Pagina pubblicata tra il 1995 e il 2013
Le informazioni potrebbero non essere più valide
Documenti e testi normativi non sono aggiornati

 

 Attualità

Il Fisco non rema contro l'innovazione
di Giancarlo Fornari* - 09.03.2000

Caro Manlio, vorrei permettermi qualche osservazione a margine del tuo articolo del 2 marzo con il quale, dovendo criticare una recente risoluzione del Ministero delle finanze sull'editoria elettronica, critichi lo stesso Ministero per le procedure del cosiddetto fisco telematico, lo attacchi per gli aggravi fiscali sugli atti giudiziari e - giacché ci sei - lo rimproveri per la scarsa accessibilità delle sue fonti normative, con ciò cedendo a un riflesso condizionato tipico: quello di scaricare sul fisco, di qualunque cosa si tratti, tutta la carica di aggressività maturata nei rapporti con tale poco amata e amabile istituzione. Trappola in cui cadono anche persone di riconosciuto spirito, come ho personalmente constatato quella volta che ebbi ad invitare ad un seminario sul "fisco in rete" Luciano De Crescenzo, convinto che in quanto informatico, filosofo e umorista avrebbe potuto dare un contributo stimolante al dibattito, e poi ebbi la delusione di vederlo impiegare dieci minuti su undici per lamentarsi di un avviso di pagamento sbagliato ricevuto anni prima.

Nel rallegrarmi, quindi, che tu non abbia approfittato dell'occasione per denunciare anche una cartella pazza avuta nell'84 e un rimborso arretrato del '92, vengo al punto principale, e cioè la risoluzione con la quale il mio Ministero - e, per esso, la Direzione per gli affari giuridici e il contenzioso - ha affermato che "la nozione di pubblicazione è limitata ai prodotti cartacei". Se posso permettermi un giudizio personale, devo dire che anche in me la lettura di questa risoluzione ha destato qualche perplessità. Intanto, perché la scrittura dell'uomo attraverso i millenni ha fatto un lungo cammino da un supporto all'altro - le tavolette di argilla o di cera, la pietra, il bronzo, la tela, il papiro, la pergamena, la cartapecora, la carta, da ultimo i nastri magnetici e i dischi ottici - e si è sempre riconosciuto che la natura del documento non era in alcun modo influenzata dalla natura del supporto che era stato utilizzato per conservarlo.

Nella fattispecie, poi, sostenere "oggi" che il concetto di pubblicazione riguardi solo il documento cartaceo significa negare non solo l'evoluzione tecnologica (siamo alle porte della rivoluzione dell'e-book) ma anche l'importante processo che ha portato negli ultimi anni ad equiparare in modo completo il documento digitale a quello informatico. Sembra strano che proprio nel momento in cui si è arrivati a dematerializzare atti e contratti - liberandoli per sempre dal loro contorno obbligatorio di carta intestata, firme con inchiostro indelebile, timbri e quant'altro - si voglia rimanere prigionieri di un concetto di pubblicazione indissolubilmente ancorato al vecchio supporto. Presumo, avendo parlato con i colleghi della Direzione interessata, che la fattispecie da cui ha avuto origine il quesito (distribuzione ad personam di materiale informativo a carattere finanziario) abbia influenzato l'orientamento della risoluzione. Una cosa è certa, comunque: tutta la materia di quella che potremmo chiamare "la fiscalità digitale" è oggi sotto esame da parte della Commissione europea. Non appena questa avrà emanato una direttiva in proposito l'amministrazione finanziaria si adeguerà cercando di disciplinare in modo il più possibile completo e coerente tutte le implicazioni fiscali dell'utilizzo delle nuove tecnologie. E all'interno di questo quadro sarà probabilmente oggetto di riesame anche il contenuto della risoluzione che ha sollevato le tue critiche.

2. Molto meno d'accordo con te mi devo dichiarare per quanto riguarda il giudizio sulle procedure del cosiddetto fisco digitale. Si tratta di una operazione gigantesca che pur con alcuni ovvi limiti ha consentito di ricevere e distribuire quasi in tempo reale agli enti destinatari (erario, enti previdenziali, regioni) circa 600.000 miliardi, e di far pervenire all'anagrafe tributaria i dati relativi a 27 milioni di dichiarazioni, trasmesse da 90.000 intermediari abilitati; con ciò realizzando l'obiettivo "zero carta" che amministrazioni come quella statunitense, per molti versi più avanti della nostra, contano di raggiungere solo fra cinque anni.

La condizione per arrivare a questo risultato è stata la definizione di precise specifiche per la trasmissione, la creazione di una rete privata virtuale aperta a 90.000 soggetti abilitati e la distribuzione di una firma digitale che garantisce la riservatezza delle transazioni: secondo una procedura parzialmente diversa da quella canonica disciplinata dall'AIPA ma altrettanto sicura (nonché espressamente autorizzata, come tu sai meglio di me, dall'art. 62, comma 3, del D.P.C.M. 8 febbraio '99, in base al quale "restano salve le disposizioni contenute nel decreto del Ministero delle finanze 31 luglio 1998 .concernente le modalità tecniche di trasmissione telematica delle dichiarazioni, e successive modificazioni ed integrazioni").

