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Diritto d'autore

Stanca: la direttiva UE non deve frenare l'open source

Relazione del ministro per l'innovazione e le tecnologie Lucio Stanca - 19.01.04
  
Camera dei deputati
Commissione per le politiche dell'Unione europea
4° piano - Galleria Fontana ore 14.40
14 gennaio 2004

Brevettabilità del software

Come è noto, negli ultimi mesi si è sviluppato un vivace dibattito sui contenuti della direttiva europea relativa alla brevettabilità delle invenzioni per mezzo di elaboratori elettronici.
Ritengo opportuno fornire, al riguardo, alcuni chiarimenti per una migliore comprensione della questione.
La proprietà intellettuale e la protezione del software
Con l'espressione proprietà intellettuale si indica genericamente il complesso dei diritti di protezione delle opere dell'ingegno umano, anche se nel linguaggio corrente per "proprietà intellettuale" si intende in particolare il diritto d'autore.
Per capire le questioni che riguardano la direttiva di cui ci occupiamo è utile chiarire alcuni concetti sul diritto d'autore e sul brevetto d'invenzione.

a) Il diritto d'autore si applica alle opere dell'ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, ecc. qualunque ne sia il modo o la forma di espressione. Sono altresì protetti i programmi per elaboratore, equiparati alle opere letterarie, ai sensi della convenzione di Berna, ratificata e resa esecutiva con legge 399/1978, nonché le banche di dati che per la scelta o la disposizione del materiale costituiscono una "creazione intellettuale dell'autore", come recita la legge n. 633/1941 (Legge sul Diritto d'Autore).
Il diritto d'autore sorge per il solo fatto che l'opera è stata creata e/o pubblicata. Il deposito dell'opera presso un ente preposto o l'applicazione di contrassegni influenzano il modo in cui il diritto d'autore può essere fatto valere, ma non la sostanza.

b) I diritti di brevetto per invenzione consistono nella "facoltà esclusiva di attuare l'invenzione e di trarne profitto", secondo il Regio decreto n. 1127/1939.
Il brevetto viene concesso, a pagamento, da appositi enti che valutano la richiesta, che deve contenere una descrizione dettagliata dell'invenzione e del suo funzionamento; nulla del genere è invece richiesto per il diritto d'autore.
Non possono essere brevettate le "idee in quanto tali", i princìpi, gli algoritmi. Anche il software "in quanto tale" è esplicitamente escluso dalla protezione brevettuale. Tuttavia gli Uffici brevetti di diversi Paesi dell'Unione, negli ultimi anni, hanno concesso brevetti per programmi informatici, sollevando forti reazioni soprattutto negli ambienti accademici.
Una fondamentale differenza tra il diritto d'autore e il brevetto è nel fatto che il primo protegge un'opera dell'ingegno nella sua forma espressiva e chi acquisisce il diritto ha la possibilità di utilizzare l'opera così com'è; invece il brevetto concerne un'invenzione che, per essere sfruttata, deve essere applicata in un processo produttivo o di altra natura.

La protezione del software
Si è discusso a lungo se al software fosse applicabile il regime del brevetto o quello del diritto d'autore (non è stata mai realmente presa in considerazione la proposta di creare una forma di protezione specifica per i programmi per elaboratore). Alla fine degli anni '80 è prevalsa a livello europeo la tesi del diritto d'autore ed è stata quindi emanata la direttiva 91/250/CEE che è stata attuata in Italia con il DLgs n. 518/1992, che ha modificato la legge sul diritto di autore con l'inserimento delle disposizioni relative al software. Un secondo allargamento del campo di applicazione della legge è stato compiuto con il DLgs 518/99, che ha introdotto la protezione delle banche dati in attuazione della direttiva 96/9/CE.
Negli anni, in attuazione di altre direttive comunitarie, vari provvedimenti legislativi hanno integrato la legge sul diritto d'autore adeguandone le previsioni non solo alla diffusione di nuove forme di contenuti, ma anche alle nuove tecniche di violazione dei diritti sui contenuti stessi.
Di fatto oggi la protezione accordata al software è in molti punti diversa da quella delle opere tutelate dal diritto d'autore.

È da osservare che, se il software fosse considerato un prodotto industriale (quindi soggetto alla protezione brevettuale, invece che a quella del diritto d'autore), dovrebbe cambiare anche il regime di tutela degli utilizzatori: per esempio, il produttore dovrebbe fornire una garanzia di due anni, rispondere dei danni provocati da software malfunzionanti e assicurare la disponibilità dei "ricambi" per cinque anni dopo la cessazione della produzione.

La proposta di direttiva europea
Il tema trattato dalla direttiva è complesso e delicato e sull'argomento si registrano molte opinioni difformi, come testimoniato dalla complessità dell'iter della discussione in corso di svolgimento presso l'Unione Europea, su cui sto per fornirvi le indicazioni essenziali.
La stessa proposta di direttiva, nella relazione introduttiva, si pone l'obiettivo di armonizzare la legislazione esistente in materia "evitando mutamenti repentini della posizione giuridica e in particolare un'estensione della brevettabilità ai programmi per elaboratori in quanto tali".
La complessità del tema trattato appare evidente anche dalla natura e dal numero di emendamenti proposti dal parlamento europeo a tutela della non brevettabilità del software in quanto tale. Allo stato attuale, la discussione sull'argomento ha subito una pausa di riflessione.

