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Nomi a dominio

Il nome a dominio: oltre il marchio?
di Roberto Manno - 16.01.03

Con la sentenza del 26 febbraio 2002 del tribunale di Napoli, il nome a dominio è stato ufficialmente ricompreso tra i segni distintivi atipici e quindi nella famiglia dei diritti di proprietà intellettuale; esso potrà beneficiare dunque della protezione ex art. 2958 c.c. in materia di concorrenza sleale.
Si superano quindi le teorie "astruse e bizzarre" che vedevano nel domain name un mero numero telefonico privo di qualsiasi capacità distintiva e utilità commerciale o promozionale, sancendo quindi quello che in dottrina e in giurisprudenza anche internazionale è ormai un acquis incontestato.

La soddisfazione per questa importante pronuncia, tuttavia, non deve far dimenticare come si sia ben lontani dall'aver trovato una risposta ai problemi sollevati dal domain name soprattutto sul piano internazionale, in cui questo esprime tutta la sua efficacia.
Mentre il nome a dominio, una volta registrato, esaurisce la possibilità che lo stesso segno venga utilizzato da altri sulla rete, fuori di essa possono esservi altri marchi uguali, e inoltre lo stesso segno può essere utilizzato come segno distintivo diverso dal marchio.

Il nome a dominio, soprattutto il gTLD (Generic Top Level Domain), esclude tutta questa varietà di possibili usi.
Tramite i gTLD è possibile affermare simultaneamente la propria presenza sull'intera rete, ottenendo un risultato che off-line richiederebbe laboriosi e costosi processi di registrazione presso i vari uffici marchi dei singoli stati o delle organizzazioni sovranazionali.
Diverse decisioni di arbitration panel, alcune delle quali sorprendenti, arricchiscono il dibattito in corso soprattutto a livello internazionale.

La dialettica "nome a dominio - marchio" non copre l'intera gamma dei problemi giuridici posti dal primo, per cui se da un lato la sentenza del tribunale di Napoli rappresenta sicuramente un grande passo avanti, appare opportuno prendere spunto da essa per guardarsi intorno e seguire le evoluzioni sul fronte domain name per comprendere e meglio tutelare interessi propri, di clienti e dei vari soggetti interessati.
È quanto ci proponiamo di fare - senza alcuna pretesa di esaustività - con questo articolo.

Differenze tra marchio e nome a dominio

Passando rapidamente in rassegna le differenze principali tra marchio e domain name, e chiedendo venia ai tecnici del diritto industriale per la paurosa semplificazione, rileviamo che il marchio prevede un procedimento di controllo dei requisiti di legge (capacità distintiva, novità, liceità) svolto da un ufficio dell'amministrazione statale (o sovranazionale, come nel caso del marchio comunitario) al termine del quale viene concesso un diritto esclusivo di uso del segno (in senso lato) registrato limitatamente alla/e classe/i di prodotti o servizi indicata/e nella domanda di registrazione. Superata positivamente la ricerca di anteriorità, al richiedente viene concesso il marchio, che avrà efficacia all'interno del territorio di competenza dell'amministrazione statale concedente.
Il nome a dominio, ignora queste limitazioni. Non si applicano i principi di specialità e di territorialità. Nel caso di domini generici - gTLD -, il suo titolare è svincolato da qualsiasi riferimento locale.

Senza approfondire i peculiari aspetti dei domini locali, la cui registrazione è disciplinata dalle relative regole tecniche che prevedono procedure più o meno restrittive (a tale proposito la AFNIC, Registration Authority del ccTLD ".fr", è stata accusata di fare essa stessa del cyberquatting!) si può dire che essi, tanto quanto i gTLD, adottano tutti il criterio del first come, first served.
Per una panoramica su alcune questioni relative ai ccTLD (Country Code Top Level Domain), si rinvia alle pagine del sito della WIPO: http://ecommerce.wipo.int/domains/cctlds/objectives/index.html.

Possiamo trarre una prima riflessione: mentre potremo avere molti marchi uguali registrati nei vari paesi, la possibilità che questo accada per i domini è esclusa per i gTLD dove vige la regola del first come, first served mentre per i ccTLD è condizionata dalle regole di assegnazione delle varie Registration Authoritiy.
I criteri utilizzati per condizionare il rilascio dei ccTLD sono i più vari, anche in Europa, circostanza che solleva numerose perplessità sotto il profilo del diritto comunitario e delle libertà fondamentali. (vedi http://we.register.it/domains/corporate_promotion.html#m5).