Non capisco pertanto come tu possa disconoscere l'importanza quasi storica di una operazione come quella del fisco telematico (e che a partire da quest'anno prevederà anche la possibilità di compilazione on line della dichiarazione da parte del comune contribuente e il suo inoltro diretto via Internet) affermando che l'amministrazione finanziaria "rema contro" la firma digitale. Siamo forse la prima amministrazione al mondo che applica su scala di massa i principi della firma digitale, e tu ci dici che remiamo contro? E' chiaro che la tua critica deriva dal fatto che tu per firma digitale intendi solo quella complicata e complessa procedura codificata dall'AIPA, punto e basta. Ma sappiamo tutti che che di sistemi di firme digitali ce ne saranno diecine, o forse centinaia, tutti più o meno agili, tutti più o meno provvisti di analoghe caratteristiche di sicurezza/insicurezza, e quello scelto dall'Aipa non è che uno fra i tanti. Se noi avessimo dovuto attendere prima l'emanazione delle regole tecniche da parte dell'AIPA e poi tutto lo sviluppo delle conseguenti operazioni tra cui l'entrata in funzione delle autorità di certificazione, la consegna delle smart card, la distribuzione dei certificati e la pubblicazione delle chiavi pubbliche staremmo ancora a domandarci quando possiamo cominciare. Il progresso tecnico incommensurabile che abbiamo realizzato - una intera annualità di dichiarazioni "zero paper" - sarebbe stato bloccato.

Tra l'altro, non bisogna dimenticare che la recente direttiva dell'Unione europea si rivela molto più aperta e flessibile della nostra normativa: mentre quest'ultima prevede l'adozione tassativa della crittografia a chiavi asimmetriche, la Direttiva adotta un sistema tecnologicamente neutro; e anche laddove prevede l'adozione di una c.d. firma elettronica sicura o "avanzata" (equivalente, in pratica, a quella disciplinata dalle nostre norme) non vincola tale strumento all'adozione della tecnologia a chiavi asimmetriche. Inoltre, viene formalmente escluso che la firma elettronica possa essere considerata inammissibile come prova in un giudizio unicamente a causa del fatto che "non sia creata da un dispositivo per la creazione di una firma sicura". Altre discordanze emergono in materia di certificazione, in quanto la normativa italiana (che subordina la possibilità di esercizio di tale funzione all'iscrizione nell'apposito registro dell'AIPA) appare anche qui più prescrittiva di quanto non lo sia la Direttiva dell'Unione europea, che esclude qualunque necessità di autorizzazione preventiva.

Stando così le cose è da presumere che il legislatore italiano non potrà che prendere atto delle indicazioni provenienti da una fonte normativa superiore e adeguare in tal senso la normativa attuale. Con il che il problema da te sollevato sarà automaticamente risolto. Ma se badiamo alla sostanza, e non facciamo i guardiani delle forme giuridiche telematiche, dobbiamo convenire che la grande quantità di soggetti e di dati coinvolti dal fisco telematico (pensiamo alla necessità di attivare le procedure della firma digitale per 20 milioni di contribuenti) richiede procedure di validazione dell'identità rapide da attivare, poco costose, poco macchinose.

3. Un'ultima osservazione riguarda il giudizio, a mio avviso ingeneroso, che hai dato sul sito Internet del ministero. Proprio tu, che sei membro autorevole del Comitato dei Garanti (e non so quante istituzioni abbiano dato vita a un simile organismo) dovresti sapere che se c'è una preoccupazione costante in chi ha il compito della gestione del sito, è quella di far sì che questo possa essere uno strumento per aumentare al massimo la trasparenza della amministrazione. E il problema delle norme in rete è uno di quelli che ci siamo posti sin dall'inizio (anche a partire da quel convegno di cui parlavo prima). Oggi nell'archivio del sito ci sono le circolari e le risoluzioni (non so come tu abbia potuto trovare solo una parte della circolare 328, io ho provato a cercarla il giorno dopo e l'ho potuta stampare tutta) ma ci sarebbero anche i decreti e le altre fonti normative se la Sogei non avesse trovato degli ostacoli nel rispettare i tempi previsti per questi inserimenti. Quando, mi auguro tra pochi mesi, questo lavoro sarà compiuto, tutto il vasto materiale giuridico informativo contenuto nella banca dati proprietaria oggi a disposizione degli operatori dell'amministrazione finanziaria sarà gratuitamente reso disponibile per tutti i navigatori del Web.

* Direttore dell'Ufficio per l'informazione del contribuente del Ministero delle finanze

Ringrazio Giancarlo Fornari per la tempestiva replica, che - al di là dei rapporti personali - testimonia l'attenzione del Ministero per la "voce della Rete". Altre amministrazioni oppongono un odioso muro di gomma, mentre le Finanze non si sottraggono al dialogo e cercano di migliorare i rapporti col pubblico, come prova il "Comitato dei garanti" del sito del fisco.
Mi sembra che sul primo punto, relativo alla definizione dell'editoria come esclusivamente cartacea, siamo d'accordo.
Per quanto riguarda la trasmissione telematica degli atti e l'eliminazione della carta, nell'articolo ho usato l'avverbio "meritoriamente" e lo scritto di Fornari illustra con comprensibile e giustificato orgoglio i risultati dell'innovazione.

Resta la questione della firma digitale. Il problema ha due facce: la prima è di ordine generale, perché ora che il documento informatico "valido e rilevante a tutti gli effetti di legge" è una realtà da sostenere e promuovere, non giova mantenere in vita vecchie soluzioni che si affiancano a quelle che dovrebbero diventare di uso universale.
Il secondo aspetto è strettamente giuridico e riguarda l'intricata sovrapposizione delle norme italiane, alle quali si aggiungono le confuse disposizioni comunitarie. Un problema che affronteremo presto su queste pagine. (Manlio Cammarata)