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 Commercio elettronico

Sono davvero vietate le aste su internet? - 2
di Enzo Maria Tripodi* - 17.01.02

4. Le tipologie di aste on line

Posto che - come dimostrato (nel precedente articolo) - le aste on line sono ammesse nel nostro ordinamento, occorre andare alla ricerca delle regole che ad esse si applicano premettendo un breve inquadramento delle principali tipologie di vendita all'asta che si svolgono attraverso Internet (per ulteriori informazioni vi rinvio al recente volume di D. Amor, Aste online, Milano, 2001).

Possiamo distinguere le aste on line sulla base dei seguenti criteri generali:
i) rispetto al coinvolgimento del gestore (banditore d'asta);
ii) rispetto alla qualità dei soggetti che vi partecipano;
iii) rispetto alle modalità di fissazione del prezzo di aggiudicazione.

In relazione al più o meno coinvolgimento del soggetto che esercita l'attività di vendita all'asta (c.d. banditore d'asta) si avranno:
- aste condotte direttamente dal banditore d'asta in cui è possibile acquistare beni di proprietà di quest'ultimo;
- aste condotte direttamente dal banditore d'asta in cui è possibile acquistare beni di proprietà di venditori terzi;
- aste in cui il banditore d'asta svolge unicamente il compito di mettere a disposizione il sito e la sua struttura per la vendita all'asta senza essere direttamente coinvolto nella procedura di aggiudicazione.

Dal punto di vista della qualità personale dei soggetti che vi operano, le aste on line possono essere:
aste tra professionisti (business to business), nelle quali i partecipanti all'asta non rivestono lo status di consumatori;
- aste tra professionisti e consumatori (business to consumer), nelle quali gli acquirenti sono consumatori;
- aste tra consumatori e professionisti (consumer to business), nelle quali è il consumatore ad indicare il prodotto che intende acquistare;
- aste tra consumatori (consumer to consumer).
Il termine «professionista» è usato per indicare la controparte contrattuale dei consumatori secondo la normativa sia comunitaria che nazionale in tema di tutela consumatori, senza dunque alcun riferimento al "libero professionista" caro al nostro ordinamento.

Per quanto attiene alle modalità di fissazione del prezzo di vendita, le più comuni forme sono le seguenti:
- asta al rialzo (cosiddetta asta inglese), in cui la vendita viene aggiudicata al miglior offerente, partendo dal prezzo minimo indicato dal venditore e nell'ambito dei limiti temporali dell'offerta;
- asta al ribasso (cosiddetta asta olandese), in cui la vendita viene aggiudicata al miglior offerente, partendo dal prezzo massimo indicato dal venditore e nell'ambito dei limiti temporali dell'offerta;
- asta segreta al prezzo massimo, nella quale ogni interessato al bene offre, per iscritto, un prezzo massimo. Le offerte vengono raccolte, nei limiti temporali fissati, e rese pubbliche contemporaneamente con l'aggiudicazione all'offerta più elevata;
- asta con riserva, in cui la vendita viene aggiudicata solo se le offerte abbiano raggiunto e/o superato il prezzo minimo stabilito. Tale prezzo non viene comunicato durante la gara;
- asta con il metodo Vickrey, nella quale la procedura è analoga all'asta al prezzo massimo. La differenza consiste nel fatto che l'aggiudicazione è fatta al miglior offerente per il prezzo di acquisto del secondo migliore offerente.

5. Aste on line: le indicazioni amministrative

Le precedenti indicazioni si riveleranno tutta la loro utilità, allorquando occorrerà prendere in considerazione gli eventuali requisiti di qualificazione soggettiva necessari per l'esercizio dell'attività di banditore d'asta on line.
Da una verifica della normativa applicabile occorre distinguere le ipotesi in cui il banditore d'asta conduca direttamente la vendita di beni propri ovvero di beni altrui, da quella in cui detto soggetto mette unicamente a disposizione il sito web per lo svolgimento delle aste, senza prendere parte ad alcuna delle operazioni medesime.

Nei primi due casi, l'attività è soggetta alle previsioni di cui all'art. 115 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, recante il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (nel prosieguo indicato come TULPS).
Tale articolo prevede che «non possono aprirsi o condursi agenzie di prestiti su pegno o altre agenzie di affari, quali che siano l'oggetto e la durata, anche sotto forma di agenzie di vendita (.) senza la licenza del Questore» (comma 1). Il comma 3 di detto articolo stabilisce che «la licenza vale esclusivamente pei locali in essa indicati».

