Il
trattamento dei dati nel direct marketing
di Gabriele Faggioli* - 16.11.98
La lettera aperta
dellAIDM e lacuto articolo di commento di
Manlio Cammarata sollevano interessanti e effettivi
problemi applicativi di cui soffre la legge 675/96.
Lesclusione del "consenso implicito" al
trattamento, infatti, sicuramente impatta pesantemente
con la normale organizzazione delle aziende affliggendo
il budget e comportando seccanti aumenti di procedure. Ed
è altresì vero che la scelta effettuata dal legislatore
non viene incontro a quello che Manlio Cammarata
definisce il "senso comune" dei cittadini.
Mi permetto tuttavia di
svolgere alcune considerazioni sui principi alla base (e
sulla applicazione) della legge 675/96.
Le regole generali stabilite dagli articoli 10 e 11 della
legge 675/96 costituiscono il fondamento della tutela
dellinteressato nei confronti di chi voglia
trattare per i più disparati motivi dati personali che
lo riguardano. Contrariamente a quanto spesso (a
sproposito) affermato da più parti, la legge sulla
privacy non intende affatto vietare i la possibilità di
utilizzare dati personali, ma al contrario si pone
lobiettivo di regolamentare i flussi di
informazioni rendendoli controllabili non da parte del
Garante (se non in casi eccezionali), ma invece da parte
dellinteressato.
Se questo è vero, la ratio
del consenso informato è un presupposto dal quale non si
può prescindere se si vuole nel tempo migliorare la
sensibilità dei diversi operatori economici (e di chi
sfrutta o subisce le attività di questi) al rispetto
della riservatezza.
Il contenuto degli articoli 10 e 11 della legge 675/96
tuttavia, deve essere valutato alla luce di quanto
stabilito dallarticolo 12, che espressamente e
tassativamente prevede alcune cause di esclusione dal
consenso.
Nei casi previsti dal detto articolo (tra i quali dati
raccolti e detenuti in base ad un obbligo previsto dalla
legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria;
dati necessari per l'esecuzione di obblighi derivanti da
un contratto del quale è parte l'interessato o per
l'acquisizione di informative precontrattuali attivate su
richiesta di quest'ultimo, o per l'adempimento di un
obbligo legale; trattamento di dati provenienti da
pubblici registri, elenchi, atti o documenti conoscibili
da chiunque) il consenso dellinteressato non è
necessario nè in forma scritta nè espressa.
In tali casi non è dunque previsto alcun onere
probatorio in capo al titolare del trattamento
dellavvenuto acquisito consenso
dellinteressato, ed egli può tranquillamente
trattare i dati personali raccolti, seppur nei limiti di
quanto notificato al Garante (qualora necessario) e di
quanto indicato nella informativa resa ai sensi
dellarticolo 10.
Ed è questo il punto.
Nei casi di esclusione dal
consenso previsti dallarticolo 12 non si realizza
un consenso implicito, ma si ha invece una deroga ex lege
ad una regola generale.
Non può certo parlarsi di consenso implicito nel caso di
trattamento effettuato in base a un obbligo stabilito
dalla legge!
La necessità del consenso per svolgere le attività di
informazione commerciale, vendita diretta etc. è quindi
esclusa, rientrandosi in punto nellambito della
detta deroga, stante il richiamo effettuato
dallinciso inserito nella lettera f) del comma 1
dellarticolo 12, che espressamente richiama la
seguente disposizione dellarticolo 13 (Diritti
dellinteressato): "linteressato ha
diritto di opporsi, in tutto o in parte, al trattamento
di dati personali che lo riguardano, previsto a fini di
informazione commerciale o di invio di materiale
pubblicitario o di vendita diretta ovvero per il
compimento di ricerche di mercato o di comunicazione
commerciale interattiva e di essere informato dal
titolare, non oltre il momento in cui i dati sono
comunicati o diffusi, della possibilità di esercitare
gratuitamente tale diritto".
