegamento viaggia in modalità ATM (Asynchronous Transfer Mode, modalità di trasferimento asincrona). L'ATM è un sistema di trasmissione di enorme velocità, ma ha un difetto: quando gli arriva una quantità di "pacchetti" superiore alla sua capacità di trasferimento, non li mette in coda come fanno i sistemi normali, ma li butta via. Con le conseguenze che è facile immaginare, ma che comunque non sono state ancora sperimentate a fondo.
E' quindi ragionevole prevedere che l'ADSL non decollerà tanto presto, e comunque in una prima fase non riguarderà l'utente domestico, a causa del costo elevato. Però l'offerta è un segnale importante del mutamento che sta per interessare il mercato.

Torniamo così al problema di fondo, cioè al costo complessivo "abbonamento+connessione" a carico dell'abbonato domestico o del piccolo ufficio. Ora si paga tutto con gli scatti, pardon, con la TAT, ma nel giro di alcuni mesi potrebbero esserci novità significative, in virtù del cambiamento del mercato indotto dalla liberalizzazione della telefonia urbana.
Non è irragionevole prevedere che la fase degli abbonamenti a prezzo zero, o addirittura sotto lo zero, sia destinata ad esaurirsi non appena verranno meno le ragioni di promozione dello sviluppo dell'internet che caratterizzano questo periodo: prima o poi i provider dovranno incassare soldi "veri".

Con la presenza di diversi operatori in concorrenza sul traffico urbano, è possibile che resti un'apparenza di gratuità dell'accesso all'internet attraverso particolari forme di abbonamento telefonico, oppure che qualcuno offra l'abbonamento comprendente il costo di connessione fino a un certo limite di tempo, in pratica la sospirata tariffa flat. E' difficile, oggi, prevedere a quale livello di prezzo possa essere offerto questo tipo di servizio, perché non è ancora stabilito il costo dell'affitto del fatidico "ultimo miglio" da Telecom ai suoi concorrenti. Ma è chiaro che su questo punto si gioca il futuro del mercato delle telecomunicazioni in Italia e, di conseguenza, il modello e la rapidità di sviluppo dell'internet.

Ancora più difficile è prevedere se (o, meglio, quando) un operatore di telecomunicazioni potrà offrire la tariffa flat per la telefonia, e quindi per l'accesso all'internet. O se vi saranno offerte flat solo per l'internet, che aggirino il divieto europeo di praticare tariffe diverse per servizi uguali, attraverso circuiti o soluzioni tecniche che distinguano il traffico dei dati da quello telefonico.

Due cose sono sicure: la prima è che l'attuale prezzo "al secondo" della connessione all'internet prima o poi deve sparire; la seconda è che le sorprese non sono finite, anzi, incominciano ora.