Dopo la "flat" pensiamo al digital
divide
di Manlio Cammarata - 24.01.02
Forse ci siamo, l'accesso flat all'internet potrebbe essere vicino.
"Forse" e "potrebbe", perché è scontro fra tra gli
internet provider e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sul
contenuto della delibera n. 25/01/CIR
"Disposizioni in merito all'introduzione nell'offerta di
interconnessione di riferimento del servizio di raccolta su base forfetaria per
il traffico internet". In parole povere è il provvedimento che dovrebbe
avviare, finalmente, la connessione "a tariffa piatta" per gli utenti
italiani della Rete.
Il problema dell'accesso su linea commutatata, a un prezzo fisso,
indipendente dal tempo di connessione, si trascina quasi tre anni, cioè da
quando l'uso dell'internet nel nostro Paese è diventato determinante per la
crescita dell'economia e dello sviluppo sociale. Si è capito che la tariffa a
secondi (più scatto alla risposta) costituisce un peso insostenibile per i
lunghi tempi giornalieri di connessione che sono necessari per sfruttare a fondo
le opportunità dello strumento telematico.
Le diverse proposte avanzate per superare lo scoglio si sono regolarmente
arenate nelle secche del mercato, dominato da Telecom Italia che possiede la
quasi totalità delle rete di accesso e non ha alcun interesse a favorire lo
sviluppo dei concorrenti, sia di quelli diretti (cioè gli altri operatori di
telecomunicazioni titolari di "licenza individuale") sia di quelli
indiretti, cioè gli internet service provider (ISP), titolari di una
autorizzazione generale.
La soluzione del problema, da più parti indicata come l'unica possibile in
tempi relativamente brevi, è nelle tecnologie xDSL, che consentono di portare
all'utente finale una banda abbastanza larga e soprattutto senza limiti di
tempo. Ma per offrire questo servizio è necessario aggiornare le centrali
telefoniche con costose apparecchiature e l'operazione non è conveniente nelle
zone dove non c'è una sensibile concentrazione di utenti, soprattutto nelle
categorie business. Il che significa, secondo dati ufficiali, che anche
alla fine dell'aggiornamento della rete, previsto entro quest'anno, non sarà
possibile (leggi "remunerativo") servire più dell'85 per cento della
popolazione.
Tutto questo, naturalmente, tra le continue discussioni sulle modalità e le
tariffe del servizio "all'ingrosso" tra la Telecom (incumbent,
nel gergo degli addetti ai lavori), gli OLO (Other Licensed Operator) e
gli ISP, non solo per l'ADSL, ma anche per le connessioni flat rate sulla
rete telefonica generale.
Infatti l'anno scorso alcuni operatori hanno iniziato a proporre abbonamenti a
tariffa piatta, ma diverse iniziative sono franate miseramente, sia per problemi
di costi, sia perché non sono stati chiaramente indicati i limiti reali del
servizio, provocando le proteste degli utenti. Il fatto è che se ogni utente
resta connesso per ventiquattro ore al giorno, il provider deve predisporre un
modem per ogni abbonato e i costi del servizio salgono alle stelle.
Finalmente, nell'agosto dell'anno passato, l'Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni si è accorta dell'esistenza del problema e ha avviato la
macchinosa procedura per "risolverlo", con l'obiettivo di determinare
condizioni e tariffe eque per l'offerta FRIACO (Flat Rate Internet Access
Call Origination). Ne abbiamo parlato in settembre nell'articolo E se intanto si abolisse lo scatto alla risposta?.
A conclusione della prima fase dei lavori l'AGCOM ha emanato la delibera che ha
fatto andare su tutte le furie i provider. Leggiamo il secco comunicato
congiunto diffuso il 17 scorso dalle due associazioni degli ISP:
FRIACO: Inviata oggi all'Autorità
per le Garanzie nelle Comunicazioni da AIIP e Assoprovider una richiesta di
revisione della delibera FRIACO; le prossime azioni entro fine mese
AIIP e Assoprovider hanno deciso di
procedere contro la Delibera FRIACO pubblicata dall'Autorità per le Garanzie
nelle Comunicazioni il 10 gennaio u.s., in quanto in palese contrasto con
l'orientamento Europeo, le posizioni del Governo ed il Parlamento.
Sono già state perfezionate una serie di iniziative tese a ristabilire garanzie
minime di concorrenza.
La prima di queste, è una richiesta formale di immediata revisione della
Delibera, recapitata oggi all'Autorità e al Ministro delle Comunicazioni. In
parallelo, AIIP e Assoprovider stanno preparando un ricorso al Tribunale
Amministrativo del Lazio e una denuncia alla Commissione Europea.