Oltre la dialettica marchi - domain names

La Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale - WIPO - dopo aver in un primo momento affrontato le problematiche del cybersquatting contribuendo in modo decisivo insieme alla ICANN (http://www.icann.org) alla redazione delle UDPR (Uniform Domain-Name Dispute Resolution Policy http://www.icann.org/udrp/), ha successivamente considerato i contrasti tra nomi a dominio e altre designazioni, la cui importanza traspare da questa espressione: Ces autres désignations, qui constituent le fondement des systèmes de désignation utilisés dans le monde réel, sont. (http://wipo2.wipo.int/process2/report/index.html).

E infatti esse sono:
- le denominazioni comuni internazionali (DC., in inglese INN - International Non-proprietary Names per le sostanze farmaceutiche, costitutive di un sistema di designazione consensuale utilizzato nel settore della sanità per creare dei nomi generici destinati ad alcune sostanze farmaceutiche che non formano oggetto di diritti di proprietà intellettuale o di privative;
- i nomi e acronimi di organizzazioni intergovernative;
- i nomi di persona ( e i soprannomi);
- le designazioni geografiche, quali le indicazioni di provenienza geografica utilizzate sui prodotti, e altri termini geografici in genere;
- i nomi commerciali, intendendosi con questi i nomi utilizzati dalle imprese come titolo d'identità.

Rispetto alla diatriba marchi-nomi a dominio, le problematiche poste da queste altre denominazioni (che costituiscono il fondamento dei sistemi di designazione utilizzati nel mondo fisico) appaiono di soluzione molto più difficile.
Quando affrontarono il problema del cybersquatting, infatti, i redattori delle UDPR potevano fare affidamento sulla universalità del marchio e sui numerosi trattati internazionali che ne disciplinano ogni aspetto.
In ogni caso le UDPR hanno una portata limitata, e si deve ancora osservare come in alcuni casi le decisioni degli arbitration panel siano apparse sorprendenti se non contraddittorie, facendone le spese marchi celeberrimi come "Nike" o "just do it" (http://arbiter.wipo.int/domains/decisions/html/2002/d2002-0352.html e http://arbiter.wipo.int/domains/decisions/html/2002/d2002-0544.html).

Per quanto concerne le designazioni suelencate, invece, è evidente la mancanza di un quadro giuridico internazionale cui far riferimento. Dopo aver constatato tutto ciò, la WIPO così conclude:
Il appartient à la communauté internationale de décider si elle souhaite s'attaquer à ces insuffisances afin d'établir une base juridique appropriée pour lutter contre les pratiques qui peuvent être considérées comme inacceptables.

Fatte salve le differenze tra i diversi ordinamenti nazionali, alcuni dei quali non prevedono né regolano alcune delle suddette indicazioni, si suggerisce il ricorso all'autoregolamentazione, al coordinamento tra le varie Registration Authority e la ICANN per stabilire un sistema a base contrattuale che garantisca il rispetto di alcune regole minimali e infine al Trattato internazionale.

Nuovi nomi a dominio

Sebbene la RFC 1591 del mitico John Postel del marzo 1994 affermasse che It is extremely unlikely that any other TLDs will be created nel marzo 2000 la ICANN ha approvato ben sette nuovi gTLD, tra cui .biz e .info, i cui registry sono la NeuLevel e la Afilias.
Scopo di tale decisione era anche di decongestionare il mitico ".com", dominio universale al centro di numerose dispute e terreno di caccia dei cybersquatter più incalliti.

Come abbiamo visto non è solo il cybersquatting a minacciare la "tenuta" del nome a dominio, ma anche legittime e paritetiche pretese da parte di diversi soggetti legittimati ad utilizzare il segno, in cui non v'è una controparte in malafede, ma vi sono due soggetti che depositano diverse richieste di registrazione dell'identico nome a dominio.
Infatti, lo stesso marchio può essere legittimamente registrato nello stesso paese per indicare diversi beni e servizi o in stati diversi per lo stesso o per diversi beni e servizi; oltre a poter eventualmente concorrere con le altre indicazioni cui abbiamo fatto cenno precedentemente.

Per cercare di prevenire e limitare le dispute e gli accaparramenti dei nuovi gTLD sono stati concepiti diversi sistemi, tra cui il Sunrise Period e il IP Claim Service. Il primo consiste in un periodo limitato (generalmente 30 giorni), anteriore all'avvio delle registrazioni al pubblico, durante il quale i titolari dei diritti di marchio possono depositare le domande di registrazione per ottenere un dominio identico all'elemento verbale del loro marchio registrato. In tale periodo i domini non vengono assegnati sulla base della regole tecnica del first come, first served, ma verranno inviati al registry ( per il dominio ".info" Afilias) e inseriti in unico database per l'estrazione a sorte.

