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INTERVENTI - 22


Perquisizioni e sequestri: la GdF ha ragione
di Enzo Mazza

Ho trovato molto interessante l'intervento dell'avvocato Coliva in merito all'utilizzo della legge 7 gennaio 1929 da parte della Guardia di Finanza nel corso di ispezioni e verifiche a tutela del diritto d'autore.

Concordo in pieno sul fatto che la legge in oggetto (che consente limitate e circoscritte operazioni di polizia tributaria) non è assolutamente utilizzabile ai fini di verifiche a tutela della legge 633.
In questo ambito è dunque perfettamente logico il provvedimento del tribunale della libertà, soprattutto perché in presenza di un caso di perquisizione domiciliare illegittima.

Concordo inoltre su due elementi che sono fondamentali nell'azione repressiva a tutela della legge sul diritto d'autore e in generale nella tutela dalle contraffazioni:
A) Le perquisizioni dovrebbero svolgersi sempre su mandato del PM. Questo per garantire da parte dell'autoritàgiudiziaria una preventiva analisi del caso sottoposto (A.G.che fino a prova contraria è posta a tutela della giustizia e non di una sola parte).
B) La presenza di un perito che assista gli organi di polizia giudiziaria o in generale le forze di polizia nel corso delle operazioni. Questo per evitare il caso di sequestri di programmi tipo i famosi driver per stampanti o dischetti contenenti programmi senza alcuna rilevanza sotto il profilo del diritto d'autore e così diffusi negli esercizi di informatica o presso software house.che praticano anche assistenza tecinica.
Detto questo vi sono tuttavia alcuni elementi che devono essere tenuti presenti e che dimostrano come nessuna norma impedisca (anzi) alla Guardia di Finanza di compiere verifiche a tutela del rispetto di norme finanziarie e tributarie nei confronti di operatori economici, nel corso delle quali, l'individuazione di un reato di altra natura porti all'emissione di una specifica notizia di reato all'A.G.

A questo scopo porto l'esempio di un' operazione (e questa strada è seguita più o meno in tutti i casi di azioni d'iniziativa del quale come BSA sono al corrente) di una pattuglia della GdF che ha denunciato un esercizio di prodotti informatici per violazione della legge sul diritto d'autore.
La pattuglia accede nell'esercizio per verificare la regolare emissione di scontrino fiscale e la tenuta del misuratore fiscale. Nel corso del controllo i militari operanti constatano che la parte detiene numerosi floppy disk nell'esercizio, tra i quali alcuni recanti etichette scritte a mano con titoli di programmi professionali molto noti. I militari, avuta la percezione della consumazione del reato di duplicazione illegale, sospendono il controllo amministrativo-contabile ed effettuano un controllo a tutela delle disposizioni in materia di pirateria del software (ex-art 161, 171 e 171bis L.22/4/1941 n.633 e successive modificazioni) e richiedono all'esercente le licenze d'uso dei suddetti programmi. A fronte della mancanza di tali licenze provvedono a porre sotto sequestro i suddetti floppy-disk e, contattato il magistrato di turno, richiedono autorizzazione a perquisire i locali e il magazzino della parte ove si ritiene vi sia la presenza di altri programmi illecitamente riprodotti. E via di questo passo fino alla denuncia del titolare dell'esercizo alla A.G. con relativo verbale.