Siamo alle solite. L'Autorità parte in ritardo, procede lenta, conclude con
un primo provvedimento squilibrato, qualcuno fa ricorso, tutto si ferma... e chi
ci guadagna è sempre l'incumbent che ha tutto l'interesse a rimandare
alle calende greche la completa liberalizzazione delle telefonia in Italia.
Questa volta persino il Ministro delle comunicazioni critica le decisioni
dell'AGCOM (Si veda l'ampia documentazione pubblicata sul sito dell'AIIP).
Ma qual è la sostanza del provvedimento contestato dai provider?
Per capirlo è necessario un piccolo passo indietro, per ricordare che la FRIACO
è l'offerta che l'operatore proprietario della rete deve rivolgere ai
"grossisti" affinché questi possano venderla "al dettaglio"
agli utenti finali: se le condizioni di fornitura e il prezzo
"all'ingrosso" non sono convenienti, alla fine della catena non è
possibile fornire un servizio adeguato a prezzi accettabili.
Se si riesce a districarsi nelle apparenti astrusità della delibera, si scopre
che essa riserva l'offerta FRIACO agli OLO e mette gli ISP sullo stesso piano
dei clienti finali. Inoltre la delibera assegna agli OLO un vantaggio di due
mesi sugli ISP per far partire l'offerta del servizio, e non si capisce perché,
se non per aggravare la situazione dei provider di minori dimensioni, che non
hanno la licenza per fornire anche il servizio di telefonia vocale.
Prosegue così l'azione di strangolamento dei piccoli operatori, nonostante
le indicazioni dell'Unione europea e dello stesso Parlamento italiano vadano
nella direzione di una completa equiparazione delle due categorie. Si aggiunga
che dei sei Paesi europei che hanno introdotto la FRIACO, solo due hanno
mantenuto la distinzione tra OLO e ISP. Sono quelli - Francia e Spagna - in cui
lo Stato detiene ancora una parte rilevante delle principali società di
telecomunicazioni. E' il caso di ricordare che, privatizzata Telecom, lo Stato
italiano non è "uscito dal mercato", perché controlla Wind
attraverso l'Enel.
Come finirà la querelle è facile da immaginare: di fronte alla
decisa reazione dei provider e alla presa di posizione del Ministro delle
comunicazioni il presidente dell'AGCOM ha fatto sapere che "sono allo
studio" le misure che riguardano l'offerta per gli ISP. Misure che,
possiamo scommettere, sulle prime non accontenteranno nessuno degli interessati,
con la conseguente dilatazione dei tempi per arrivare a una soluzione
soddisfacente.
Il danno maggiore, come al solito, lo subiranno gli utenti, nell'attesa di
poter sfruttare le opportunità offerte dalla Rete a un prezzo equilibrato. Ma,
si badi bene, con modalità di accesso a "mezzo servizio", perché la
flat su linea ISDN è molto meno efficace dell'ADSL, sia per la larghezza della
banda, sia perché la connessione nella maggior parte dei casi non potrà essere
offerta always on, 24 ore su 24, per le limitazioni insite nella
connessione su rete commutata.
Ed ecco il punto essenziale della questione: gli accessi flat su linee
ISDN interesseranno sostanzialmente quel 15 per cento della popolazione che non
si ritiene conveniente servire con la larga banda. Cioè la popolazione e le
imprese che risiedono nelle aree economicamente più arretrate, che in questo
modo vedono diminuire ulteriormente le possibilità di sviluppo nel confronto
col resto del Paese, in una spirale perversa.
Passano gli anni, ma la musica non cambia: per anni si è chiesto inutilmente di
eliminare il divide tra gli abbonati residenti nei grandi centri e quelli
"di provincia", che dovevano collegarsi pagando la teleselezione (e
poi la "intersettoriale"), invece della tariffa urbana. Appena
eliminato questo ostacolo, ecco la discriminazione che torna con le limitazioni
alla diffusione dell'ADSL .
Nel linguaggio degli addetti ai lavori la linea di confine tra chi ha pieno
accesso alle risorse della società dell'informazione e chi non può averlo si
chiama digital divide, il "divario digitale". E' un problema
che viene affrontato (almeno a parole) in tutto il mondo, Italia compresa, ma
non si vedono all'orizzonte proposte serie per risolverlo.
E' urgente mettere all'ordine del giorno la ricerca di una soluzione per portare
in tempi ragionevoli la larga banda in ogni angolo del territorio in cui possa
essere utile, in un'ottica di "servizio universale": il telefono per
tutti non basta più.
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