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Diritto d'autore

Una norma "degradata" nella forma e nella sostanza

07.01.08

 
Forse le intenzioni erano buone, ma la legge approvata definitivamente dal Senato il 21 dicembre 2007 e non ancora pubblicata sulla Gazzetta ufficiale è un esempio di come non dovrebbe essere portata avanti la riforma del diritto d'autore (vedi LDA: troppe proposte, occorre un progetto).

La nuova legge si compone di due articoli: il primo trasforma la SIAE da ente di diritto pubblico a ente di diritto privato (ente pubblico economico). Gli effetti, per gli autori e per il pubblico, sono sostanzialmente gli stessi. Cambia, invece, la competenza giurisdizionale sugli atti dell'ente: prima la magistratura amministrativa, ora la magistratura ordinaria.
Ma il cambiamento che chiedono in molti è la fine del monopolio della SIAE e dell'IMAIE (Istituto mutualistico artisti interpreti esecutori) nell'intermediazione del diritto d'autore e dei diritti connessi. Sul punto c'è, per esempio, il disegno di legge S610 (Asciutti), nella cui relazione si legge:

...l’attribuzione di un vero e proprio monopolio legale (in alcuni casi anche nei confronti di soggetti non associati) viola la libertà (anche costituzionalmente garantita) dei singoli autori ed editori di associarsi; restringe ingiustificatamente l’iniziativa economica di terzi soggetti che potrebbero entrare sul mercato; impedisce l’accesso di soggetti operanti su mercati internazionali (ad esempio, le aziende con sedi in più Stati) di accedere a contratti estesi a territori più ampi di quelli strettamente nazionali; falsa la concorrenza per quanto concerne l’attività di intermediazione né la situazione di monopolio legale appare necessaria ai fini dello svolgimento delle attività di intermediazione, che anzi, proprio per la peculiare natura economica del settore dovrebbe essere soggetta a tutti quei criteri di efficienza ed economicità che soltanto un sistema di concorrenza e libero mercato può garantire.

Di segno diverso il secondo articolo della nuova legge, che a prima vista potrebbe indicare un superamento degli eccessi di privativa che impediscono la libera circolazione della conoscenza, ma che di fatto introduce nuovi, pesanti limiti.
All'articolo 70 della LDA viene aggiunto un comma che dice: «È consentita la libera pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro. Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, sentiti il Ministro della pubblica istruzione e il Ministro dell’università e della ricerca, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, sono definiti i limiti all’uso didattico o scientifico di cui al presente comma».

Ora ci c'è da chiedersi che significa "bassa risoluzione". Nella pubblicazione di un'immagine sul web la risoluzione determina le dimensioni dell'immagine stessa in relazione alla risoluzione dello schermo, quindi l'espressione potrebbe significare "si possono pubblicare solo immagini piccole". Per quanto riguarda i suoni, "bassa risoluzione" può significare una minore frequenza di campionamento. Che senso ha?
Ancora: che vuol dire l'aggettivo "degradate"? Immagini sfocate? Suoni distorti o con un forte rumore di fondo?
 Aspettiamo con curiosità il previsto decreto per capire come sarà risolta la questione.

Ma l'aspetto più preoccupante è che questi usi sono liberi solo a scopi scientifici o didattici, e non (come sarebbe logico) per qualsiasi scopo divulgativo non a fini di lucro, come per le enciclopedie on line.
Il principio, di buon senso, dovrebbe essere che tutto ciò che è disponibile gratis al pubblico dovrebbe poter essere riprodotto gratis, alla sola condizione che la riproduzione non abbia fini di lucro. Invece oggi la tendenza è a vietare tutto e ad assoggettare a balzelli qualsiasi uso di testi, immagini o suoni. Tendenza che contraddice la filosofia del web e le ragioni stesse della sua crescita.

Insomma, se in tutto questo c'è qualcosa di "degradato" è proprio la norma in questione, che riflette l'ormai insostenibile degrado della nostra produzione legislativa.
Per il resto non posso che fare mie le considerazioni espresse sul punto dall'avvocato Guido Scorza nel suo blog.

(M.C.)

 

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