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Diritto d'autore

Le "disarmonie comunitarie" del decreto Urbani

di Roberto Manno* - 25.03.04

Vedi anche Un decreto per i padroni delle idee

Numerose sono le critiche e i rilievi mossi nei confronti delle disposizioni previste dal decreto Urbani. Dal confronto di queste con le dichiarazioni rilasciate dallo stesso ministro in conferenza stampa e soprattutto con i lavori in sede comunitaria sulla direttiva IP enforcement, ne emergono altre non meno importanti.
Facciamo un passo indietro: il 30 gennaio 2003 la Commissione europea pubblica sul suo sito una serie di informazioni relative alla proposta di direttiva sull'IP enforcement. L'obiettivo della proposta è ambizioso: estendere sul piano della tutela effettiva l'armonizzazione dei diritti di proprietà intellettuale faticosamente raggiunta nel corso degli ultimi anni.

Chiaramente, tale direttiva copriva le ipotesi più recenti di violazione dei diritti d'autore, come quelle rese possibili dai network di file sharing.
La Commissione, stimolata anche dalle prese di posizione di soggetti, quali IP Justice, si affrettava a chiarire la portata delle norme attinenti tale problematica, pubblicando una articolata FAQ sul sito della DG Mercato interno:
Will this Directive mean that young people using file swapping software via their PCs will be held liable for IPR infringement?
The proposed Directive would not introduce tougher sanctions against individuals downloading the odd track for non-commercial purposes, though it would not stop Member State authorities from introducing and applying tougher
(le FAQ sono qui).

La direttiva in questione, dunque, non prevede sanzioni di nessun tipo, neanche "simboliche", nei confronti degli utenti "domestici" di sistemi di file sharing. Ciò non rientra nel piano di armonizzazione perseguito.
Il riferimento operato dal ministro Urbani alla direttiva sull'IP enforcement, dunque, non può essere esteso alle ipotesi di scambio di opere protette effettuato senza fini di lucro, per le quali il decreto prevede sanzioni amministrative non così "simboliche" (2.000 euro di multa; oltre al sequestro degli "strumenti" e la pubblicazione del provvedimento su testate nazionali generaliste e specializzate).

Nell'atteggiamento "pilatesco" della direttiva, che lascia alla discrezione degli Stati membri l'introduzione di tali "leggi più dure", oltre che l'assenza di un obbligo in tal senso, si può scorgere una contraddizione delle premesse della stessa direttiva sull'IP enforcement in particolare e della società dell'informazione in generale.

Nella scelta di non prevedere tali sanzioni, l'Unione europea ha implicitamente stabilito che esse non sono necessarie al raggiungimento dello scopo (la tutela effettiva degli IP rights a livello comunitario), e questo è perfettamente coerente con il principio di sussidiarietà.
Tuttavia, in materia di società dell'informazione e diritti di proprietà intellettuale, iniziative autonome da parte dei singoli Stati membri difficilmente sono compatibili con un quadro giuridico omogeneo la cui necessità è evidente a tutti, Commissione inclusa.

Infatti, i diversi Stati membri ben potrebbero seguire diversi approcci, con sanzioni veramente simboliche, o addirittura senza sanzioni. Alcuni paesi, ad esempio, potrebbero ritenere che le tecnologie di file sharing (se usate per fini non commerciali), non solo stimolano l'uso della rete, ma addirittura non provocano un calo delle vendite di CD e DVD, emanando quindi norme che sappiano tutelare sia i titolari di diritti di opere protette che lo sviluppo di questa tecnologia.
La dichiarazione del Governo canadese richiamata nell'analisi di ALCEI ne è un esempio.

Già l'introduzione della EUCD ha sollevato e solleva, in tutta Europa, numerosi problemi: è il caso delle misure tecniche di protezione e dell'eccezione di copia privata. Si rinvia per una visione d'insieme alla poderosa guida realizzata dalla FIPR (Foundation for Information Policy Research) .

Le disposizioni in materia di P2P contenute nel decreto Urbani non lasciano il minimo spazio a tale eccezione, come ha attentamente rilevato l'associazione ALCEI nella sua analisi appena citata.
Vi è quindi il dubbio che questo decreto non sia perfettamente il linea con le direttive del mercato interno e dello sviluppo della società dell'informazione, oltre che con le strategie di armonizzazione della proprietà intellettuale.
 

* weblegal  @ tin.it

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