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 Tutela dei dati personali - Legge 675/96

Trusted computing e sudditanza europea
di Roberto Manno - 23.10.03

Sul numero di InterLex della scorsa settimana si solleva la questione della legittimità dei sistemi di spyware, Trusted Computing e simili sotto il profilo della riservatezza e in generale dell'uso consapevole dei computer. Vorrei aggiungere qualcosa.

Prima di tutto vorrei ricordare come anche in Italia la sentenza della Corte di cassazione -  Sezione V penale  - sentenza n.4741/2000 del 17 novembre 2000  abbia definitivamente chiarito come l’art. 615 ter comma 1 del c.p. punisce non solo chi si introduce abusivamente in un sistema informatico o telematico, ma anche chi vi si mantiene contro la volontà esplicita o tacita di chi ha il diritto di escluderlo.
Inoltre, a livello comunitario, si assiste in questi giorni ad un acceso confronto tra Europa e USA in materia di tutela della riservatezza dei passeggeri dei voli transatlantici. Il Commissario europeo Fritz Bolkestein, il nostro Garante per la protezione dei dati personali Rodotà, e la stessa Commissione si sono attivamente impegnati per evitare che la decisione unilaterale degli USA esponga i cittadini UE a trattamenti dei dati personali secondo leggi, come quella statunitense, che appaiono "non adeguate".

Orbene, sorprende come una delicatissima questione quale la tecnologia Trusted Computing non susciti uguali, se non più decise, reazioni da parte degli organismi comunitari. Questo alimenta l'impressione che l'importanza nella vita democratica delle ICT sia sottovalutata o, nella peggiore delle ipotesi, avvertita come una materia di esclusivo interesse di qualche gruppo di nerd informatici.
Come sappiamo, e come del resto sanno i commissari europei che si sono occupati ad esempio della privacy policy di Microsoft Passport, così non è. Certo: una cosa è la politica commerciale di un'azienda, un'altra è una decisione di un Governo extracomunitario.

Tuttavia, senza voler tirare in ballo questioni di monopolio, se le principali aziende produttrici di hardware escogitano una tecnologia in grado di condizionare ogni uso delle tecnologie informatiche, si viene a determinare una situazione estremamente delicata per la vita democratica sociale, ed economica di ognuno di noi.
Queste aziende hanno già dimostrato di cosa sono capaci quando hanno piegato la disciplina globale del diritto d'autore alle loro esigenze (vedi il problema della copia privata e anche il percorso di recepimento della direttiva 29/2001/CE http://www.fipr.org/copyright/guide/).   Se quindi è la necessità di proteggere i diritti dei cittadini ad allarmare l'UE a proposito delle pratiche di controllo delle frontiere decise dal governo USA, a maggior ragione dovrebbero attivarsi tutti coloro che, a livello istituzionale, hanno a cuore tali valori.

Non avrebbe senso bloccare la brevettabilità del software e ancor meno accontentarsi di richiedere il solito preventivo consenso informato prima di "erogare" servizi altamente invasivi, che spesso lasciano l'utente di fronte a draconiani aut-aut. La tecnologia Trusted Computing, infatti, agisce con la freddezza della matematica binaria. Deve essere oggetto di un dibattito civile allargato, dal quale, al di là di precostituite posizioni ideologiche, possano scaturire azioni concrete a livello nazionale e comunitario, in nome di tutti noi, cittadini dell'Unione Europea che rifiutano ogni tipo di sudditanza.

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