La menzionata disposizione non fa parola delle vendite all'asta che si ritengono comprese, sulla base dell'art. 205 del R.D. 6 maggio 1940, n. 635 (Regolamento di esecuzione del TULPS) che precisa che tra le «agenzie di affari» si comprendono le imprese, comunque organizzate, che si offrono come intermediarie nell'assunzione o trattazione di affari altrui, prestando la propria opera a chiunque ne faccia richiesta.
Questa definizione consente di considerare agenzie d'affari non solo i soggetti che si offrono quali intermediari, rispetto ad affari altrui, ma anche i soggetti che, attraverso tale forma di organizzazione dell'attività, intendono vendere (anche) beni propri.
Ai sensi di quanto disposto dall'art. 163, comma 2, lett. b) e d), del DLgs 31 marzo 1998, n. 112, il rilascio delle licenze concernenti le agenzie di affari è ora di competenza dei Comuni, «ad esclusione di quelle relative all'attività di recupero crediti, pubblici incanti, agenzie matrimoniali e di pubbliche relazioni», che restano in capo al Questore.

Risolvo la questione in modo semplice, anche se ho qualche dubbio che non sia stata lasciata al Questore una competenza che, in realtà, fa riferimento ad una modalità di asta pubblica (e non di asta pubblica tra privati) sulla base dello stratificarsi della tralatizia deriva storica della disciplina amministrativa (contenuta nel Regolamento per l'amministrazione del patrimonio e della contabilità di Stato), rispetto alla quale non sono riuscito a trovare (partendo dal 1900) uno straccio di dottrina che si sia interrogata sul punto. La differenza tra aste pubbliche (rectius: di diritto pubblico) e aste pubbliche tra privati, ai fini della licenza TULPS, proprio non ha interessato alcuno.

Nei casi sopra indicati di aste in cui il banditore d'asta svolge un ruolo di intermediario, trattandosi di una agenzia di vendita mediante pubblico incanto, la competenza al rilascio della licenza deve dunque intendersi rimasta in capo al Questore, al quale l'interessato deve richiedere il rilascio della licenza indicando, secondo quanto previsto dall'art. 204 del Regolamento di esecuzione del TULPS:
- la natura degli affari a cui si vuole attendere;
- la tariffa delle operazioni;
- la sede dell'esercizio e l'insegna.
Per l'attività svolta attraverso Internet, saranno indicati - a mio avviso - il tipo di beni che si intende porre in vendita all'asta (o consentire di porre in vendita), il compenso previsto per le operazioni di intermediazione, la sede legale ed il nome di dominio che identifica il sito web utilizzato.
La licenza ha validità di un anno dalla data di rilascio ed è rinnovata automaticamente a seguito del pagamento della relativa tassa di concessione governativa.

Nell'ipotesi in cui il banditore d'asta si limiti a mettere a disposizione il servizio di contatto, ovvero lo strumento tecnologico, senza intervenire direttamente nella gara, si avrebbe attività di mediazione, soggetta alle regole di cui alla legge 21 marzo 1958, n. 253 ovvero della legge 3 febbraio 1989, n. 39.
Nell'ambito della legge n. 253/1958 rientra l'attività di mediazione pubblica su merci, ovverosia la vendita all'incanto di merci e derrate e in tutti gli altri incarichi attribuiti al mediatore dagli artt. 1515-1516 cod. civ. (art. 27, legge n. 272/1913, richiamato dall'art. 2, comma 2, della legge n. 253/1958), ad eccezione della negoziazione dei valori pubblici, attratta da diversa legge speciale (i mediatori cosiddetti «pubblici» devono essere iscritti nel ruolo speciale degli agenti di affari in mediazione presso le Camere di commercio).

Nell'ambito della legge n. 39/1989 sono invece comprese le attività per le quali è richiesta, sempre presso la competente Camera di commercio, l'iscrizione nel ruolo ordinario degli agenti di affari in mediazione. La disciplina della mediazione esclude la necessità per l'operatore della licenza TULPS. Tale esclusione - a leggerla dando al Legislatore il dono della preveggenza - è peraltro coerente con l'art. 4 della direttiva 2000/31/CE sul commercio elettronico, che enuncia il principio di assenza di autorizzazione preventiva per l'esercizio dell' «attività di un prestatore di un servizio della società dell'informazione».