Non dimentichiamoci che la flagranza del reato (art. 352 c.p.p.) consentirebbe di estendere la perquisizione anche nel domicilio del soggetto; dunque la richiesta di autorizzazione al PM di turno è stata perfino un'eccessiva cautela nel caso descritto.
Di queste operazioni, anche a livello aziendale, dove verifiche di tipo fiscale si sono tramutate in verifiche a tutela del diritto d'autore, ve ne sono decine e tutte confermate dall'A.G.
Mi chiedo se dunque si debba impedire ad un organo di polizia, nel momento in cui ha la percezione di un reato, di svolgere un'adeguata azione repressiva. Cosa significa l'uso a grimaldello di una legge ? Proviamo ad immaginare il caso molto comune di un'officina per riparazioni d'auto che detiene targhe rubate. Nel corso di una verifica tributaria, i finanzieri individuano le targhe nell'ufficio del titolare. Non possiamo considerarlo un successo nella repressione del crimine? Dobbiamo forse dire che la GdF ha operato avvalendosi di un grimaldello per incastare il titolare dell'officina? Molti dei casi di pirateria non sono ne più ne meno simili, e lo dimostrano anche le pesanti accuse di ricettazione nei confronti di esercizi trovati in possesso di "pochi dischetti". Breve parentesi: pochi dischetti, per chi è un esperto di informatica, non significano nulla in termini di gravità del reato o meno, questo dipende da altri fattori. In un esercizio di Bologna sono stato rinvenuti sì pochi dischetti, ma tra questi Autocad, il cui numero seriale coincide con un prodotto illegale installato presso vari architetti, geometri e ingegneri di Bologna. Nei confronti di questi professionisti BSA ha dato il via ad una serie di azioni di risarcimento e alcuni di essi hanno già ammesso che il prodotto gli è stato ceduto da un negozio di informatica. Dunque con quei pochi dischetti, quante installazioni sono state fatte? Quante volte si è reiterato il reato ? Quanti danni ha provocato questo comportamento ai concorrenti onesti dell'esercizio bolognese ?

Tutto deve ovviamente avvenire nei limiti della legge, ma nulla vieta alla GdF di visitare i negozi di informatica, e non, di qualsiasi cittàitaliana accompagnata da un ausiliario di PG che possa identificare i prodotti "pirata". In termini di deterrente, posso assicurare, si tratta di un'azione notevole. Tra l'altro mi pare di leggere che anche Coliva precisa che la flagranza del reato consente un'azione di iniziativa da parte della P.G. (che in questo caso non è altro che la pattuglia della GdF che in quell'istante si assume il ruolo di P.G.).

Non entro infine nel merito del dibattito sullo scopo commerciale, ma vorrei soltanto segnalare come una legge non chiara possa causare notevoli distorsioni a danno della lotta alla pirateria è dato dal fatto che si perseguono con certezza per lo più piccoli episodi di criminalità e si sottovalutano molto spesso rilevanti fenomeni di duplicazione. Cito a tal fine un'esempio del quale sono stato testimone proprio di recente. Un PM, di fronte alle prove di un'attività di distribuzione illegale svolta da un giovane studente, che vendeva videogiochi a poche migliaia di lire, non ha avuto nessun dubbio nell'accordare una perquisizione domiciliare, perché il caso rientrava perfettamente in quanto previsto dall'art 171bis. Lo stesso PM successivamente non ha invece rilevato lo scopo commerciale in una denuncia riguardante un'azienda utilizzatrice dove vi erano prove evidenti dell'installazione illegale di 136 copie di vari programmi professionali (tra i quali alcuni di alto contenuto tecnologico).
Chi ha ottenuto qui il ricavo maggiore ? Lo studente (sicuramente colpevole, ma più che altro attivo in un mercato chiuso tra amici) o l'azienda industriale con 60 miliardi di fatturato che ha risparmiato 200 milioni sull'acquisto di programmi (e che potrebbe perfino aver ricettato)? Secondo tale magistrato il secondo caso ha una semplice rilevanza sul piano civile e alcuna sul piano penale (quindi nemmeno come violazione dell'art.171!!!)

Questo esempio non fa che sostenere la teoria (confermata anche dalla lettura della perlomeno bizzarra proposta di legge contenuta in questo forum) della persecuzione degli utenti indifesi da parte delle forze dell'ordine. Ma i grandi pirati, i grandi enti pubblici o privati con centinaia di copie installate, le grandi organizzazioni, come si è visto possono anche sfuggire. E' qui che deve essere compiuto lo sforzo maggiore, è qui che deve essere colpita duramente la duplicazione.
(22.06.95)


Il dr. Enzo Mazza è coordinatore anti-pirateria di Business Software Alliance


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