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Pubblica amministrazione e open source

A cena da Bill Gates: lettera aperta al Presidente del Consiglio
di Giancarlo Fornari - 30.01.03

Egregio presidente Berlusconi,

in un'intervista al TG3 Lei ci ha informati, testualmente, di aver "avuto l'onore di essere invitato a cena da Bill Gates" all'Ambasciata americana in occasione della sua venuta in Italia, spiegando che avrebbe colto l'occasione per "chiedere consigli" al padrone della Microsoft su come informatizzare meglio la nostra pubblica amministrazione.
Ora, a parte che chiedere consigli a Gates su come informatizzare alcunché equivale a chiedere a una volpe consigli su come proteggere un pollaio (o, se preferisce, a chiedere a un pedofilo suggerimenti sul modo più sicuro di custodire i bambini) ci piacerebbe che oltre ai consigli Lei chiedesse anche qualcosa di più concreto al tycoon americano.

Potrebbe domandargli, ad esempio, che cosa conta di fare per rendere il suo sistema operativo meno soggetto ai crash (milioni di ore di lavoro perdute su scala mondiale a causa delle croniche inefficienze di Windows) e, soprattutto, per rendere i suoi prodotti meno vulnerabili agli attacchi della pirateria informatica. Forse Lei non lo sa, ma l'ultimo attacco alla rete scatenato pochi giorni fa tramite un virus che non Le sto a nominare ha avuto successo solo nei confronti dei server della Microsoft (i server basati su Linux, ad esempio, non hanno presentato alcun problema). Adesso che l'altro suo amico Bush sta per scatenare una guerra, la rete informatica potrebbe diventare per la prima volta un vero e proprio campo di battaglia e la fragilità di questi prodotti dal punto di vista della sicurezza rischierebbe di diventare la fragilità non solo dell'Occidente ma dell'intero mondo informatizzato.

Forse non è il caso di chiedere a Bill Gates la verità sulla famosa storia della "backdoor" che secondo molti, grazie al suo sistema operativo, consentirebbe il trasferimento di dati sensibili dai nostri computer ai centri di controllo delle autorità americane. Tanto non glielo direbbe comunque. Gli domandi piuttosto se non trova spropositati i sovrapprezzi che grazie alla sua posizione di monopolio il simpatico Bill fa sborsare sui suoi prodotti a tutti i consumatori del mondo. Lei forse non lo sa, ma in un documento trasmesso alla SEC americana Gates ha ammesso che il margine di guadagno che la Microsoft realizza sui suoi prodotti è di circa l'85%.

Se Lei supera l'ammirazione che dopo questa notizia istintivamente sarà portato a sentire per un personaggio del genere, si potrà rendere conto che ci troviamo di fronte a un ostacolo tremendo per lo sviluppo dell'informatica su scala mondiale. Ci si scandalizza tanto, e a ragione, dei costi che le multinazionali della farmaceutica impongono all'Africa e agli altri Paesi del Terzo mondo per la fornitura delle medicine anti-Aids, ma nessuno si ferma mai a domandarsi quanto i prezzi supergonfiati dei prodotti della Microsoft (di fatto indispensabili, come forse anche Lei sa, per far funzionare anche il più economico dei computer) ostacolano la diffusione nello stesso Terzo mondo di quegli strumenti informatici che potrebbero contribuire a farlo uscire dalla sua tragica condizione di emarginazione.

E se fosse possibile rimanere sull'argomento Lei potrebbe chiedere a Gates le ultime novità sull'accordo che poche settimane fa ha dovuto stipulare in California per salvarsi dalle cause che le autorità e le associazioni dei consumatori di questo Stato gli avevano scatenato contro. Non credo Lei lo sappia, ma per evitare questo processo, che minacciava di procurarle grossi guai, la società di Redmond si è impegnata a pagare quasi duemila miliardi delle nostre vecchie lire. Forse potrebbe essere indelicato da parte Sua chiedere al suo illustre ospite quanto sarebbe disposto a pagare come risarcimento ai consumatori italiani; e - soprattutto - di quanto sarebbe disposto ad abbattere per il futuro il prezzo dei suoi prodotti? E' proprio scritto che noi italiani siamo più scemi dei californiani?

Un paio di anni fa, sempre tramite InterLex, il sottoscritto e altri amici fecero circolare nella comunità informatica una lettera aperta al Ministro della Funzione pubblica, sottoscritta in pochi giorni da oltre duemila persone, intitolata "Soggezione informatica dello Stato italiano alla Microsoft". Con questo documento, oltre a denunciare la disinvolta politica commerciale della Microsoft (costringere di fatto la sua clientela a rinnovare le proprie dotazioni informatiche molto prima di quanto sarebbe stato normalmente necessario, tramite banali aggiornamenti fatti passare per innovazioni di prodotto), si segnalavano i grossi risparmi che avrebbe potuto ottenere la pubblica amministrazione utilizzando prodotti distribuiti gratuitamente sul mercato e, soprattutto, promuovendo l'industria nazionale dell'open software, che è anche in grado di dare maggiori garanzie di affidabilità e sicurezza ai suoi prodotti.

Da allora poco o nulla si è mosso in questo campo, tranne - proprio in epoca recente - alcune direttive del Ministro per l'innovazione e soprattutto la nomina, da parte dello stesso Ministro, di una Commissione sull'open software, presieduta da un personaggio che tutti stimiamo e che è un'autentica icona del movimento dell'open software e dell'informatica italiana: il professor Raffaele Meo.
Nell'attesa di vedere se questa Commissione avrà un ruolo veramente serio o se per caso non è il classico escamotage per far vedere che si sta facendo qualcosa attorno a un argomento sul quale non si vuole fare nulla (ma sono sicuro che in questo caso il prof. Meo sarebbe il primo a ribellarsi clamorosamente), in molti tra noi era subentrata una certa aspettativa. Dopo tanti sforzi, e in attesa della discussione in Senato di un importante disegno di legge, ci sembrava di poter dire che qualcosa anche da noi - dopo il Sudafrica, dopo l'Olanda, dopo il Messico - si sta finalmente muovendo.

L'entusiasmo con cui Lei, egregio Presidente, ha accolto l'invito a cena del Mercante del Software Proprietario e del nemico istituzionale del software aperto - dell'uomo che se fosse stato al posto di Tim Berners Lee e di Vinton Cerf, disinteressati benefattori della comunità informatica mondiale, si farebbe pagare da ciascuno di noi qualche centesimo di dollaro di royalty ogni volta che inviamo una mail o scarichiamo un bit dalla rete - ci riporta brutalmente alla realtà. Sappiamo bene che Lei si guarderà bene dal fare al padrone della Microsoft domande imbarazzanti, cribbio, un ospite è un ospite. Si risparmi però almeno, e ci risparmi, come Capo del Governo italiano, di presentarsi con il cappello in mano davanti a questo discusso personaggio, da tempo sotto indagine anche da parte della stessa Commissione europea. E soprattutto eviti di chiedergli consigli che, come è facile immaginare, sarebbero tutt'altro che disinteressati.

Giancarlo Fornari - Associazione Open-PA - Roma