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 Firma digitale

Il Garante della privacy impone la firma digitale. A chi? 
di Manlio Cammarata - 23.10.03

Due settimane fa ci siamo occupati delle disposizioni comunitarie sull'invio per e-mail delle fatture validate con la firma digitale, a partire dal 1. gennaio 2004. Ma alla stessa data entra in vigore anche il codice in materia di protezione dei dati personali (DLgv 196/03), che prescrive l'invio di tutte le comunicazioni al Garante per via telematica e, naturalmente, provviste di firma digitale. Vediamo queste disposizioni.

Art. 38 (Modalità di notificazione)
2. La notificazione è validamente effettuata solo se è trasmessa per via telematica utilizzando il modello predisposto dal Garante e osservando le prescrizioni da questi impartite, anche per quanto riguarda le modalità di sottoscrizione con firma digitale e di conferma del ricevimento della notificazione
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Chiaro e semplice, come si spera che siano chiari e semplici il "modello" le "istruzioni" che il garante deve impartire. E' possibile (e auspicabile) che per l'invio di questa e delle altre comunicazioni sia adottata la e-mail certificata.

Art. 39 (Obblighi di comunicazione)
3. La comunicazione di cui al comma 1 è inviata utilizzando il modello predisposto e reso disponibile dal Garante, e trasmessa a quest'ultimo per via telematica osservando le modalità di sottoscrizione con firma digitale e conferma del ricevimento di cui all'articolo 38, comma 2, oppure mediante telefax o lettera raccomandata
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Qui c'è la scelta tra diversi mezzi di comunicazione. Perché la stessa scelta non è possibile anche per la notificazione prescritta dall'art. 38? Probabilmente perché per le notificazioni è stato predisposto un registro informatico, nel quale le informazioni sono inserite automaticamente all'arrivo del modulo. Invece le comunicazioni previste dall'art. 39 possono presentare contenuti diversi e richiedere in molti casi il riscontro da parte di un umano. E' quindi (quasi) indifferente se arrivano su un modulo digitale o cartaceo.

Art. 147 (Presentazione del ricorso)
3. Al ricorso è unita, altresì, la documentazione utile ai fini della sua valutazione e l'indicazione di un recapito per l'invio di comunicazioni al ricorrente o al procuratore speciale mediante posta elettronica, telefax o telefono.
4. Il ricorso è rivolto al Garante e la relativa sottoscrizione è autenticata. L'autenticazione non è richiesta se la sottoscrizione è apposta presso l'Ufficio del Garante o da un procuratore speciale iscritto all'albo degli avvocati al quale la procura è conferita ai sensi dell'articolo 83 del codice di procedura civile, ovvero con firma digitale in conformità alla normativa vigente.
5. Il ricorso è validamente proposto solo se è trasmesso con plico raccomandato, oppure per via telematica osservando le modalità relative alla sottoscrizione con firma digitale e alla conferma del ricevimento prescritte ai sensi dell'articolo 38, comma 2, ovvero presentato direttamente presso l'Ufficio del Garante
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Valgono le stesse considerazioni fatte per l'art. 39: è lontano il momento in cui un computer potrà analizzare un ricorso (e magari prendere una decisione), le valutazioni umane sono necessarie e quindi il documento informatico non è indispensabile.
Ci sono altri due aspetti da considerare. Il primo è relativo all'indicazione (eventuale) di un indirizzo di posta elettronica per le comunicazioni dell'ufficio. Si pone anche in questo caso il problema dell'affidabilità della normale e-mail e della ricevuta di ritorno: la soluzione è nell'uso dei servizi di posta certificata, che sono disponibili, ma sembra che nessuno li conosca.