Per completezza di informazione ricordo che la proposta di direttiva COM (2002) 92, fu presentata dalla Commissione europea nel febbraio del 2002, e trasmessa al Consiglio ed al Parlamento europei; nel novembre del 2002 il Consiglio dei Ministri competente per la materia, cioè il Consiglio Mercato Interno (oggi rinominato "Consiglio Competitività"), ha espresso una prima valutazione di massima, sostanzialmente positiva, ma con richieste di modifica sulla proposta di direttiva.

Successivamente, sulla spinta delle critiche alla originaria proposta di direttiva, basate sull'eccessivo ampliamento della brevettabilità del software, in sede di Commissione giuridica e per il mercato interno del Parlamento europeo, sono stati formulati 129 emendamenti di cui ben 64 approvati, proposti in parte dalla relatrice, la parlamentare inglese Mc Carthy, ed in parte dagli altri deputati membri della Commissione; tali emendamenti pur ribadendo la non brevettabilità delle idee in quanto tali, dei principi e degli algoritmi, sono stati ritenuti insufficienti dai sostenitori dei sistemi di software libero i quali pongono l'accento sul fatto che il principio della brevettabilità del software sarebbe incompatibile con l'open source, in cui tutti concorrono all'evoluzione dei programmi proprio in virtù della possibilità di impiegare parti di software sviluppate da altri, circostanza che ha favorito gli alti tassi di sviluppo dell'informatica. Essi, inoltre, ritengono che si avrebbe comunque un aumento dei costi di sviluppo, che si rifletterebbe sui prezzi agli utenti finali, rallentando l'innovazione.
I sostenitori della brevettabilità pongono invece l'accento sulla necessità di garantire, tramite brevetti, idonei ritorni economici rispetto agli investimenti per la creazione di nuovi software.
Il dibattito non è vivace solo a livello europeo. Negli Stati Uniti, La Federal Trade Commission ha recentemente segnalato i danni degli eccessi della tutela brevettuale per la diffusione della conoscenza e il processo di innovazione tecnologico.

Tornando all'iter della direttiva presso l'Unione europea voglio ancora sottolineare che siamo ancora ben lungi dall'approvazione finale della direttiva: il Commissario europeo competente ha ritenuto accettabili da parte della Commissione solo 22 dei 64 emendamenti parlamentari ed è necessaria una trattativa tra il Consiglio ed il Parlamento; poiché per la sua complessità, la trattativa non potrà chiudersi prima dello scioglimento dell'attuale Assemblea nel prossimo giugno, essa dovrà essere condotta con il nuovo Parlamento; il problema è quindi rinviato, per la soluzione finale, per un congruo lasso di tempo.
Siamo di fronte, dunque, non tanto a un mero problema giuridico ma soprattutto ad una delicata valutazione dell'impatto che una direttiva di questo tipo può avere sul processo di innovazione tecnologica e, in ultima analisi, sull'intero sistema produttivo.

In linea di estrema semplificazione si è affermato da parte di alcuni che la proposta è fortemente voluta dalle grandi case produttrici di programmi per elaboratore, che possono sostenere gli ingenti costi necessari a ottenere la protezione brevettuale, mentre è avversata dagli ambienti accademici, che affermano che la brevettabilità "delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici", oltre ad essere contraria al principio della "non brevettabilità delle idee in quanto tali", costituirebbe un freno per il progresso e l'evoluzione della tecnologia.
In realtà questa schematizzazione critica, così come quella prima ricordata, è troppo semplicistica: è infatti riduttivo pensare che sul problema della brevettabilità del software esista una "semplice" contrapposizione fra le grandi case produttrici di software e gli ambienti accademici. Si tratta, invece, di compiere una valutazione complessiva che tenga adeguatamente conto sia di come tutelare gli investimenti fatti sia di come evitare una eccessiva rigidità del mercato e del processo innovativo.

Contestualmente, è necessario proporre il processo di armonizzazione dichiarato dalla direttiva europea, in mancanza del quale la posizione di cosa si può brevettare e cosa no rimane troppo difforme nei paesi dell'unione per garantire i principi di piena competitività del mercato.
Infine, è necessario che la direttiva in questione non freni il processo di utilizzo di open source in cui tutti concorrono all'evoluzione dei programmi proprio in virtù della possibilità di impiegare parti di software sviluppate da altri.

Come conciliare tutte queste esigenza in una proposta adeguata? Innanzi tutto ho già segnalato ai Ministri Marzano e Buttiglione, in qualità di membri del Consiglio Competitività, l'opportunità di approfondire, sia in sede europea che a livello nazionale, nei necessari tempi tecnici, la delicata questione prima di procedere all'approvazione della direttiva. Ritengo inoltre necessario aprire un tavolo di lavoro sull'argomento, cosa di cui mi sono già fatto promotore. Il tavolo deve riunire gli attori più significativi e deve valutare, soprattutto, l'impatto di una disciplina in materia di brevettabilità del software nell'ambito del sistema Italia, dove preponderante è il tessuto economico delle piccole e medie imprese.
Il tavolo di lavoro ha lo scopo di produrre entro pochi mesi una fotografia tecnica, economica e giuridica della situazione italiana sul problema della brevettabilità del software e una proposta concreta da porre all'attenzione dell'unione europea. Solo in questo modo è possibile definire un quadro di intervento, anche normativo, che consenta di evitare pericolose discrasie o radicalizzazioni nel settore dell'Information Technology.