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Pubblica amministrazione e open source

Si avvicina l'ora della verità
di Manlio Cammarata - 23.01.03

Grandi manovre sul fronte del software aperto, in tutto il mondo, Italia compresa.
Le notizie dei giorni scorsi vedono il Sudafrica che si unisce alla lista dei Paesi che vedono l'open source come scelta preferenziale (ne parla Punto Informatico) e la Microsoft che conferma l'intenzione di offrire "in visione" alcuni codici sorgente ad alcuni governi selezionati.
Nel frattempo a casa nostra il Senato prende in esame il ddl "Cortiana" (S1188), del quale abbiamo già scritto più volte su queste pagine.

Dalle parti di Redmond devono essere piuttosto preoccupati, se hanno preso una decisione così innovativa rispetto alla politica di netta chiusura seguita fino a oggi. E' vero che l'offerta è all'insegna del "si guarda ma non si tocca", e quindi che la concezione proprietaria non cambia di una virgola, ma certamente gli uomini di Bill Gates hanno valutato anche il rischio di qualche crepa nel muro della riservatezza, con il rischio di vedere i sorgenti di Windows diffondersi a macchia d'olio sulla Rete.
Il fatto è che i dubbi su possibili meccanismi di "spionaggio" sollevati sui programmi Microsoft sono sempre più diffusi e costituiscono forse l'argomento più significativo a favore dell'azione dei programmi a sorgente aperto nel settore pubblico.

Rassicurare i governi e rintuzzare le accuse dei sostenitori dell'open source diventa quindi essenziale per la casa americana, che non ha altro mezzo per dimostrare la propria innocenza che svelare i "sorgenti" dei programmi, dai quali gli esperti possono capire se c'è qualche "porta di servizio" da cui le informazioni possono uscire per attraversare l'Atlantico. Con grande soddisfazione del Governo USA...
Senza dimenticare che eventuali marchingegni spionistici non saranno comunque facili da scoprire e comunque non c'è nessuna effettiva garanzia che i listati offerti in visione siano poi quelli dai quali effettivamente derivano le applicazioni vendute.

Tuttavia, come è stato osservato nei numerosi interventi che si sono succeduti dopo l'annuncio, tra la semplice disclosure dei sorgenti e il software libero c'è una distanza siderale. Software libero significa libertà di modificare e distribuire i programmi e soprattutto la possibilità che chiunque possa segnalare i difetti e proporre i rimedi, perché nulla è perfetto (nemmeno il software libero). Dunque la disponibilità dei codici "in sola lettura" è una risposta del tutto insufficiente di fronte agli argomenti dei sostenitori del codice aperto (vedi, fra gli altri, il comunicato del Bologna Free Software Forum)

Intanto il nostro Senato inizia a esaminare il disegno di legge presentato da tempo, con un prudente intervento del ministro Stanca (si veda il resoconto della seduta del 21 gennaio alla Commissione affari costituzionali). Ora è facile immaginare le azioni di lobbying che saranno messe in atto dagli specialisti della casa di Redmond, mentre dal fronte opposto si moltiplicheranno le azioni scoordinate dei paladini dell'open source. In mezzo i parlamentari, che fino a oggi hanno mostrato una scarsa conoscenza dei veri termini del problema e, in generale, delle grandi questioni che ruotano intorno alla società dell'informazione.

Intanto, come ha detto il Ministro per l'innovazione, la commissione "open source" presieduta dal professor Meo è al lavoro e non dovrebbe essere lontano il momento in cui si conosceranno i risultati. A quel punto scatterà l'ora della verità. Perché non è difficile immaginare, a grandi linee, le conclusioni a cui perverranno i commissari. Sarà difficile per il Parlamento non tenerne conto.
Per fortuna i lavori delle commissioni parlamentari sono pubblici e, grazie all'internet, potremo seguirli passo per passo. Siamo solo alla prima puntata di una storia che non finirà tanto presto.