Il secondo aspetto riguarda l'uso della firma digitale in alternativa alla procura conferita a un legale o alla sottoscrizione (autografa) apposta presso l'ufficio. Queste disposizioni attuano le previsioni contenute nel secondo comma dell'art.  38 del testo unico sulla documentazione amministrativa, ma nel "codice" non è contemplata la possibilità di trasmettere un documento facendosi "riconoscere" con la carta d'identità elettronica o la carta dei servizi. La scelta appare opportuna, perché l'uso della CIE o della CNS non dà alcuna garanzia sull'integrità del documento, come abbiamo scritto più volte, e quindi i due sistemi non possono essere considerati alternativi. Speriamo che questo sia il primo passo verso l'eliminazione della norma dal testo unico.

A questo punto a qualcuno potrebbe venire la tentazione di stappare uno spumante (italiano!) e brindare all'innovazione che finalmente si fa strada. Ma forse è meglio lasciare ancora un po' la bottiglia nel frigorifero, perché appare evidente che le disposizioni che abbiamo richiamato non potranno essere applicate su vasta scala in tempi brevi.
Il problema è che i certificati di firma digitale rilasciati ad aziende e professionisti sono ancora troppo pochi e molti titolari non hanno ancora capito bene a che cosa servono (sempre che i dispositivi di firma siano nei loro portafogli e non nei cassetti dei commercialisti).

Manca quasi del tutto la conoscenza degli aspetti generali della firma digitale e della sua importanza per i rapporti con la pubblica amministrazione. Non pochi sono convinti che si tratti semplicemente di una smart card che serve per mandare i documenti alle Camere di commercio e diversi fornitori di soluzioni accreditano questa visione deleteria (vedi Non possiamo fare a meno della firma digitale). Le applicazioni non rispondono del tutto alle norme, e le norme stesse fanno acqua da tutte le parti (quelle che ci sono, perché mancano ancora regole tecniche adeguate al nuovo quadro normativo determinato dal recepimento della direttiva europea sulle firme elettroniche).

La situazione è critica, come dimostra la vicenda dell'invio degli atti societari alle Camere di commercio, prevista dalla legge 340/00:
Art. 31. (Soppressione dei fogli annunzi legali e regolamento sugli strumenti di pubblicità)

2. Decorso un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le domande, le denunce e gli atti che le accompagnano presentate all'ufficio del registro delle imprese, ad esclusione di quelle presentate dagli imprenditori individuali e dai soggetti iscritti nel repertorio delle notizie economiche e amministrative di cui all'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581, sono inviate per via telematica ovvero presentate su supporto informatico ai sensi dell'articolo 15, comma 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59. Le modalità ed i tempi per l'assoggettamento al predetto obbligo degli imprenditori individuali e dei soggetti iscritti solo nel repertorio delle notizie economiche e amministrative sono stabilite con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato
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L'applicazione della norma, originariamente prevista per il 9 dicembre 2001, è continuamente rinviata (vedi la Circolare del Ministero delle attività produttive 29 novembre 2002, n. 3553/C). E non è difficile prevedere che le istruzioni che dovranno essere emanate dal Garante prima della fine dell'anno conterranno opportune disposizioni transitorie per rendere ancora possibile, per un certo tempo, l'invio cartaceo delle comunicazioni. Anche l'obbligo comunitario di firmare digitalmente le fatture inviate per e-mail non potrà essere soddisfatto a partire dal 1. gennaio 2004, come prevede la direttiva 2001/115/CE. Dovranno attrezzarsi in fretta solo le aziende italiane che hanno rapporti commerciali con partner comunitari (ma anche in altri Stati della UE sembra che il decollo effettivo delle firme "elettroniche" non sia imminente).

E' necessario impostare subito un serio progetto per la diffusione della firma digitale in Italia. Si devono completare le norme e rivederle dove occorre (e c'è la delega). Devono partire le procedure di controllo sui certificatori e sulle applicazioni, per evitare gli inconvenienti che sono stati riscontrati nelle prime esperienze sul campo. Si deve, soprattutto, impostare una corretta campagna di informazione e formazione nelle pubbliche amministrazioni e nelle aziende.
Nel 1997 le prime disposizioni italiane sulla firma digitale come equivalente della firma autografa furono salutate come una rivoluzione, che proiettava nel futuro il nostro ordinamento giuridico. Sono passati sei anni e il futuro è in ritardo.