Il secondo (implementato dal Registry del gTLD .biz Neulevel) consiste in un servizio a pagamento di protezione del marchio nell'ambito dei nuovi nomi a dominio, tramite il quale il titolare di un marchio può avanzare delle riserve su un determinato nome. Nel momento in cui altri faccia richiesta dello stesso nome a dominio, il Registry invia una notifica di tale riserva al richiedente,che da questo momento avrà l'opzione di ritirare la domanda o, ciò nonostante, di continuare.
Un'altra policy, la STOP (Start-up Dispute Resolution Policy), sussidiaria alla prima, compone i conflitti tra firmatari del IP Claim Service e assegnatari dei domini ".biz".Recentemente il sistema di assegnazione dei domini ".biz" è stato ritenuto contrario alle leggi in materia di lotterie e giochi della California, e la Neulevel ha dovuto sborsare $1,2 milioni di dollari per comporre i litigi insorti ( per approfondimenti, http://news.com.com/2100-1023-978870.html)

L'adozione del sistema del "sunrise period" o del "IP claim service" non appare del tutto soddisfacente, profilandosi in un caso l'alea dell'estrazione a sorte (il che vuol dire che si può perdere il dominio anche in caso di precedente invio della richiesta di registrazione) oppure nel semplice ricevimento della notificazione di domande uguali, senza che si possa stabilire un criterio per accordare il diritto al nome a dominio all'uno piuttosto che all'altro dei richiedenti.
E' in questo senso che i nodi vengono al pettine, ed è qui che si verifica una sorta di collo di bottiglia: in pratica, emergono inconciliabili le ontologiche e profonde differenze tra da un lato il marchio e la sua disciplina, dalla quale analogicamente si desume quella applicabile al nome a dominio, e quest'ultimo dall'altro.

Dominio ".eu", marchio comunitario

L'unione europea ha sostenuto con forza l'introduzione del dominio di primo livello ".eu". Il 3 settembre 2002 l'Unione europea ha pubblicato sulla Gazzetta ufficiale una Call for Expression con la quale si avvia il procedimento che, entro il febbraio 2003, porterà all'individuazione del Registry del dominio ".eu".) L'obiettivo è ambizioso: creare una identità intimamente europea nel cyberspazio riservata agli utenti europei. Anche qui valgono tuttavia le perplessità formulate per gli altri gTLD.

Come risolvere i conflitti tra i titolari dei domini nazionali che facciano domanda per lo stesso dominio ".eu"? Il dominio ".eu" presenta peculiarità che lo differenziano dagli altri gTLD: esso è infatti "meno" generico di questi ultimi, rivolgendosi espressamente ad entità europee o che in Europa abbiano la loro sede principale o vi svolgano la parte principale dei loro affari; vi è un riferimento geografico al continente europeo; è intimamente connesso alle politiche comunitarie dell'impresa e del mercato interno.

A questo punto non può ignorarsi un altro importante elemento: la presenza del marchio comunitario.
Infatti, non può non avere rilevanza il fatto che il richiedente il nuovo nome a dominio disponga già di questo importante diritto, al fine di vincere eventuali domande dei concorrenti. Sarebbe infatti assurdo ammettere un diritto di marchio in ambito comunitario destinato magari alle classi di prodotti o di servizi sensibili all'uso on line e poi precludere allo stesso titolare del marchio la possibilità di godere del dominio ".eu" magari assegnandolo ad altri richiedenti sprovvisti di tale marchio.
Ricordiamo inoltre che il Registry del dominio ".eu" dovrà predisporre una procedura di risoluzione delle controversie che tenga nel debito conto le raccomandazioni della WIPO di Ginevra.

Conclusione

Il settore dei domain name è in continuo movimento, e ogni sviluppo nella materia ha ripercussioni immediate sul piano del diritto della proprietà intellettuale e industriale. Come abbiamo visto, non è solo il rapporto tra marchio e domain name ad essere al centro dell'attenzione generale, mentre manca una disciplina uniforme da far valere per proteggere altre designazioni. Si invoca l'intervento dell'Organizzazione mondiale della sanità per il trattamento delle DCI, che in concerto con la ICANN potrebbe limitare l'uso illegittimo di tali denominazioni; ma per molte altre i punti interrogativi restano numerosi e aperti.

In definitiva, manca ai domain name la limitatezza territoriale e settoriale che nel mondo fisico permette di ottenere la concessione ponderata di diritti esclusivi e assoluti, e questa differenza originale è destinata ad emergere in tutta la sua evidenza.
Nello stesso tempo, seguendo attentamente le evoluzioni della materia soprattutto a livello internazionale, si potrà da un lato evitare passi falsi e dall'altro pianificare, proteggere e rinforzare il patrimonio di proprietà intellettuale di tutti i soggetti titolari di diritti di privativa.