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 Tutela dei dati personali - Legge 675/96

Il mercato globale tra certezze del Sofista e domande di Socrate
di Marco Maglio* - 12.07.01

Ammetto subito i miei limiti: esamino sempre con sospetto le dichiarazioni profetiche che i guru all'ultima moda formulano corrucciando la fronte mentre descrivono, con granitica fiducia in se stessi e scarsissima considerazione per gli altri, quello che succederà nella società del futuro.
Quando assisto a queste unilaterali dichiarazioni di superiorità mentale, formulate solitamente dal guru di turno in lingua inglese, il mio innato scetticismo cerca conforto ripassando la lezione di uno dei padri della fisica moderna, il premio Nobel Niels Bohr il quale sosteneva, con lucida ironia: "Tutte le previsioni sono difficili, soprattutto quelle che riguardano il futuro".

Tuttavia, in questi ultimi tempi sempre più frequentemente mi capita di essere consultato ed invitato (e qui ho un sospetto tremendo: non avranno mica scambiato per un guru anche me?!) per dire la mia in qualcuno dei tanti convegni dedicati al tema delle prospettive future delle comunicazioni commerciali in Internet. Il titolo classico di questi convegni è "La globalizzazione dei mercati: opportunità e rischi" o qualcosa del genere.
Sarei tentato di declinare gli inviti ma non mi piacciono gli snobismi intellettuali ("Mi si nota di più se non ci sono o se ci sono e mi metto in un angolo?" diceva Nanni Moretti ai suoi esordi) ed accetto la sfida: così sollecitato da questo motivo contingente, sempre più spesso mi trovo nella necessità di lanciarmi anche io in qualche previsione. Per fortuna l'ironia mi salva e fatico sempre a prendermi troppo sul serio.

Comunque per limitare i danni, cerco di definire in termini rigorosi il mio campo di analisi: quindi cerco di immaginare cosa vorrà dire nei prossimi anni coniugare i valori dell'informazione, della trasparenza e della riservatezza nel nuovo mercato delle vendite a distanza con strumenti telematici.
Per fare questo, rivolgo lo sguardo verso un orizzonte ampio e provo ad indicare due aggettivi che descrivano le caratteristiche essenziali del futuro mercato dei prodotti e dei servizi, che con formula convenzionale, viene ormai comunemente definito commercio elettronico.
Banalmente il primo aggettivo che scelgo è "globale", termine che descrive quella che sarà la dimensione spaziale ed ideale del mercato di domani (un luogo non solo fisico ma anche concettuale nel quale non esistono più barriere e vincoli).

Ma con il gusto di un ossimoro, la seconda parola che mi viene in mente, per disegnare gli scenari futuri della comunicazione commerciale, è "individuale" perché ritengo che il commercio del futuro si baserà sempre più sulla personalizzazione dei servizi e dei prodotti. Dicendo questo non vorrei essere frainteso: non credo affatto che, come qualcuno ha sostenuto in passato, "ogni individuo è un mercato", ma sono convinto che ognuno di noi abbia esigenze specifiche che è suo diritto sviluppare per realizzare la sua personalità, come vuole un essenziale principio della nostra Costituzione. In questo scenario anche le comunicazioni che oggi sono definite "di massa" devono potersi modulare per venire incontro agli interessi di ognuno di noi.

Se posso usare una formula sintetica, credo che il mercato dei produttori e dei fornitori di servizi cesserà di essere un sistema di massa per diventare un meccanismo di relazione individuale. Dal produttore globale al consumatore individuale. Si tratta di una rivoluzione copernicana perché il consumatore sarà posto al centro dei messaggi promozionali e sarà essenziale, sempre più, che chi produce conosca il suo "cliente" per rispondere alle sue esigenze e assecondare i suoi gusti. In tutto questo mi sembra di poter cogliere un segno di progresso rispetto alle epoche passate in cui spesso gli imprenditori dovevano indossare gli scomodi panni dei "persuasori occulti" per convincere i clienti a comprare quello di cui non avevano affatto bisogno.

Certo esistono gravi pericoli di "accerchiamento" ai danni del singolo, assediato da messaggi mirati e personalizzati: ma in questo senso proprio l'antico right to privacy potrà costituire un baluardo difensivo assai importante, tanto più se esso cesserà di essere inteso banalmente come il "diritto ad essere lasciati soli" e diventerà il diritto all'autodeterminazione e quindi il presupposto per la libertà individuale.
In questa chiave il direct marketing è destinato inevitabilmente ad assumere un ruolo guida nella definizione delle nuove strategie della comunicazione commerciale e dell'organizzazione dei meccanismi di vendita.
Se questa è la caratteristica del futuro commerciale del mondo, diventa essenziale chiedersi con assoluta sincerità che ruolo possano assumere le leggi che dagli anni settanta si propongono di tutelare quel particolare aspetto della privacy che è la protezione dei dati personali. Promuoveranno questo processo o lo affosseranno?

