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Firma digitale

Il diritto come guida, la tecnica come supporto

di Manlio Cammarata e Enrico Maccarone - 05.02.04

 
Dedichiamo tutto questo numero di InterLex al problema dell'efficacia probatoria del documento informatico, con un duplice intento: primo, chiudere la polemica sul nulla che da alcuni giorni anima certi siti dell'internet italiana e, secondo, offrire al legislatore un contributo utile per la revisione della normativa, prevista dalla delega contenuta nell'art. 10 della legge di semplificazione per il 2001.

Esaminiamo il problema da tutti i possibili punti di vista: riprendiamo le considerazioni fatte  sul numero precedente con l'articolo Caccia all'errore: le domande di un lettore perplesso. Poi leggiamo l'opinione di un giudice, Gianni Buonomo (Il magistrato: scritto e trascritto, ma non sottoscritto), ci facciamo spiegare da Corrado Giustozzi gli aspetti tecnici (Lettere anonime, in Rete è la regola) e da Paolo Ricchiuto quelli processuali (Gli effetti probatori del documento informatico). Quindi diamo un'occhiata a quello che succede in Europa con Roberto Manno (La giurisprudenza europea sull'art. 5.2 della direttiva).
Infine vediamo le origini di tanta confusione in un passaggio del libro di Pierluigi Ridolfi, componente del Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione, La formazione del testo della direttiva sulle firme elettroniche, con le sue critiche al testo comunitario.

Ci risparmiamo una sola fatica: quella di rispondere alle argomentazioni pseudo-giuridiche e alle insinuazioni personali apparse su altre pubblicazioni on line. Ci basta ricordare che chi pensa di avere qualcosa da dire su questi argomenti trova su InterLex uno spazio aperto alla discussione, qualificato da un comitato scientifico di alto profilo. 

Ritorniamo al nocciolo della questione. Non pensiamo di esaurire con questo numero l'esame dei problemi normativi che riguardano il documento informatico: resta aperto, prima di tutti, quello della certezza dell'identificazione del soggetto che chiede il certificato. Poi c'è la questione dell'interoperabilità, che è sì un problema tecnico, ma deve essere impostato a livello normativo. C'è il nodo forse inestricabile di dare un'attuazione sensata a una delle più insensate previsioni comunitarie: la distinzione tra certificatori "qualificati" e "accreditati", con lo specifico divieto di sottoporre i primi a qualsiasi forma di verifica preventiva di affidabilità, anche se sulla base dei loro certificati si producono firme digitali che hanno lo stesso valore delle firme autografe.

Diversi elementi inducono a credere che la firma digitale sia finalmente alla vigilia di un'affermazione definitiva. Questo processo deve essere favorito da una normativa chiara, con disposizioni che tengano conto della coerenza dell'ordinamento giuridico (oltre che dello stato della tecnologia) più che di interessi particolari.
Ci sono segnali incoraggianti. Uno di questi viene, inaspettato, da un grande inserto pubblicitario del supplemento @lfa del Sole 24 Ore di giovedì 29 gennaio: alcune pagine interamente dedicate alla firma digitale, in cui gli operatori del settore espongono anche il loro punto di vista sui problemi normativi. E accolgono in pieno molti argomenti che da anni sosteniamo su InterLex, espressamente citata in un articolo. 

InterLex ringrazia e si impegna a continuare sulla stessa strada: il diritto come guida, la tecnologia come riferimento indispensabile per capire e applicare la legge.

 

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