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Il DPS e l'etica aziendale

(Messaggio firmato) - 28.06.04

 
Buongiorno a tutti.

Ho cominciato da meno di un anno a frequentare il vostro sito, del quale ora come ora non potrei fare a meno per l'arricchimento culturale che traggo e per l'ausilio che ne deriva per il compimento del mio lavoro. Sono un sistemista, e lavoro in una piccola (o medio-piccola) azienda. Anche noi, come tanti, abbiamo il nostro "lavoro in corso" in merito al DPS. Leggo adesso il commento di Giustozzi, e mi sorge spontanea qualche considerazione che vi propongo.

Trovo l'intervento "Minime anche le linee guida" uno sfogo più che legittimo. L'amarezza che sembra pervadere Giustozzi è la stessa che frustra la struttura di cui faccio parte, proprio per quanto riguarda il caso specifico del DPS. 

Poiché l'obiettivo primario delle aziende è la realizzazione di utili, e l'etica aziendale ultimamente si è sempre più focalizzata verso una convergenza dei principi "meno spese, più fatturato", pare inevitabile che per il principio "meno spese" anche tutto ciò che possa mettere in pericolo gli equilibri esistenti, costringendo a riflessioni che sarebbero non solo di natura procedurale ma anche e soprattutto organizzativa (arrivando probabilmente a comportare riorganizzazioni, in conseguenza di inadeguatezze che quasi certamente si trovano in tutte le aziende di queste dimensioni) venga ignorato.

Che si dovrebbe fare, contro queste logiche? E' impensabile ipotizzare di ricondurre tutto sotto l'ombrello del diritto penale; il problema è culturale, di sicuro, ma riguarda l'attenzione che queste problematiche possono ricevere all'interno delle logiche più sopra descritte.

Per quella che è la mia esperienza, spezzo almeno una lancia in favore delle linee guida. Ho a che fare con strutture esterne, per la redazione del DPS. Non ho voluto affrontare personalmente l'analisi dei rischi perché mi sembrava corretto che una valutazione simile spettasse ad una struttura terza, e perciò super partes. Credevo cioé che l'analisi risultante sarebbe stata più obbiettiva di quanto si sarebbe potuto fare con l'assolvimento in toto delle procedure connesse agli adempimenti in scadenza.

Questo mi ha portato a discutere con avvocati e tecnici riguardo un aspetto, che a me pareva chiaro prima ed ancor più chiaro adesso che le "prime riflessioni" e le "linee guida" sono di pubblico dominio: i ragionamenti, le analisi, le valutazioni devono essere riferiti ad aspetti procedurali (i trattamenti); all'esterno ho trovato una diversa "sensibilità": si vuol riferire tutto ad aspetti decisamente più "soft" (archivi e basi dati, cartacei o elettronici che siano), ed anche questo è secondo me un cattivo sintomo, un segnale che ci può fornire l'esatta dimensione degli spazi in cui si vuole confinare la problematica.

Ovviamente, a dispetto del principio esplicitato nelle "linee guida", che pare confermare le mie ipotesi.

Poiché una analisi sugli aspetti soft non mette in discussione le strutture organizzative, devo riportare che (ahimé) la linea pare vincente ed è stata avallata dal management. Ubi major... 

Vi saluto cordialmente.

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