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 Firma digitale

Valore probatorio: in Francia hanno fatto così
di Roberto Manno - 26.06.03

L'introduzione della firma digitale rivoluziona intere aree del diritto civile e del diritto della prova degli atti giuridici. E' una materia del tutto nuova, che può essere meglio compresa confrontando le disposizioni di altri Paesi: incominciamo esaminando le soluzioni adottate dalla Francia per il recepimento della direttiva 1999/93/CE.

In Francia la legge che introduce la firma digitale porta il nome di Loi no. 2000-230 du 13 mars 2000 portant adaptation du droit de la preuve aux technologies de l'information et relative à la signature électronique. Nell'operare questo adattamento in Francia si sono modificate numerose disposizioni del Code Napoléon: in Italia, come sappiamo, è stata seguita una via diversa. I francesi hanno infatti introdotto una modificazione, o meglio, une adaptation del diritto della prova degli atti giuridici: si è superato il monopolio del documento cartaceo nell'ambito dei documenti scritti, eliminando la storica ma ormai obsoleta associazione tra il concetto di "scrittura" e quello di "documento". D'ora in poi il documento potrà essere, oltre che scritto, anche informatico, senza che questo comporti alcuna perdita sul terreno dell'efficacia probatoria, come esplicitamente disposto dall'art. 5 della direttiva.

Ciò che vale per il documento cartaceo vale, grazie alla tecnologia di cifratura a chiave asimmetrica, per il documento informatico. Recita l'art 1316-3: L'écrit sur support électronique a la même force probante que l'écrit sur support papier".
Non meno importanti altre innovazioni, come la definizione stessa di prova scritta:
Art. 1316. - La preuve littérale, ou preuve par écrit, résulte d'une suite de lettres, de caractères, de chiffres ou de tous autres signes ou symboles dotés d'une signification intelligible, quels que soient leur support et leurs modalités de transmission.

Si introduce così, e dalla porta principale del Code Napoléon, un "nuovo tipo" di forma scritta, vale a dire la forma al vertice tra quelle ritenute ammissibili dall'ordinamento per provare un atto giuridico (ordinate secondo un criterio gerarchico in forma scritta o letterale; orale o testimoniale; presunzioni; indizi; etc.).
Poiché è sul terreno dell'efficacia probatoria che si consuma la preminenza della forma scritta, una volta stabilita tale equiparazione, logica conseguenza sarà la possibilità di ricorrere alle stesse facoltà per eliminare gli effetti di tale efficacia, tanto per il documento cartaceo tradizionale quanto per il documento informatico.

Per annullare l'efficacia probatoria massima, quella tipica degli atti pubblici (actes authentiques), che fanno pubblica fede del contenuto delle loro dichiarazioni, è prevista la querela di falso (inscription de faux, art. 286 ncpc), mentre in caso di disconoscimento delle scritture private è esperibile la procedura di verificazione (art. 285 ncpc).
È importante notare che il codice di procedura francese, (art. 288, richiamato anche dagli articoli relativi alla procedura di falso), come quello italiano, attribuisca al giudice il potere di ordinare la produzione di documenti da comparare e la composizione in sua presenza di brani di scrittura.

Invece in Italia gli aspetti probatori del documento informatico sono stati affrontati fin dal '97 con l'art. 5 del DPR 513/97, trasfuso poi nell'art. 10 del TU sulla documentazione amministrativa, che attribuiva efficacia probatoria solo alla firma digitale "pesante". Una disposizione in contrasto con l'art. 5 della direttiva, ma la correzione operata con l'art. 6 del decreto legislativo di attuazione (n. 10 del 2002) è andata oltre le disposizioni comunitarie, attribuendo efficacia probatoria "fino a querela di falso" alla firma qualificata. La norma, oltre che inaccettabile sul piano sostanziale, appare incostituzionale per difetto di delega (vedi Lo schema governativo stravolge il processo civile di Gianni Buonomo).