La risposta non può essere univoca perché diversi sono gli approcci che su questo tema si offrono all'analisi:
Il meccanismo europeo, basato sul cosiddetto opt out, tende a privilegiare la libertà di ognuno di trattare i dati personali altrui fino a quando non venga esercitato il diritto alla riservatezza da parte della persona cui i dati si riferiscono
Il metodo italiano, fondato sul cosiddetto opt in, dimostra di dare grande rilevanza alla riservatezza individuale anche a scapito del diritto alla conoscenza da parte dei consociati: non è possibile trattare i dati personali se non in presenza del consenso dell'interessato.

Utilizzando i metodi di analisi del diritto comparato emerge in modo chiaro che la scelta condivisa dai legislatori di gran parte dei paesi europei (per esempio Regno Unito, Francia, Spagna, Portogallo, Svezia, Olanda, Belgio) fino a non molto tempo fa fosse nel segno di favorire la libertà del trattamento dati, dando all'individuo una sorta di potere di veto per bloccare quelle operazioni che egli ritenga, in astratto o in concreto, lesive della sua riservatezza. In questo quadro normativo il futuro mercato globale potrà agevolmente svilupparsi, permettendo al produttore di entrare in contatto con ogni singolo consumatore.
Al contrario l'Italia, capofila di un orientamento ultimamente recepito con crescente interesse nel resto d'Europa (penso tra gli altri alla Germania, patria europea della protezione dei dati personali) ha fatto prevalere la tutela del singolo a scapito delle libere iniziative commerciali. In questo sistema sarà inevitabile una maggiore difficoltà del sistema imprenditoriale ad affermarsi come interlocutore consapevole delle esigenze dell'individuo. Nulla potrà essere fatto senza il preventivo consenso dell'interessato.

Se questo è il quadro generale, credo che non ci si possa esimere dallo studiare, con serenità ed efficacia gli strumenti che permettano di riequilibrare il meccanismo di tutela della legge n. 675/1996: solo così sarà possibile permettere alla società di svilupparsi nella direzione di progresso che le tecnologie e le culture presenti rendono oggi raggiungibile. Non basta proibire per proteggere. Inibire le attività di trattamento dei dati non elimina i pericoli di abuso ma rende senz'altro più difficile lo sviluppo del dialogo consapevole tra mercato globale e consumatore individuale. Occorre non aver paura del futuro e volgere lo sguardo verso la nuova frontiera del mercato "globale ed individuale". A quel punto sarà inevitabile per il legislatore italiano adottare le soluzioni che altre nazioni europee già da tempo hanno sperimentato con piena soddisfazione di tutti. Credo che solo un approccio integrato ai problemi della riservatezza (fatto di norme equilibrate, autodisciplina e strumenti tecnologici) possa dare slancio alla effettiva protezione dei dati personali in un mercato senza frontiere.

Anche perché, come sempre, dietro le cose così come sono, c'è anche una promessa: c'è l'esigenza di come dovrebbero essere le cose; c'è la potenzialità di un'altra realtà, che preme per venire alla luce.
Osservo un po' annoiato la planetaria discussione sulla "globalizzazione" che ci viene proposta dai media, ingessati tra i movimentismi barricaderi ed i capitalismi postindustriali ormai demodè. Sono meglio le Tute Bianche del popolo di Seattle o i Gessati Sartoriali degli uomini d'affari? E' triste constatare che la cronaca non sa far altro che prporci queste questioni pelose che ci distraggono, tra note di colore e sensazionalismi, rispetto al vero problema che si pone davanti a noi: che razza di futuro vogliamo vivere ed offrire ai nostri figli.

Posso fare una proposta?

Sarebbe bello che qualcuno parlasse di questo: il futuro non è certo solo questione di profitti ma non è nemmeno esclusivamente questione di diritti. La qualità del nostro futuro è, ritengo, un problema di equilibri che devono essere prima ricercati e poi protetti e garantiti a tutti. Allora cosa aspettiamo a chiederci davvero che rapporto dovrà intercorrere in futuro tra il singolo e la collettività ed in che modo individuo e mercato globale potranno interagire, nel rispetto della personalità di ognuno di noi? Quale tra i vari mondi possibili vogliamo far prevalere? Non chiedetemi di rispondere a questi quesiti. Non sono un guru. Io qui non voglio dare risposte ma solo sollecitare una riflessione comune su questi temi.

Quasi senza accorgermi ho rivolto lo sguardo verso la potenzialità delle cose, verso quello che potrebbe essere ed ancora non è: con questa visione davanti agli occhi la mia ricerca di ipotesi profetiche da raccontare ai miei cortesi interlocutori, finalmente si placa. Forse ho trovato qualcosa di utile da raccontare ai convegni presso i quali sono invitato. Perché, sapete che cosa vi dico? Non mi dispiace affatto l'idea di contribuire a far nascere qualcosa che potrebbe esistere ed ancora non c'è, come fa umilmente un'ostetrica, diceva Socrate, maestro di maieutica. Alla faccia di tutti i guru, che (forse ho capito perché mi stanno tanto antipatici) mi sembrano la versione moderna dei Sofisti, oppositori del metodo socratico, che tanto dicono e nulla concludono.. e pretendono anche di avere ragione, senza nessuna ombra di dubbio e senza nessuna motivazione.