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 Nomi a dominio

Nomi, marchi, domini: brevi note per capire le leggi
20.04.2000

Nelle polemiche sul "DDL Passigli" (vedi il numero speciale di lunedì scorso) sono state formulate  diverse osservazioni che non tengono conto della legislazione vigente in materia di nomi, marchi e segni distintivi. Dunque è opportuno chiarire i concetti fondamentali della normativa, affinché la discussione non diventi un dialogo tra sordi.
La materia è molto complessa ed è difficile riassumerla nello spazio di un articolo. Ci limitiamo quindi a pochi punti essenziali, che non possono essere ignorati.

1. I nomi a dominio rientrano a pieno titolo sia nella disciplina sul diritto al nome (articoli 6, 7, 8 e 9 del codice civile - l'articolo 9 si riferisce allo pseudonimo, quando abbia acquisito l'importanza del nome), sia nella disciplina dei marchi e dei segni distintivi. Questa è oggetto degli articoli 2569 e seguenti del codice civile e del RD 21 giugno 1942, n. 929, modificato dal DLgv 4 dicembre 1992, n. 480. Quest'ultimo attua la direttiva 89/124/CEE.
I motivi dell'applicabilità di queste norme ai nomi a dominio sono evidenti. Per quanto riguarda il nome (si intendono i nomi di persona), il codice civile stabilisce che La persona, alla quale si contesti l'uso del proprio nome o che possa risentire del pregiudizio dall'uso che altri indebitamente ne faccia, può chiedere la cessazione del fatto lesivo, salvo il risarcimento dei danni.
In pratica questo significa che il solito Mario Rossi può citare in giudizio Giuseppe Bianchi, se questi si firma Mario Rossi o se apre un sito internet mariorossi.xxx, danneggiando in questo modo il vero Mario Rossi.

2. Per quanto riguarda i marchi o le denominazioni commerciali, si devono vedere due aspetti: il primo riguarda l'uso indebito di marchi registrati (per esempio, nessuno oggi può usare il marchio InterLex nei settori per i quali è stata chiesta la registrazione); il secondo si riferisce invece all'eventualità che l'uso di un marchio non registrato o di un marchio simile possa generare confusione nel pubblico. Oltre che ai marchi commerciali in senso stretto, il divieto vale per le denominazioni e i segni distintivi che identificano presso il pubblico un prodotto o un'attività. E non c'è dubbio che il nome a dominio, in molti casi, identifichi presso il pubblico un prodotto o un'attività.
Ecco un esempio: il marchio Microsoft, come tutti sanno, è di proprietà della società di Redmond. Ma un'azienda del settore informatico difficilmente potrà usare il marchio o un'etichetta o un nome a dominio "Micro-soft" senza incorrere nelle ire degli avvocati di Bill Gates, perché essi avrebbero buone ragioni per sostenere che la denominazione può generare confusione nel pubblico.

3. La normativa sui marchi è sostanzialmente simile in tutti gli stati del mondo industrializzato, grazie a una serie di convenzioni internazionali, che stabiliscono condizioni di reciprocità. Esiste anche un ufficio per la tutela dei marchi a livello mondiale, con sede in Svizzera.

4. Il principio generale, universalmente accettato, per l'uso o la registrazione di un marchio o di una denominazione commerciale, è quello del first come, first served. Nessuno può usare il marchio o il nome Fiat perché è già di proprietà di qualcun altro.
Questo taglia tutte le discussioni sui diritti del secondo Mario Rossi che voglia registrare il dominio mariorossi.it, se è già stato registrato da un altro che ha lo stesso nome. Potrà scegliersi liberamente un altra stringa o trattare con il primo per farsi cedere il dominio. Il problema non può essere risolto per legge, come chiede qualcuno, perché di fatto è un non-problema.

5. Un altro criterio fondamentale, che anzi precede quello della registrazione è quello del preuso, che significa il diritto di chi per primo ha usato un marchio di continuare a usarlo anche se un altro lo ha successivamente registrato. Gli effetti sono due: primo, non si può registrare un marchio che sia già ampiamente noto, anche se non registrato (per restare nell'esempio precedente, nessuno potrebbe registrare il marchio Fiat Auto, anche se questo non fosse stato registrato da altri, perché è una denominazione universalmente nota); secondo, che se qualcuno registra il marchio "La Carretta" per identificare delle automobili, ma questa denominazione è già usata da un fabbricante di veicoli noto solo in un piccolo ambito locale, quest'ultimo può continuare a usarla nello stesso ambito.

