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Firma digitale

La vera "bufala" è la notizia

02.07.08

 

Sul numero scorso abbiamo criticato uno studio dell'Università Mediterranea di Reggio Calabria su una asserita "vulnerabilità" della firma digitale (vedi Un "baco" che non c'è e una scorciatoia per i disonesti e La luna, il pozzo, la bufala di Corrado Giustozzi). Il professor Buccafurri, coordinatore dello studio, non l'ha presa bene. Ci chiede di pubblicare la sua replica , peraltro già visibile sul sito dell'università al posto del paper oggetto della discussione.

Solo alcune osservazioni per chiudere la questione. Il professore forse non ha letto con attenzione il pezzo, se afferma che il passaggio: Il problema del documento che cambia contenuto non è nuovo. E' stato sollevato nel lontano 2002, oggetto di approfondite discussioni su  queste pagine "E' falso Il problema era noto ben prima". Infatti, non ho scritto che il problema è stato scoperto nel 2002, ma semplicemente che "è stato sollevato".
Per non tediare il lettore, evito di polemizzare sulle altre altre questioni sollevate dal professore: basti leggere La risposta del presidente del CNIPA a Panorama , dalle cui pagine è stata data la notizia dello studio calabrese. 

La sostanza della questione è un'altra. Il legislatore italiano ha già definito, anche se non sempre con la necessaria chiarezza, quali sono i requisiti del documento informatico "valido e rilevante a tutti gli effetti di legge". I documenti esaminati nello studio non hanno queste caratteristiche, quindi non sono validi e non ci interessano sul piano giuridico.
Il problema è nella "bufala" giornalistica, ennesima dimostrazione della scarsa attenzione che la stampa di informazione dedica ad argomenti  che dovrebbero ormai interessare a un grande numero di cittadini e di imprese.
Ci vorrebbe ben altra preparazione per trattare materie così nuove e difficili da spiegare. Si preferisce lo scoop, senza approfondire (anzi, senza nemmeno capire) la notizia.

Sono anni che se ne parla, inutilmente.

(M. C.)

 

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