Si consideri però che la giurisprudenza amministrativa ha escluso che le attività delle agenzie di vendita all'asta siano da equiparare all'attività di mediazione (Cons. Stato, Sez. I, 17 gennaio 1984, n. 259), ma tale decisione non può essere accolta, in quanto tale giurisprudenza fa riferimento alle fattispecie di «agenzie di vendite all'asta per conto terzi». Tale attività, com'è noto, non rientra però nella fattispecie della mediazione che, da giurisprudenza costante, anche nell'ipotesi in cui è svolta dietro «mandato a titolo oneroso» (c.d. mediazione unilaterale) deve mantenere il carattere di equidistanza ed imparzialità rispetto alle parti contraenti (v., tra tante, Cass., 6 novembre 1982, n. 5861; Cass., 9 febbraio 2000, n. 1447; Cass., 6 aprile 2000, n. 4327; Trib. Roma, 29 aprile 1998; Trib. Torino, 13 gennaio 2000).

Quanto detto necessita peraltro di ulteriori notazioni.
Il TULPS prende in considerazione una particolare modalità di svolgimento dell'attività che richiede un controllo di tipo pubblico rispetto agli interessi pubblici di tutela della fede pubblica e dell'economia.
Questo significa che la disciplina prevista nel suddetto art. 115 - tranne il caso dei mediatori, per i quali è stata indicata espressa deroga (art. 3, della legge n. 253/1958; art. 5, comma 1, della legge n. 39/1989) e permane solo l'obbligo di iscrizione al Ruolo ordinario o speciale, a seconda dei casi - non sostituisce ma integra le altre previsioni normative che distinguono un operatore economico da un altro.

Ne consegue che:
- i soggetti giuridicamente titolari dei prodotti che vendono all'asta, sia perché produttori degli stessi ovvero perché regolarmente acquistati, sono anzitutto tenuti al rispetto delle regole stabilite in via generale per l'esercizio dell'attività. In particolare:
- con riferimento ai produttori agricoli, il rispetto di quanto previsto dal DLgs n. 228/2001 e, allorquando vendono ai consumatori, i limiti di fatturato che escludono l'applicazione del DLgs n. 114/1998, superati i quali l'eventuale vendita all'asta rientra nel divieto di cui all'art. 18;
- con riferimento ai produttori artigiani, il rispetto di quanto previsto dalla legge n. 443/1985, con l'obbligo che la vendita all'asta si concluda giuridicamente nei locali di produzione, rientrandosi, in caso contrario, nell'ambito del divieto di cui all'art. 18 del DLgs n. 114/1998;
- con riferimento ai grossisti, il rispetto di quanto previsto dal D.Lgs. n. 114/1998 (art. 5) e dei relativi chiarimenti di cui alla menzionata circolare del Ministero delle Attività produttive n. 3487/C;
- i soggetti che vendono prodotti di cui non sono proprietari, compiendo tale attività nel prevalente interesse altrui, sono tenuti al rispetto delle regole previste per dette fattispecie di intermediazione: si pensi, per es., al contratto di commissione o a quello di agenzia, nonché alle previsioni della disciplina amministrativa applicabile (per es., per gli agenti di commercio, la previa iscrizione al ruolo di cui alla legge n. 204/1985).

Per i mediatori (ora denominati agenti di affari in mediazione) si ricorda che è incompatibile con detta attività con l'esercizio in proprio del commercio relativo alla specie di mediazione che si intende esercitare (art. 24 della legge n. 272/1913; art. 5, comma 3, della legge n. 39/1989). Per «commercio» - come ha chiarito il Ministero delle attività produttive con la circolare 12 giugno 1985, n. 3077/C - deve intendersi, «salvo che non risulti oggettivamente un significato diverso, all'intero arco delle attività indicate nel primo comma dell'art. 2195 cod. civ. Ne discende che il divieto stabilito [dalla legge] riguarda non solo il commercio in senso astratto, ma anche le altre attività imprenditoriali (...)».