Una interpretazione logica
di tali due disposizioni non può che portare a
concludere che le aziende (e gli altri operatori
economici) possono trattare i dati che hanno a
disposizione per effettuare ogni tipo di attività
pubblicitaria o promozionale (purchè tali attività
siano lecite e corrette e non violino i diritti, le
libertà fondamentali e la dignità delle persone), ma
devono garantire agli interessati la possibilità di
esercitare il diritto di opposizione a questo
trattamento.
Lo stesso discorso, evidentemente, riguarda
ladempimento da parte delle aziende delle proprie
obbligazioni contrattuali. Nessuna azienda ha il dovere
di raccogliere il consenso dei clienti nè espresso nè
tantomeno scritto per svolgere quanto si è impegnata a
compiere nei loro confronti.
In entrambi i detti casi,
tuttavia, rimane sempre in capo allazienda
lonere di informare linteressato riguardo le
finalità che verranno perseguite, e quindi occorrerà
segnalare che i dati serviranno sia per adempiere alle
obbligazioni contrattuali che per effettuare attività di
informazione commerciale o quantaltro.
Il problema del consenso, quindi, nei casi sopraindicati
non appare così rilevante come invece quello
dellinformativa, soprattutto perchè non appare
agevole interpretare i risvolti applicativi del comma 4
dellarticolo 10.
La norma in commento prevede che qualora i dati non siano
raccolti presso linteressato linformativa
può non essere resa se ciò comporta un impiego di mezzi
che il Garante dichiari manifestamente sproporzionati
rispetto al diritto tutelato, ovvero si rivela, a
giudizio del Garante, impossibile, ovvero nel caso in cui
i dati sono trattati in base ad un obbligo previsto dalla
legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria.
Se il terzo caso è del
tutto pacifico, i primi due sono più difficili da
interpretare.
Senza entrare nel merito dellimpossibilità
(concetto praticamente privo di contenuto sostanziale,
posto che lunica impossibilità assoluta si ha nei
casi di dati anonimi) occorre porre lattenzione sul
principio dellesonero in caso di tutela che
comporti un impiego di mezzi che il Garante dichiari
manifestamente sproporzionato.
Questa necessità di ottenere un provvedimento
liberatorio del Garante potrebbe essere ritenuta una
pecca della legge 675/96 per tutti i casi di direct
marketing che si fondino sullestrazione di
nominativi da elenchi pubblici posto che, qualora i
trattamenti di tali dati personali abbiano
lesclusiva finalità di svolgere informazione
commerciale, vendita diretta, etc.., ben poteva il
legislatore prevedere una espressa deroga così come per
il regime del consenso.
Potrebbe allora il Garante emanare in punto una
autorizzazione generale di diversa natura rispetto a
quelle ad oggi conosciute, che sancisca definitivamente
la non necessità del consenso per il trattamento di dati
personali effettuato ai fini di direct marketing inteso
nel senso più ampio del termine e che eventualmente
sgravi altresì dallonere della informativa qualora
ciò non venga considerato lesivo della tutela
dellinteressato (anche in considerazione del fatto
che le informazioni relative al trattamento possono
essere richieste dallinteressato al titolare o al
responsabile in ogni momento).
Un ultima riflessione
riguardo allimpatto della legge 675/96 nel mondo
economico italiano.
A fronte di realtà economiche o sociali più avanzate in
cui già prima del dicembre 1996 era presente un certo
grado di sensibilità sullargomento, vi erano e
permangono tuttavia altre situazioni particolarmente
prive di unetica della gestione dei dati personali.
La legge sulla privacy, senzaltro non esente da
pecche sia sotto il profilo della tecnica legislativa che
sotto il profilo dei contenuti sostanziali, ha avuto ed
ha il merito di aver obbligato anche questi settori a
porsi il problema "gestione-riservatezza" (si
pensi fra tutti al buco nero sanità), ed è pertanto a
mio avviso un atto importante, nel suo piccolo
rivoluzionario, che non necessita di essere stravolto, ma
semmai riorganizzato in relazione ad alcuni aspetti
relativi a specifiche categorie e gruppi economici..
* Studio Legale Tamburrini Savi
& Associati, Milano
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