È così che Francia e Italia, obbedendo alle disposizioni impartite agli Stati membri dalla direttiva comunitaria "tecnologicamente neutrale" del '99, realizzano in modi diversi la richiesta equiparazione tra forma scritta "cartacea" e forma scritta "informatica": la forma documentale potrà riferirsi, senza discriminazioni, ad entrambe.
La domanda che ci si pone, a questo punto, è fin dove possono essere applicati al documento informatico le procedure, i presupposti e la casistica previste per le contestazioni giudiziali dell'efficacia probatoria della firma digitale francese e italiana.

E' questo un momento fondamentale: si tratta di concludere il percorso attraverso cui l'ordinamento giuridico cerca di inglobare e adattare le proprie categorie alla rivoluzione tecnologica degli ultimi anni.
Questo è detto tacendo su altre spinosissime questioni: la presunzione di affidabilità dei sistemi di generazione e validazione delle chiavi asimmetriche; la possibilità che altri - come i dottori commercialisti - rispetto al titolare delle chiavi generi e utilizzi le stesse; i "bug" dei software dei certificatori; lo spettro dell'apparenza imputabile e via discorrendo.

Per quanto riguarda l'Italia, la procedura ex art. 221 c.p.c. (richiamata dal famigerato art. 6 del DLgv. 10/2002) ha ad oggetto l'accertamento della verità del documento.
Tale verità può venir meno nei casi di divergenza tra autore reale e autore apparente, o nei casi di falsità del documento. È previsto l'onere di allegare, a pena di inammissibilità della domanda, idonei mezzi di prova per dimostrare l'assenza del nesso tra autore del documento e disposizioni contenute in esso.
L'applicazione di questa procedura (ma anche di quella prevista per la procedura di verificazione, dove assume un ruolo principe la comparazione delle scritture) alla firma digitale, è rischiosa.
Per esempio: cosa dovrà provare (art. 221, 2 c.p.c), oppure cosa è sufficiente che provi chi propone la querela? Che la tecnologia utilizzata per firmare quel documento informatico sottoscritto digitalmente è potenzialmente insicura, o che quel documento è frutto di una contraffazione? Quale contraffazione?

È qui che, a parere di chi scrive, vengono al pettine le profonde differenze tra presupposti e disciplina della prova documentale basata su supporto cartaceo e documento informatico.
Mentre i primi si rifanno ad operazioni umane, la sottoscrizione o la redazione di un documento, che la procedura di verificazione e di querela di falso s'incaricano di attribuire e ricostruire, il documento informatico presuppone proprio (se sottoscritto con firma digitale "sicura") l'affidabilità di una tecnologia. Questa, o è affidabile, o non lo è.

Abbiamo visto come sia il criterio dell'efficacia probatoria ad ordinare gerarchicamente le varie forme degli atti. In questo, l'adattamento francese ha colto nel segno, riformulando la relazione tra i concetti di forma scritta e documento, ma l'impressione è che sia necessario un passo ulteriore: per essere completo, esso deve riguardare anche i modi per annullare l'efficacia probatoria, ossia le procedure di querela di falso o di verificazione.

Tra gli interessanti siti transalpini dedicati al diritto delle nuove tecnologie e alla firma digitale, come Juriscom.net, la rubrica giuridica di Le Journal du Net  o Signelec.com], così come le interessanti relazioni della proposta di legge al Senato e all'Assemblée Nationale, non sono state osservate riflessioni su questo aspetto della firma digitale, del tenore di quelle presenti su InterLex.

Nel contesto europeo, la firma digitale italiana è stata considerata, in seguito al DLgv 10/02, una "super firma", dove l'aggettivo "super" sottolinea proprio la massima efficacia probatoria attribuita.
Tale intervento, come abbiamo detto, ha sollevato condivisibili dubbi di legittimità costituzionale, laddove si è spinto oltre la richiesta della direttiva di evitare discriminazioni del valore legale tra documento cartaceo e digitale, aumentando così dubbi e incertezze.
L'esperienza francese indica che la complessità e l'importanza della materia richiederebbero una riforma dell'intero diritto della prova, che il mero recepimento (ancorché avvenuto in forme assai discutibili) non basta a realizzare.