6. Un divieto generale riguarda la registrazione come marchi di espressioni generiche, come "vino rosso", perché in questo modo si impedirebbe l'uso questa indicazione a tutti i produttori di vini rossi.
Sullo stesso principio si basa la riserva di determinate classi di nomi (indicazioni di luoghi geografici, di istituzioni eccetera).

7. Per quanto riguarda la criticata estensione della tutela ai domini diversi da .it, anche qui il progetto non cambia la legge esistente. Se una persona fisica o giuridica soggetta alla legge italiana  registra un dominio .com e così lede i diritti di un altro, questi può rivolgersi al giudice italiano per ottenere la cessazione dell'abuso. La sentenza o l'ordinanza del giudice è rivolta alla persona che ha commesso l'illecito, indipendentemente dal fatto che l'ente di registrazione si trovi in America o altrove: è il responsabile dell'atto che deve eseguire l'ordine del magistrato e chiedere la cancellazione della registrazione. Se non lo fa, rischia anche una denuncia in sede penale per l'inosservanza di un ordine del magistrato.

8. Lo stesso discorso vale per gli altri "servizi in rete comunque ottenuti", indicati nel DDL Passigli. Chiede qualcuno: se Tizio apre un account di posta elettronica "caio@nonso.boh", chi glie lo può impedire o come si fa a perseguirlo, soprattutto se il dominio .boh è in qualche paese remoto?
Qui occorre una premessa: le leggi non servono per evitare che si verifichino i comportamenti vietati. Tutti sanno che l'omicidio è punito dalla legge, ma molti uccidono lo stesso. La legge prescrive o vieta certe azioni, e se qualcuno  agisce contro la legge ne patisce le conseguenze.
Nel caso dell'indirizzo e-mail attivato da Tizio a nome di Caio, quest'ultimo potrebbe subirne un danno gravissimo: molte persone, convinte di scrivere a Caio, in realtà scriverebbero a Tizio. Caio potrebbe perdere affari importanti e Tizio potrebbe venire a conoscenza di questioni molto riservate che riguardano Caio.
Questi ha molti strumenti di difesa, oltre a una querela per l'abuso del nome. Potrebbe denunciare Tizio per sostituzione di persona (articolo 494 del codice penale, fino a un anno di galera), sempre che non si configurino altri reati, come la truffa. Poi può andare dal giudice civile e iniziare una causa, chiedendo prima di tutto un provvedimento d'urgenza che obblighi Tizio a chiudere l'account ingannatore. Se Tizio non ottempera all'ordine del giudice, la sua posizione si aggrava e rischia, come abbiamo detto poco fa, una denuncia anche per l'inosservanza dell'ordine del tribunale. Nella causa che seguirà, se tutto gli andrà bene e se Caio non riuscirà a dimostrare di aver subito un danno reale, con ogni probabilità dovrà pagare le spese di giudizio proprie e quelle di Tizio: una barca di milioni!

Tutto questo è nell'ordinamento e le previsioni contenute nel DDL sui nomi a dominio non fanno altro che confermare le leggi vigenti. Possono essere utili solo per evitare ai giudici qualsiasi sforzo di interpretazione, e in ogni caso non sono affatto "mostruose", come ha scritto qualcuno in una mailing list. Le norme che abbiamo sono un efficace strumento di tutela dei diritti dei singoli, naturalmente con i limiti imposti dal cattivo funzionamento della giustizia italiana.
In ogni caso si deve ricordare che la repressione di questi comportamenti non è automatica. Occorre un'iniziativa del soggetto che si ritiene danneggiato: per questo motivo qualcuno può registrare un nome di dominio (o un marchio) al quale non ha diritto senza che succeda nulla, perché il legittimo titolare non se ne accorge o non ha interesse a iniziare una controversia.

I problemi seri, nel campo di cui ci stiamo occupando, sono altri e riguardano, per esempio, le attribuzioni di determinati compiti e di determinate responsabilità all'ente di registrazione, i meccanismi di arbitrato, le procedure per la tutela dei diritti soggettivi e via discorrendo. Soprattutto riguardano l'efficienza del sevizio di registrazione, essenziale per lo sviluppo della nuova economia. Ma di questa i nostri governanti si preoccupano solo a chiacchiere.

(M. C.)